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Percorso : HOME > Iconografia > Pittori > Elenco > Cinquecento: Giovenone GirolamoPITTORI: Giovenone Girolamo
Agostino vescovo e Dottore
GIOVENONE GIROLAMO
1510-1555
Vercelli, chiesa di S. Giuliano
Sant'Agostino vescovo e Dottore
L'affresco di Giovenone raffigura sant'Agostino vescovo e Dottore della Chiesa. Il dipinto si trova a Vercelli, nella chiesa di S. Giuliano. Il santo vescovo di Ippona trova qui una raffigurazione iconografica di tipo classico: è vestito da vescovo, con la mitra in testa, una foltissima barba che gli scende fino al petto.
Con la mano destra tiene un libro aperto, mentre con la sinistra regge il bastone pastorale. Lo sguardo è rivolto verso l'alto, come a cercare e indicare la presenza di qualcuno verso cui volgere l'attenzione.
La chiesa di san Giuliano è una delle chiese più antiche di Vercelli. Rimaneggiata nel XIX secolo, si ritiene che sia stata edificata nel XII secolo. E' famosa per una leggenda che assicura che S. Eusebio, patrono della città, riusciva proprio da questa chiesa a raggiungere le altre chiese grazie a una fitta rete di collegamenti sotterranei.
Agostino viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.
Il primo a parlare di Agostino come Dottore della Chiesa fu Beda il Venerabile che lo elencò assieme ai santi Gerolamo, Ambrogio e Gregorio papa in un suo scritto dell'VIII secolo. Questo elenco fu approvato il 24 settembre 1294 con lettera di conferma liturgica di papa Bonifacio VIII stilata ad Anagni.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6
Gerolamo Giovenone
Nacque verso il 1490 da una famiglia di artisti che lavoravano il legno, intarsiatori e costruttori di cornici di grandi polittici. Formatosi in età giovanile nella bottega di Giovanni Martino Spanzotti, seguì, ai propri esordi pittorici, le orme dell'altro allievo e collaboratore dello Spanzotti e cioè Defendente Ferrari. Relativa a questi anni troviamo la Madonna con Bambino e Santi ora nella collezione Johnson a Filadelfia, in cui appare con evidenza l'influsso artistico dei primi maestri. Sempre tra le prime opere (1514) è la Pala Buronzo oggi alla Sabauda di Torino, con le due deliziose figure dei figli della donatrice, l'Adorazione dei Magi dell'Arcivescovado di Vercelli, il Trittico Raspa di Trino Vercellese.
Giovenone cercò di innovare il suo stile ponendosi, più tardi, sulle orme di Gaudenzio Ferrari, quando il pittore valsesiano diventò il nuovo punto di riferimento obbligato della pittura tra Piemonte occidentale e Milano. Mantenne sempre, nei suoi modi figurativi, un linguaggio misurato ed espressivo, anche se privo di grandi invenzioni. Un linguaggio che incontrò il favore della committenza che gli permise di tenere una fiorente bottega a Vercelli. Verso la fine della sua carriera artistica si nota una confluenza di stile con il proprio genero Bernardino Lanino, stimato allievo di Gaudenzio Ferrari. Ricordiamo tra le sue opere la Madonna col Bambino tra i santi Rocco e Sebastiano all'Accademia Carrara di Bergamo, la Madonna col Bambino di Brera, e il Compianto sul Cristo Morto al Museo del Territorio Biellese. Quella di Giovenone fu, secondo il costume delle botteghe dell'epoca, una famiglia di artisti. Gerolamo non va confuso col fratello Giuseppe, e neppure va confuso con il figlio, pur esso di nome Giuseppe (1524-1589 ca.), né con il nipote Giovanni Battista (1525-1573).