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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Quattrocento > Maestro di UttenheimCICLo AGOSTINIANo del Maestro di Uttenheim a Novacella
Agostino ascolta le prediche di Ambrogio
MAESTRO DI UTTENHEIM
1460-1470
Chiesa e Convento di Novacella
Agostino ascolta le prediche di Ambrogio
La scena si svolge all'interno di una chiesa. Ambrogio ha in testa la mitra e un'aureola avvolge il suo capo illuminato dalla luce che scende dalla volta. Il vescovo, in piedi su un ambone, parla giocherellando con le dita e si protende verso un gruppo numeroso di uditori, uomini e donne, in parte seduti e in parte in piedi. In primo piano a sinistra le figure di Agostino e di Alipio di staccano dalle altre: il primo sembra trasfigurato e tiene le mani serrate sulle ginocchia. Il suo mento si stacca nella luce che lo avvolge e il suo sguardo sovrasta gli altri per l'acutezza. Alipio al contrario mostra un'espressione tormentata e le sue mani inquiete serrano i suoi abiti. L'immagine non presenta alcun commento. Si può supporre che una delle due donne sotto l'ambone sia Monica.
Frequentavo assiduamente le sue prediche pubbliche, non però mosso dalla giusta intenzione: volevo piuttosto sincerarmi se la sua eloquenza meritava la fama di cui godeva, ovvero ne era superiore o inferiore. Stavo attento, sospeso alle sue parole, ma non m'interessavo al contenuto, anzi lo disdegnavo. La soavità della sua parola m'incantava. Era più dotta, ma meno gioviale e carezzevole di quella di Fausto quanto alla forma; quanto alla sostanza però, nessun paragone era possibile.
AGOSTINO, Confessioni 5, 13, 23
Agostino incominciò ad attaccare la predicazione di Ambrogio. Un giorno però Ambrogio tenne un forte discorso contro la dottrina dei manichei, portando solidi argomenti, e da allora in poi Agostino fu convinto che i manichei erano nell'errore. La dottrina di Cristo gli piaceva, ma sentiva ripugnanza a seguire la via che egli tracciava.
JACOPO da VARAGINE, Legenda Aurea
Il grande incontro tra Ambrogio e Agostino, l'ex funzionario romano nato in Germania (Treviri) ed eletto vescovo per volere del popolo e dello stesso potere imperiale che voleva Milano, città importantissima e sede dell' imperatore, ben presidiata da uno dei migliori funzionari dell' impero, ed il giovane retore africano, uno degli incontri più densi di significato e di conseguenze della storia, non avviene a Milano per caso.
«Et veni Mediolanum ad Ambrosium episcopum», venni appositamente a Milano per ascoltare il vescovo Ambrogio, scriverà Agostino, ritornato nella sua Africa, segnato indelebilmente da Milano e da Ambrogio. E quando nell' anno della morte (430 d.C.) Agostino, vescovo d' Ippona, visse l'ultima estate della sua vita nella sua città stretta d'assedio dai Vandali, fu nel ricordo degli assedi della chiesa di Milano e degli inni di Ambrogio che Agostino, insieme al suo popolo minacciato dalla grande violenza e ferocia dei Vandali, ripeté quei canti nella chiesa d' Ippona. Una mostra che sollecita continue suggestive analogie tra l' ieri e l' oggi e che ci aiuta anche a riflettere sull' autonomia culturale milanese, che si manifesta anche nella liturgia e negli inni sacri. «A Roma seguano le loro usanze; a Milano si fa così» dirà Ambrogio.
Ed è forse anche per questo che il grande vescovo è ancora così presente tra noi. Ambrogio tratterà il giovane Agostino con un certo distacco, ma anche con una profonda attenzione. Agostino inventerà un neologismo per descrivere il modo con cui fu accolto: «episcopaliter». E quell' incontro milanese lo segnerà per sempre.