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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Giovenone GerolamoPITTORI: Giovenone Gerolamo
Sant'Agostino insegna agli eremiti
GEROLAMO GIOVENONE
1510-1555
Digione, Musée des Beaux-Arts
Sant'Agostino insegna agli eremiti
L'opera è conservata nel Museo di Belle Arti a Digione dove è pervenuto grazie a un lascito Dard nel 1916. e rappresenta la consegna della Regola ai monaci agostiniani. La scena è dipinta sul retro di un altro episodio che presenta san Girolamo nello studio. Fra le altre attribuzioni dell'opera è stato proposto come autore Ferrari Defendente. La tavola venne realizzata fra il 1510 e il 1555. La scena si svolge all'interno di un locale che ricorda una biblioteca. Alle pareti sono appoggiate delle mensole dove sono deposti alcuni libri. Il santo è seduto nel suo studio, dove sullo sfondo, su alcuni scaffali, sono riposti in ordine alcune sue famose opere.
Il santo è stato raffigurato vegliardo, con una lunga e folta barba bianca, seduto al suo scrittoio in atto di consegnare ai suoi monaci la regola da seguire: sulla pagina aperta si legge l'esortazione che i frati siano un cuor solo e un'anima sola.
Il santo indossa la tipica cocolla dei frati agostiniani, esattamente come le altre persone che compaiono sulla scena. L'unico elemento che ricorda la sua dignità episcopale è la mitra che è stata deposta su un tavolino in primo piano nella scena.
Ogni particolare è stato ben curato dall'autore con una ricerca accurata, quasi fosse una rappresentazione miniaturistica. La scena si svolge in uno studiolo angusto ma ricco di elementi decorativi. Sulla destra si nota lo scrittoio del santo con una calamaio in cui è ancora intinta una penna: di fianco c'è la forma imponente di un leggio. Poco sopra, in una cavità del muro fa bella mostra di sè un bianco teschio. Tre frati con la testa rasata sono molto attenti ai gesti del santo e sono in atteggiamento di ascolto delle parole che sta pronunciando.
L'episodio della consegna della regola ai frati agostiniani è un elemento diffuso nella iconografia agostiniana già a partire dai codici miniati del XIII secolo e fa seguito alla istituzione dell'Ordine agostiniano nel 1256. La consegna ha un valore altamente simbolico in quanto vuole esprimere la diretta dipendenza degli agostiniani da Agostino. L'Ordine agostiniano sarebbe, secondo questa concezione, il naturale prolungamento dell'esperienza monastica inaugurata da Agostino in Africa.
Alcuni studiosi concordano nell'attribuire a S. Agostino solo la Regula ad servos Dei; in epoca successiva questa Regula fu adattata al femminile e unita alla Lettera 211 che già conteneva indicazioni per le monache di Ippona. La Consensoria monachorum, invece, è stata attribuita ad un anonimo autore dell'ultimo periodo della letteratura visigotica in Galizia e scritta tra il 650 e il 711.
L'Ordo monasterii pur restando nella tradizione della vita agostiniana un documento di riferimento venerando, non è stato più attribuito ad Agostino già dalla critica rinascimentale.
Sulla data di stesura della Regula ad servos Dei ci sono diverse opinioni: una prima teoria indica come data probabile il 391, più o meno in coincidenza con la fondazione del primo monastero d'Ippona, il monastero dei laici; una seconda teoria indica il 400 in coincidenza con il De opere monachorum; una terza sposta la data addirittura fino al 427-428, dopo il De correptione et gratia, in coincidenza con la controversia sulla grazia sorta nel monastero di Adrumeto. La maggioranza degli studiosi, però, pensa sia stata scritta intorno al 400.
L'episodio della consegna della regola ai frati agostiniani è un elemento diffuso nella iconografia agostiniana già a partire dai codici miniati del XIII secolo e fa seguito alla istituzione dell'Ordine agostiniano nel 1256. La consegna ha un valore altamente simbolico in quanto vuole esprimere la diretta dipendenza degli agostiniani da Agostino. L'Ordine agostiniano sarebbe, secondo questa concezione, il naturale prolungamento dell'esperienza monastica inaugurata da Agostino in Africa.
Alcuni studiosi concordano nell'attribuire a S. Agostino solo la Regula ad servos Dei; in epoca successiva questa Regula fu adattata al femminile e unita alla Lettera 211 che già conteneva indicazioni per le monache di Ippona. La Consensoria monachorum, invece, è stata attribuita ad un anonimo autore dell'ultimo periodo della letteratura visigotica in Galizia e scritta tra il 650 e il 711.
L'Ordo monasterii pur restando nella tradizione della vita agostiniana un documento di riferimento venerando, non è stato più attribuito ad Agostino già dalla critica rinascimentale.
Sulla data di stesura della Regula ad servos Dei ci sono diverse opinioni: una prima teoria indica come data probabile il 391, più o meno in coincidenza con la fondazione del primo monastero d'Ippona, il monastero dei laici; una seconda teoria indica il 400 in coincidenza con il De opere monachorum; una terza sposta la data addirittura fino al 427-428, dopo il De correptione et gratia, in coincidenza con la controversia sulla grazia sorta nel monastero di Adrumeto. La maggioranza degli studiosi, però, pensa sia stata scritta intorno al 400.
11. 1. Progredendo intanto l'insegnamento divino, coloro che nel monastero servivano a Dio sotto la guida del santo Agostino e insieme con lui, cominciarono ad essere ordinati preti della chiesa di Ippona.
11. 2. Così di giorno in giorno s'imponeva e diventava più evidente la verità della predicazione della chiesa cattolica, e così anche il modo di vita dei santi servi di Dio, la loro continenza e assoluta povertà: perciò dal monastero che quel grande uomo aveva fondato e fatto prosperare con gran desiderio (varie comunità) cominciarono a chiedere e ricevere vescovi e chierici, sì che allora prima ebbe inizio e poi si affermò la pace e l'unità della chiesa.
11. 3. In fatti circa dieci uomini santi e venerabili, continenti e dotti, che io stesso ho conosciuto, il beato Agostino, richiesto, dette a diverse chiese, alcune anche molto importanti.
11. 4. D'altra parte costoro, che dal loro santo modo di vita venivano a chiese di Dio diffuse in vari luoghi, si dettero ad istituire monasteri, e poiché cresceva lo zelo per l'edificazione della parola di Dio, preparavano a ricevere il sacerdozio fratelli, che furono messi a capo di altre chiese.
11. 5. Pertanto progrediva per mezzo di molti e in molti la dottrina di fede salutare, di speranza e di carità insegnata nella chiesa, non solo in tutte le parti d'Africa ma anche nelle regioni d'oltremare: infatti con la pubblicazione di libri, tradotti anche in greco, grazie a quel solo uomo, con l'aiuto di Dio, tutto il complesso della dottrina cristiana venne a conoscenza di molti.
11. 6. Allora - com'è scritto - il peccatore a veder questo s'adirava, digrignava i denti e si struggeva (Sal. 111, 10); invece i tuoi servi - secondo quanto sta scritto - erano in pace con quelli che odiavano la pace e quando parlavano erano combattuti da quelli senza motivo (Sal. 119, 7).
POSSIDIO, Gesta Augustini 11, 1-6
Girolamo Giovenone
Nacque verso il 1490 da una famiglia di intarsiatori e costruttori di cornici di grandi polittici. Cresciuto nella bottega di Giovanni Martino Spanzotti, seguì le orme di Defendente Ferrari, anch'egli allievo dello Spanzotti. Al suo primo periodo artistico risale la Madonna con Bambino e Santi ora nella collezione Johnson a Filadelfia. Ttra le prime opere (1514) va ricordata anche la Pala Buronzo alla Sabauda di Torino, l'Adorazione dei Magi dell'Arcivescovado di Vercelli e il Trittico Raspa di Trino Vercellese.nGiovenone modificò il suo stile più tardi, seguendo lo stile di Gaudenzio Ferrari, quando questi divenne il nuovo punto di riferimento della pittura tra Piemonte occidentale e milanese. Nelle sue espressioni figurative mantenne sempre un linguaggio misurato ed espressivo, che incontrò il favore della committenza. Giovenone tenne una fiorente bottega a Vercelli. Verso la fine della sua carriera si avvicinò allo stile del genero Bernardino Lanino, stimato allievo di Gaudenzio Ferrari. Tra le sue opere si annoverano la Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano all'Accademia Carrara di Bergamo, la Madonna col Bambino di Brera e il Compianto sul Cristo Morto al Museo del Territorio Biellese. Secondo il costume delle botteghe dell'epoca, la sua famiglia fu ricca di artisti: oltre a Gerolamo vi lavorò il fratello Giuseppe, suo figlio, pur esso di nome Giuseppe (1524-1589), e il nipote Giovanni Battista (1525-1573).