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CICLo AGOSTINIANo di Bernardino Ferrari

Battesimo di Agostino a Milano

Battesimo di Agostino a Milano

 

 

BERNARDINO FERRARI

1508

Vigevano, Cattedrale di sant'Ambrogio cappella di S. Carlo

 

Battesimo di Agostino a Milano

 

 

 

La scena del riquadro del polittico misura cm 115x44, e raffigura l'episodio del battesimo di sant'Agostino per mano del vescovo Ambrogio.

Al centro della scena ci sono due scritture che richiamano l'episodio leggendario del'origine del Te Deum.

Ambrogio pronuncia le parole TE DEUM LAUDAMUS al che risponde Agostino con TE DOMINUS SFITEMUR.

La scena si svolge in un ambiente all'aperto e non in una chiesa. Il panorama che fa da sfondo risente della cultura artistica ancora quattrocentesca dell'autore, con vallate e dirupi e una vegetazione sobria e cristallizzata.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di sant'Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di san Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di san Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.

Era venuta intanto la primavera; al principio della quaresima, Agostino ritornò dunque a Milano, con Alipio e Adeodato, per ottenere l'iscrizione tra i competentes, i catecumeni cioè ritenuti maturi che avrebbero ottenuto il battesimo per la Pasqua successiva. A Milano partecipò con il vescovo Ambrogio a una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino seguì con il figlio Adeodato e l'amico Alipio. E nella notte sul 25 aprile 387, giorno di Pasqua, egli otteneva il lavacro rigeneratore, per mezzo di Ambrogio. Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.

Si tratta di una leggenda tardiva che attribuisce ai due santi, uniti in questa circostanza solenne, la composizione del Te Deum, di cui ciascuno avrebbe cantato, improvvisandola, una strofa.

Non è che una leggenda dell'alto Medioevo, ma molto bella, e piena di significato.

 

Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi.

AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14