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L'africa romana: Thysdrus

Mosaico che raffigura un fenicottero rosa legato con una stoffa. Questo uccello africano era molto apprezzato dai buongustai per la sua carne delicata. Il reperto è conservato al Museo del Bardo e risale alla fine del II sec. d. C.

Mosaico con un fenicottero rosa legato da una stoffa

 

 

THYSDRUS

 

 

 

Il museo

 

Raccoglie una superba collezione di mosaici pavimentali provenienti da El Jem e dalle zone circostanti. Sotto il peristilio, si notano alcuni frammenti di sculture e iscrizioni di sarcofagi. Tra i mosaici, quello nella galleria di fondo, raffigura due Amorini che affiancano un pavone che fa la ruota. La sala di fondo riunisce i mosaici di maggior vanto del Museo. Dopo un'enorme composizione troviamo il mosaico di Sileno: un medaglione esagonale con al centro Sileno e gli Amorini e negli angoli tralci di vite.

Altri mosaici raffigurano una processione dionisiaca; leoni che divorano un cinghiale e, subito accanto, una tigre che assale due onagri. All'uscita dal museo, dal lato opposto della strada per Sfax e della ferrovia, si trova il primo anfiteatro. Realizzato all'epoca dei Flavi (I secolo d. C.), doveva contenere circa 6000 spettatori; nel II sec. il podio fu rialzato e furono create nuove gradinate, che portarono la capacità dell'edificio a 8000 posti. Dell'insieme restano vestigia imponenti, ma assai degradate, che non sono ancora state completamente scavate.

Il Museo raccoglie superbi pavimenti a mosaico provenienti da el-Jem e dalle zone circostanti; l'edificio stesso che lo ospita è la ricostruzione di una villa romana portata alla luce sul sito dell'antica Thysdrus.

 

Peristilio

Ospita alcuni frammenti di sculture e iscrizioni, nonché piastrelle in terracotta usate un tempo come rivestimento di pareti e soffitti nelle basiliche cristiane; originariamente ricoperte di pittura, recano raffigurazioni a rilievo di leoni, cervi, uccelli ecc. Il pavimento e le pareti sono ornati di mosaici a decorazione quasi sempre geometrica: un mosaico, posto nella galleria di fondo, rappresenta due Amorini che affiancano un pavone che fa la ruota.

 

Sala di sinistra

Busto acefalo d'imperatore e ritratto di un uomo che indossa la toga. Nelle vetrine si trovano frammenti di statue in marmo, statuette in terracotta (Venere, Eros e Psiche), un vaso a forma di cane e altri materiali provenienti da tombe. Oltre a mosaici che nei medaglioni raffigurano animali, nature morte o (in fondo alla sala) le figure allegoriche delle Quattro Stagioni, si noti (a sinistra dell'ingresso) il mosaico rappresentante Orfeo che incanta gli animali (II secolo d. C.): coperto di un berretto frigio, Orfeo occupa il centro della composizione, mentre gli animali sono inseriti nei medaglioni di contorno.

Alla parete di destra, processione dionisiaca, dove il giovane dio, ebbro, è su un carro trainato da due centauri e seguito da un satiro recante un tirso e da una baccante che suona un tamburello. La sala di fondo riunisce i mosaici di maggior vanto del museo. Partendo da sinistra, i leoni che divorano un cinghiale e, subito accanto, la tigre che assale due onagri (sorta di asini selvatici) provengono da una villa (metà II secolo - inizi età severiana) che si trova alle spalle del museo. La processione dionisiaca, di identica provenienza, è particolarmente indicativa dell'atmosfera che caratterizzava la città.

Il tema del tiaso bacchico fu assai in voga a Thysdrus a partire dalla metà del II secolo d. C. e ancor di più sotto la dinastia dei Severi; il primo imperatore di tale dinastia, Settimio Severo (193-211) originario di Leptis Magna in Tripolitania, aveva come protettori Dioniso ed Ercole, il che favori l'adozione del culto dionisiaco tra i membri dell'aristocrazia delle città romane d'Africa. La maggior parte delle scene presenti nei mosaici fa pensare che i giochi che si svolgevano nell'anfiteatro fossero considerati un modo per onorare Dioniso, forse nella sua qualità di domatore di bestie feroci, per assicurarsene la protezione non solo sull'arena ma anche nella vita quotidiana. Al centro del mosaico il dio, nudo, monta un leone e regge un vaso che un satiro sembra voler mantenere nelle mani maldestre del giovane eroe; un secondo satiro, voltato verso Dioniso, lo sostiene.

Due altari, uno dei quali è sormontato da un piccolo obelisco, arricchiscono la composizione, che annovera anche una baccante danzante al ritmo del tamburello, un sileno ebbro steso su un dromedario, una pantera e una donna che ferma la processione. Dopo un'enorme composizione (di fronte alla porta) che rappresenta le nove Muse accompagnate dai tipici attributi (seconda metà III secolo), è il mosaico del Sileno, proveniente anch'esso dai vicini scavi: anche qui è presente il tema dionisiaco, costituito da tralci di vite (simbolo bacchico) che, uscendo da crateri posti agli angoli, circondano il medaglione esagonale posto al centro (Sileno e Amorini). Poco oltre, un altro tiaso bacchico e, subito di fronte, un Dioniso bambino che cavalca una tigre; nel mosaico pavimentale si notino i cinque medaglioni circolari contenenti un pesce sormontato da cinque barre verticali, emblema dell'associazione che si occupava di organizzare i giochi dell'anfiteatro. Anche il grande pavimento con i Geni dell'anno e delle Stagioni riprende un tema assai in voga.

Il Genio dell'anno posto nel medaglione centrale reca una ghirlanda di frutta e spighe, la Primavera è raffigurata con busto di donna e i capelli trattenuti da una ghirlanda; l'Estate ha l'immagine di una donna con spighe di grano nella capigliatura; l'Autunno ha l'aspetto di una donna con l'acconciatura formata da grappoli d'uva, mentre una quarta figura femminile, incappucciata e con rami d'ulivo al di sopra della testa, rappresenta l'Inverno. Sopra la porta che apre sul cortile, un mosaico absidale a decorazione geometrica, con interessanti effetti ottici di sorprendente modernità. Da questa sala una piccola porta sulla sinistra permette di accedere al nuovo museo, composto da tre sale che circondano un peristilio; da qui due porte danno accesso a un portico dal quale si può scendere agli scavi.

 

Sala di destra

Vari mosaici a decorazione geometrica e del tipo cosiddetto «xenia»; da notare soprattutto un'immensa composizione (in due parti), con ai bordi complicati motivi geometrici in cui sono raffigurate belve che attaccano altri animali (tori, onagri ecc.), e un'altra la cui decorazione è divisa in medaglioni circolari (che accolgono una conchiglia) e quadrati (che contengono un uccello o una crocetta). In una vetrina vari oggetti in bronzo, monete, manici di anfore.

 

Gli scavi, che si stendono dietro il museo e dai quali provengono i mosaici più belli in esso esposti, ne ospitano molti altri che, proprio perché visibili in loco, rendono bene l'idea della sontuosità delle ville in cui erano collocati. La casa del Pavone, particolarmente ampia, e la vicina Sollertiana Domus (nome che ci è giunto attraverso un mosaico pavimentale) sono a questo proposito assai rappresentative: nei mosaici scene mitologiche (Zeus sotto le sembianze di un'aquila che rapisce Ganimede, Leda e il cigno, Anfitrite e un mostro marino) si alternano a scene in cui satiri inseguono baccanti. Uscendo dagli scavi direttamente sulla strada, si trova sulla destra un pozzo che alimenta una fontana a tre arcate, in pietra accuratamente tagliata, eretta nel XVIII secolo.