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Morte di Patrizio
ANTONIO VILCA
1748-1764
Cuzco, chiesa de la Merced
Morte di Patrizio
La scena della morte di Patrizio è piuttosto rara nella iconografia agostiniana. Le prime attestazioni si trovano nei quattrocenteschi codici della Historia Augustini (1430-1440) e del Manoscritto ms. 1483 Vita Sancti Augustini Imaginibus adornata (1450-1490). E' probabile tuttavia che Vilca si sia in qualche modo ispirato all'opera di Pacheco Basilio che, pochi anni prima fra il 1744 e il 1746, aveva dipinto un ciclo agostiniano a Lima nel Monastero degli Eremitani.
Vilca ha ambientato la scena in un locale dalla decorazione a lui contemporanea. Patrizio è disteso sul letto sotto le lenzuola e regge con la mano destra un cero acceso. Al suo capezzale troviamo un giovane sacerdote o monaco dalla veste nera che con la mano destra gli mostra un crocifisso. Questo atto fotografa il dettato agostiniano che ricorda il battesimo del padre sul punto di morte. Poco discoste, in primo piano, due donne stanno piangendo e si asciugano le lacrime con dei fazzoletti. Alle loro spalle un altro religioso, dall'aspetto giovanile, sta leggendo un libro con probabili preghiere. Il locale contiene vari oggetti ad uso del malato, mentre su un tavolo sono disposti recipienti in vetro, che sono serviti per conservare i medicinali ad uso di Patrizio.
Il quadro è composto in realtà da due scene: la morte di Patrizio è quella di sinistra, mentre a destra il pittore ha raffigurato l'episodio in cui Monica fa conoscere al bambino Agostino il nome di Gesù.
Agostino parla della morte del padre Patrizio nel libro nono delle Confessioni, quando ripensa alla sua vita trascorsa con la madre e i genitori. Parlando della madre scrive che: "Finalmente guadagnò a te anche il marito, già quasi al limite estremo della vita temporale: e in lui che ormai era credente non rimpianse ciò che aveva tollerato nel miscredente. Era poi la serva dei tuoi servi. Chi di loro l'aveva conosciuta, in lei rendeva lode e onore e amore a te, sentendo nel suo cuore la tua presenza, testimoniata dai frutti di una vita consacrata a te.
Era stata la moglie d'un solo uomo, aveva reso ai genitori il bene ricevuto, aveva retto con devozione la sua casa, a testimonio aveva le sue buone opere. Aveva allevato dei figli, partorendoli di nuovo ogni volta che li vedeva allontanarsi da te. Infine di tutti noi, Signore, che possiamo per tuo gratuito favore dirci servi tuoi, e ricevuta la grazia del tuo battesimo vivevamo già in una nostra comunità, al tempo in cui ancora lei non s'era addormentata in te, di tutti noi si prese cura quasi fossimo tutti figli suoi, e quasi fosse figlia di noi tutti ci servì."
AGOSTINO, Confessioni, 9, 9, 22
Vilca Antonio
Nato a Cuzco in Perù, questo pittore fu attivo nella sua città natale tra il 1778 e il 1803. Figura tra i più notevoli insegnanti della scuola di Cuzco all'epoca della fine del Vicereame. Da un punto di vista artistico, egli segue lo stile di Marcos Zapata, di cui ha ribadito i tipi umani idealizzati, insieme ad una predilezione per le vivide tonalità del rosso e del blu. I suoi soggetti, come Zapata, prediligono l'iconografia mariana tuttavia usano modelli più avanzati. Per questo motivo Vilca può essere considerato uno degli artefici della introduzione della decorazione tedesca settecentesca e della decorazione rococò nell'arte del sud andino. È autore di alcune opere nelle chiese di Zurite e Pujiura, i cui soggetti si sono ispirati alle stampe dei fratelli Klauber. Fra le sue opere di maggior pregio ricordiamo la Virgen de la Candelaria nella chiesa di Pujiura a Cuzco (1778), la Serie delle litanie Lauretane sempre nella chiesa di Pujiura(1778) e la Serie delle Litanie Lauretane nella chiesa di Zurite a Cuzco (1803).