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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > AptCICLo AGOSTINIANo di André Joseph-François
La Conferenza di Cartagine
ANDRE JOSEPH FRANCOIS
1692
Apt, Cappella di santa Caterina
La Conferenza di Cartagine
Il dipinto, tenuto conto della massiccia presenza di vescovi che discutono fra di loro e della presenza di Agostino vescovo come interlocutore privilegiato, rappresenta una scena della Conferenza di Cartagine che si svolse nell'anno 411.
In tale occasione si riunirono 286 vescovi cattolici e 279 vescovi donatisti che trattarono delle questioni dottrinali che contrapponevano le due chiese. I portavoce dei Donatisti erano Petiliano di Costantina, Primiano di Cartagine ed Emerito di Cesarea, gli oratori cattolici Aurelio di Cartagine ed Agostino.
Sorto alla fine della persecuzione di Diocleziano, il donatismo riteneva che la somministrazione dei sacramenti dovesse essere eseguita solo da ministri di provata fede.
Riguardo al battesimo, i donatisti, seguendo l'esempio di Cipriano di Cartagine, sostenevano questo sacramento quando fosse stato somministrato da persone colpevoli di apostasia o eresia non era valido e ritenevano inoltre che i vescovi indegni non potevano ordinare vescovi. Nel IV secolo i donatisti si separarono dalla Chiesa cattolica e avevano un proprio clero e proprie chiese. Da Costantino in poi si tentò di reprimere il fenomeno con misure repressive, che non riuscirono a porre fine allo scisma e ai conflitti che ne seguivano. In nord Africa i donatisti erano più numerosi dei cattolici, tanto che nel 394 in un sinodo tenuto a Bafai in Numidia erano presenti ben 310 vescovi donatisti.
L'atteggiamento imperiale cambiò nel 398 quando i donatisti sostennero il ribelle berbero Gildone, che fu poi sconfitto da Stilicone. Le autorità imperiali reagirono con una dura politica repressiva. Nel 406 l'imperatore Onorio, con l'Editto di Unione, assimilò i donatisti agli eretici e ordinò ai suoi funzionari di eliminare completamente la Chiesa donatista. Sul finire del 410 la Chiesa cattolica, che non aveva perso la speranza di ricomporre i dissidi con i donatisti, ottenne dall'imperatore la facoltà di organizzare una conferenza con tutto l'episcopato nordafricano. Il senatore Marcellino fu incaricato dei preparativi e lo stesso Marcellino doveva esserne arbitro e giudice. Marcellino invitò alla conferenza tutti i vescovi africani: alla conferenza parteciparono 285 vescovi donatisti e 286 vescovi cattolici. Tutte delle grandi città africane, tranne Leptis Magna, erano rappresentata da due vescovi. Le piccole città dell'Africa Proconsolare erano a maggioranza cattoliche mentre quelle della Numidia e della Bizacena erano donatiste. Un ruolo fondamentale nel dibattito fu svolto da Agostino, che si trattò il rapporto ministro-sacramenti, affermando che chi ribattezza "pone la propria speranza in un uomo" e non in Cristo, vero auctor sacramenti. Alla questione storica in discussione, il vescovo di Ippona provò l'innocenza di Ceciliano e del suo consacratore Felice, sostenendo, nel dibattito dogmatico, la tesi cattolica che la Chiesa, finché esiste sulla terra, può, senza perdere la sua santità, tollerare i peccatori al suo interno nell'interesse della loro conversione.
Marcellino emanò il verdetto secondo cui i donatisti erano stati confutati. Questa decisione fu confermata da Onorio con editto del 30 gennaio 412.
Nel dipinto di André, Agostino, con il suo piviale rosso, spicca nella gran massa di vescovi che sono riuniti in discussione delle rispettive tesi. Egli è ritto in piedi con le braccia aperte mentre sta proponendo le sue ragioni a difesa della fede cattolica. La maggior parte dei vescovi sta confabulando, apre i testi sacri, presta attenzione con lo sguardo alle parole di Agostino.
Essi stessi per primi, inoltre, fecero quel che adesso rimproverano a noi per trarre in inganno i sempliciotti, dicendo che i cristiani non debbono chiedere alcun appoggio agli Imperatori cristiani contro i nemici di Cristo. Questo fatto i donatisti non hanno osato negarlo neppure nella conferenza che tenemmo insieme a Cartagine. Non solo, ma hanno perfino osato vantarsi che i loro predecessori intentarono un processo criminale contro Ceciliano, e per giunta hanno sparso la menzogna d'aver fatto condannare Ceciliano ... In qual modo poi nella stessa conferenza, essi fossero battuti su tutta la linea, lo affermano i verbali relativi.
AGOSTINO, Lettera 185, 2, 6 a Bonifacio de correctione Donatistarum
André Joseph-François
Nato ad Apt (Vaucluse) il 10 luglio 1669, era il quinto figlio del pittore Jean André, di cui divenne apprendista verso il 1684, e di Lucrèce Laure, figlia del notaio di Castellane Durand Laure. Intorno al 1690 diventa maestro pittore e si sposa nel 1690 a Castellane (Alpi dell'Alta Provenza) con Honorée Long. in questo periodo si stabilì come pittore in questa città, proprio come suo padre Jean André. In un atto del 1692 è citato come "maestro pittore di Castellane", ma nello stesso anno fu attivo anche ad Apt. L'ultimo suo dipinto conosciuto risale al 1697; sembra che abbia concluso rapidamente la sua carriera di pittore per concentrarsi sulle sue attività commerciali. E' noto che era magazziniere a Castellane nel 1698. Nel 1699, morta la prima moglie, si risposa con Thérèse Mérigon. Dal 1700, alla nascita dei figli, fu chiamato il "mercante". Morì a Castellane nel 1707.