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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > AptCICLo AGOSTINIANo di André Joseph-François
Battesimo di sant'Agostino
ANDRE JOSEPH FRANCOIS
1692
Apt, Cappella di santa Caterina
Il battesimo di sant'Agostino
Il dipinto di Joseph-François André illustra il momento del battesimo di Agostino a Milano. Nel 1770 questo con gli altri sette quadri presenti nella Cappella di santa Caterina fu inventariato fra i beni dell'ospedale Saint-Castor, da cui allora dipendeva la cappella. Già allora si trovava nella stessa posizione in cui si trova oggi.
Il quadro è incastonato in una cornice in gesso assai elaborata e ricamata. Segue le sue forme presentando quattro angoli concavi e misura in altezza poco più di 190 cm e in larghezza 120. La scena mostra al centro della raffigurazione il vescovo Ambrogio mentre sta battezzando Agostino. Il santo è inginocchiato con il capo chinato mentre riceve l'acqua battesimale che il vescovo gli versa sulla testa con una ciotola. Davanti a loro un piccolo fanciullo, anch'egli con una veste candida, aspetta il suo turno: è Adeodato il figlio di Agostino.
Una gran folla si accalca attorno al fonte battesimale e partecipa con passione all'evento con vivaci gesti che accompagnano l'azione del vescovo.
La scena si svolge all'interno di un grande edificio sul cui sfondo si notano due notevoli aperture ad arco da cui filtra la luce che illumina l'intera sala. Sopra Agostino ed Ambrogio volteggiano gioiosi due angeli che sembrano ricordare la leggenda medioevale secondo la quale in occasione del battesimo di Agostino, Ambrogio e lo stesso Agostino duettarono fra di loro componendo il Te Deum.
Milano fu la tappa decisiva della conversione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).
A casa di un amico Ponticiano gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di sant'Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di san Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di san Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).
Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti.
"Giunto il momento in cui dovevo dare il mio nome per il battesimo, lasciammo la campagna e facemmo ritorno a Milano. Alipio volle rinascere anch'egli in te con me. Era già rivestito dell'umiltà conveniente ai tuoi sacramenti e dominava così saldamente il proprio corpo, da calpestare il suolo italico ghiacciato a piedi nudi, il che richiede un coraggio non comune. Prendemmo con noi anche il giovane Adeodato, nato dalla mia carne e frutto del mio peccato. Tu l'avevi ben fatto. Era appena quindicenne e superava per intelligenza molti importanti e dotti personaggi." (AGOSTINO, Confessioni 9, 6, 14)
André Joseph-François
Nato ad Apt (Vaucluse) il 10 luglio 1669, era il quinto figlio del pittore Jean André, di cui divenne apprendista verso il 1684, e di Lucrèce Laure, figlia del notaio di Castellane Durand Laure. Intorno al 1690 diventa maestro pittore e si sposa nel 1690 a Castellane (Alpi dell'Alta Provenza) con Honorée Long. in questo periodo si stabilì come pittore in questa città, proprio come suo padre Jean André. In un atto del 1692 è citato come "maestro pittore di Castellane", ma nello stesso anno fu attivo anche ad Apt. L'ultimo suo dipinto conosciuto risale al 1697; sembra che abbia concluso rapidamente la sua carriera di pittore per concentrarsi sulle sue attività commerciali. E' noto che era magazziniere a Castellane nel 1698. Nel 1699, morta la prima moglie, si risposa con Thérèse Mérigon. Dal 1700, alla nascita dei figli, fu chiamato il "mercante". Morì a Castellane nel 1707.