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Schio: aspetti e luoghi del complesso monastico
MONASTERO DI SCHIO
Le vicende liete e tristi del Monastero
di Mons. Luciano Dalle Molle
Scorrendo il fascicolo pubblicato da mons. Ottavio Ronconi in occasione del cinquantenario della consacrazione della chiesa di Sant'Antonio abate e di cui abbiamo parlato nell'ultimo numero del "Bollettino", si trovano molte notizie su vicende liete e tristi, che il nostro monastero agostiniano ha attraversato durante i suoi cinque secoli di vita. Altre notizie sullo stesso argomento sono riportate da altri autori: primo fra tutti da mons. Giovanni Mantese storico della Chiesa vicentina, insegnante nel nostro Seminario diocesano e all'Università di Padova. E' autore, oltre che della poderosa opera in 10 volumi: Memorie storiche della Chiesa vicentina; anche di una Storia di Schio, un volume di oltre 700 pagine pubblicato nel 1953 e ristampato nel 1969. In occasione poi dei 500 anni della presenza delle Monache Agostiniane a Schio Padre Stefano Sala O.S.A. ha pubblicato un volumetto dal titolo: Le monache agostiniane a Schio. Spulciando qua e là si trovano notizie interessanti, a volte anche curiose. Il monastero fondato, come sappiamo, nel 1492, ebbe fin dal principio una vita fiorente. A poco più di quarant'anni dall'inizio era in grado di fondare altri monasteri. Nel 1539 Madre Domitilla Manfron, figlia del celebre Giampaolo Manfron e sorella di Giulio "famosi condottieri di gente d'arme", con altre tre monache, diede vita in un sol anno a Vicenza ai conventi agostiniani del Corpus Domini e di S. Maria Nova. Lo ricordano anche gli storici Barbarano e Maccà. Fino alla fine del secolo XVIII numerose erano nel monastero le Religiose d'origine scledense e non raramente delle principali famiglie della città. Ricorrono nelle cronache i nomi Canneti, Baretta, Pandolfi, Nicoletti, Cazzola, ecc.
All'ingresso in monastero l'aspirante portava una dote, che non poteva essere inferiore ai 400 ducati. Si deve anche alla presenza di tante scledensi di buona dote e al concorso delle loro famiglie se il monastero poté affrontare spese ingenti per il restauro della chiesa e del monastero. Fu intorno al 1670, difficile stabilire l'anno preciso, che un gravissimo incendio minacciò di distruggere l'intero edificio: ne fa fede un dipinto conservato nel monastero: da esso si ricava pure che a quel tempo l'abito delle Agostiniane era bianco con lo scapolare nero.
Anni molto tristi per la vita delle monache furono quelli che andarono dalla fine del 1700 alla metà del 1800. La bufera napoleonica si abbatté anche sui conventi e comunità religiose della città di Schio. Parve in un primo momento che il nostro monastero potesse essere risparmiato. Quando nel 1806 il convento agostiniano di S. Gottardo di Marostica fu soppresso le venti religiose che lo abitavano furono accolte dalle consorelle di Schio. Ma quattro anni dopo, nel 1810, stessa sorte toccò al nostro cenobio. Trentasei monache furono "messe in strada" e dovettero disperdersi. La maggior parte di loro furono accolte in casa di parenti, alcune in qualche locale preso in affitto. Lo stabile fu messo all'asta e acquistato da privati. In quell'occasione furono costrette, tra le altre, a svestire l'abito religioso Suor Gerolima Pisani, di 92 anni, religiosa da 69 e Suor Francesca Polissena Nicoli, di 81 anni, 66 di religione. Un piccolo gruppo continuò a vivere vita monastica anche fuori del monastero. Tra esse figurano le sorelle Maria Giuseppina, Maria Angela e Maria Ludovica Pasini, figlie di Ludovico e sorelle di Eleonoro, padre dei famosi Ludovico e Valentino Pasini. Con loro vivevano Suor Maria Teresa Fogazzaro, due coriste scledensi, e due Religiose di quelle venute da Marostica. Loro impegno fu di mettere insieme la somma necessaria per acquistare almeno una parte del monastero. Vi riuscirono nel 1826 quando con l'aiuto di persone generose di Schio, in particolare dei sig. Gaetano Garbin, Gaetano Scarpieri e don Giuseppe Rossetto, poterono acquistare da Giuseppe Gardellin la parte dell'edificio che egli aveva comperato dopo la soppressione.
L'altra parte rimase di proprietà della famiglia Maraschin. Le condizioni cui era stato ridotto il convento erano miserande. Non rimanevano che le nude pareti. Ci vollero anni di impegno e di lavoro perché lo stabile tornasse ad essere abitabile. In quegli anni le monache furono sostenute soprattutto dall'interessamento materiale e spirituale dell'Arciprete di S. Pietro, mons. Luigi Piccoli.
Il giardino
Nel 1832 le Agostiniane ebbero il permesso di iniziare i lavori di ripristino della parte del monastero diventato di loro proprietà, lavori che si protrassero fino al 1839. La vecchia chiesa quattrocentesca, che nel frattempo era stata secolarizzata, rimaneva fuori del ricostruito convento a causa della fabbrica che i Maraschin avevano innalzato nella parte dell'antico monastero passata in loro proprietà come appare a sinistra della chiesa nel disegno di Francesco Pupin, apparso nell'ultimo bollettino e che ripubblichiamo. Si dovette perciò pensare anche alla costruzione di una nuova chiesa, quella che è raffigurata in questa pagina. Nel frattempo però l'attività delle monache era ripresa in modo molto intenso. Nel 1840 alle scuole elementari già esistenti si era aggiunto l'educandato interno: vi fu allieva tra le altre Maria Maraschin, che sarà la moglie di Alessandro Rossi.
Nel 1833 fu benedetta la prima pietra di quella che doveva essere la "chiesa delle monache" perché fatta costruire da loro. Sei anni dopo l'opera era completata. La nuova chiesa però avrebbe avuto vita breve perché, come già sappiamo, quarant'anni dopo cedeva il posto alla nuova voluta da Alessandro Rossi per il suo "quartiere operaio". Sarebbe troppo lungo seguire passo passo tutte le vicende successive del monastero. Non possiamo tuttavia passare sotto silenzio un fatto tristissimo avvenuto nel 1867. In applicazione della legge di incameramento dei beni ecclesiastici, anche tutto ciò che il nostro monastero possedeva fu inventariato e poi messo all'asta, lasciando alle monache lo stretto necessario per sopravvivere.
I danni furono poi mitigati per l'intervento di Alessandro Rossi e del senatore e ministro del lavoro Ludovico Pasini, nipote delle tre sorelle monache Pasini, che avevano rinnovato la comunità agostiniana. Va ricordato che dal 1856 al 1913 fu cappellano delle monache don Giovanni Pasini cugino del Senatore, che era succeduto a don Lorenzo Penasa, il quale aveva preso il posto di don Michele Saccardo. Don Giovanni Pasini a sua volta cederà il posto a Mons. Ottavio Ronconi.
Don Giovanni ebbe in dono dal cugino Ludovico Pasini la bella scrivania che si conserva tuttora nella sacrestia di S. Antonio Abate. Un cenno alle vicende più recenti. Durante la prima guerra mondiale, nel 1916, le monache per breve tempo furono sfollate a Castelnovo; nella seconda guerra mondiale alcune furono ospiti a Monte Magrè dal Parroco don Pietro Zolin, che sarà poi per molti anni rettore della chiesa dell'Incoronata.
Nel 1948 furono chiuse definitivamente le scuole dopo oltre un secolo di vita. Queste in breve sintesi le vicende liete e tristi del nostro monastero agostiniano: vicende note ai cultori di storia ma probabilmente sconosciute a coloro che non coltivano simili studi.