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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > MurilloCICLo AGOSTINIANo di Bartolomè Esteban Murillo a Siviglia
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
BARTOLOME' ESTEBAN MURILLO
1678
Le Tavole di Murillo per il convento di San Leandro a Siviglia
A Minneapolis, Walker Arte Center
Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino
Questa tela, commissionata dagli agostiniani, copia una delle stampe di Bolswert dove il paesaggio riusciva a trasmettere una nota di romanticismo. C'è in questa occasione una trasposizione in altezza e un sentimento più ecclesiale. Come nelle altre tavole di Murillo i personaggi hanno il ruolo principale nella architettura del quadro. Murillo ha aggiunto il bastone pastorale e la mitra così come le parole di Gesù, scritte finemente in minuscolo: Magne Pater Augustine: tibi commendo ecclesiam meam. E' una formula ricalcata sulle parole rivolte a Pietro. Questa Chiesa è simbolicamente rappresentata fra le nuvole in alto a sinistra. Il romitaggio di Agostino è solo accennato e si intravedono alcuni monaci in mezzo al verde.
Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.
Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."
N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.
Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perchè abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perchè Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.
Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.
Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.
Il racconto evangelico di Gv 13 mostra l'intenzionalità con cui Gesù vive l'ultimo periodo della sua vita: "Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo li amò sino alla fine" Gesù ha già amato i suoi lungo tutta la narrazione fatta dal quarto evangelista nel libro dei segni. Ora questo amore giunge al suo culmine, fino alla massima espressione oltre il quale non si può andare: "li amò sino alla fine".
Il fatto visibile che viene raccontato è la cosiddetta "lavanda dei piedi", un gesto che Gesù compie nel contesto della cena pasquale. Si toglie il mantello, si riveste di un grembiule speciale e lava i piedi ai suoi discepoli. Poi riprende le vesti e spiega ai discepoli il significato di questo gesto. E' un significato esortativo: "Se io, Maestro e Signore, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato, infatti l'esempio, perché come ho fatto io facciate anche voi". Questo gesto non è limitato al solo fatto fisico, anche se in effetti si praticava l'ospitalità nei confronti delle persone. Le strade erano impolverate e quando si entrava in una casa c'era sempre un catino per lavarsi i piedi. Il padrone di casa incoraggiava i servi a compiere quest'omaggio agli ospiti.