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L'arrivo a Milano di Agostino in un celebre affresco di Benozzo Gozzoli a San Gimignano nella chiesa di S. Agostino
AGOSTINO A MILANO
Agostino giunge a Milano nel 384 , per insegnare nelle Scuole Palatine, oggi Piazza Mercanti. In questa città sede dell'imperatore, incontra il sacerdote Simpliciano, che lo esorta alla conversione. A Milano conosce anche il vescovo Ambrogio di cui ascolta i sermoni. La loro frequentazione lascia in Agostino una traccia profonda che lo condurrà, attraverso i neoplatonici alla conversione. Ambrogio gli impartisce il sacramento del Battesimo nella notte del sabato santo del 387 d.C. nel battistero di San Giovanni alle Fonti presso la Basilica di Santa Tecla, le cui tracce si trovano sotto il Duomo. Con lui è Alipio e il figlio quindicenne Adeodato.
La Basilica di San Marco, nel quartiere di Brera, è un luogo agostiniano cittadino perché ha rappresenta per tutto il tardo medioevo e sino all'età moderna la culla degli agostiniani a Milano. Non distante sorge la Basilica di San Simpliciano, vescovo successore di Ambrogio che accompagnò Agostino nel suo percorso di fede. La Basilica di S. Ambrogio, che custodisce le spoglie del santo vescovo, simbolicamente ricorda il rapporto di Agostino con il vescovo Ambrogio. Poco distante, in via Lanzone, sorge una piccola chiesa dedicata proprio a Sant'Agostino, edificata per ricordarne il battesimo.
Di età romana, le Colonne di San Lorenzo sono uno dei più importanti reperti di epoca imperiale che Milano possiede e evoca spaccato del periodo storico in cui Agostino visse in questi luoghi.
Perciò, quando il prefetto di Roma ricevette da Milano la richiesta per quella città di un maestro di retorica, con l'offerta anche del viaggio con mezzi di trasporto pubblici, proprio io brigai e proprio per il tramite di quegli ubriachi da favole manichee, da cui la partenza mi avrebbe liberato a nostra insaputa, perché, dopo avermi saggiato in una prova di dizione, il prefetto del tempo, Simmaco, m'inviasse a Milano.
Qui incontrai il vescovo Ambrogio, noto a tutto il mondo come uno dei migliori, e tuo devoto servitore. In quel tempo la sua eloquenza dispensava strenuamente al popolo la sostanza del tuo frumento, la letizia del tuo olio e la sobria ebbrezza del tuo vino. A lui ero guidato inconsapevole da te, per essere da lui guidato consapevole a te. Quell'uomo di Dio mi accolse come un padre e gradì il mio pellegrinaggio proprio come un vescovo. Io pure presi subito ad amarlo, dapprima però non certo come maestro di verità, poiché non avevo nessuna speranza di trovarla dentro la tua Chiesa, bensì come persona che mi mostrava benevolenza. Frequentavo assiduamente le sue istruzioni pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo.
La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile: l'uno si sviava nei tranelli manichei, l'altro mostrava la salvezza nel modo più salutare. Ma la salvezza è lontana dai peccatori, quale io ero allora là presente. Eppure mi avvicinavo ad essa sensibilmente e a mia insaputa.
Agostino, Confessioni V, 13, 23
"Prendi e leggi"
Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: "Prendi e leggi, prendi e leggi". Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte. Arginata la piena delle lacrime, mi alzai.
L'unica interpretazione possibile era per me che si trattasse di un comando divino ad aprire il libro e a leggere il primo verso che vi avrei trovato. Avevo sentito dire di Antonio che ricevette un monito dal Vangelo, sopraggiungendo per caso mentre si leggeva: "Va', vendi tutte le cose che hai, dàlle ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi". Egli lo interpretò come un oracolo indirizzato a se stesso e immediatamente si rivolse a te.
Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: "Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo né assecondate la carne nelle sue concupiscenze". Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.
Agostino, Confessioni VIII, 12, 26
Ritorno a Milano e battesimo con Alipio e Adeodato
Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne ...
E fummo battezzati, e si dileguò da noi l'inquietudine della vita passata. In quei giorni non mi saziavo di considerare con mirabile dolcezza i tuoi profondi disegni sulla salute del genere umano. Quante lacrime versate ascoltando gli accenti dei tuoi inni e cantici, che risuonavano dolcemente nella tua chiesa!
Agostino, Confessioni IX, 6, 14