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CICLo AGOSTINIANo NEL CHIOSTRO DI Narni

Chiostro del convento agostiniano a Narni

Chiostro del convento agostiniano a Narni

Lunette affrescate nel chiostro del convento agostiniano a Narni

Lunette affrescate nel chiostro del convento agostiniano a Narni

 

 

CARLO FEDERICO BENINCASA

1693

Narni, chiostro del convento agostiniano

 

Storia della Vita di sant'Agostino e di santi agostiniani

 

 

 

Il chiostro del convento di sant'Agostino di Narni venne ristrutturato ed ampliato nel 1693 su impulso e e spese di padre Giovenale Sisti, Vicario Generale dell'Ordine agostiniano. Lo ricorda una scritta sormontata da uno stemma araldico che si trova tra due archi, dove si legge "CLAVSTRVM HOC FVNDITVS SVIS SVMTIBVS EREXTIT P.B. IVVENALIS SISTI NARN. AD 1693".

L'intero chiostro venne abbellito da un apparato decorativo costituito da ben 33 grandi lunette affrescate, probabilmente opera dello stesso artista che lavorò all'interno della chiesa. Diversi studiosi lo hanno individuato in Federico Benincasa, un artista locale, Le lunette raffigurano "Storie della vita di Agostino, santi e beati agostiniani". Eseguite nello scorcio finale del Seicento e nei primi anni del Settecento, le pitture si sviluppano lungo le quattro pareti del chiostro. Otto lunette si trovano sulla parete nord-ovest, otto su quella nord-est, otto su quella sud-est, sette su quella sud-ovest, una sopra il portone di accesso ed una sulla parete alla destra di quest'ultimo. Le lunette rappresentano gli episodi più importanti della vita di san Nicola da Tolentino e di Sant'Agostino, oltre ad una serie di raffigurazioni di altri santi e beati oggetto di devozione nell'ordine agostiniano.

Una parete è dedicata a san Nicola da Tolentino. Le diverse scene lo identificano con i suoi tipici attributi iconografici costituiti dalla stella sul petto, dal libro delle regole e dal giglio. La narrazione prende spunto dalle scene presenti nella cappella a lui dedicata a Tolentino: delle otto lunette originarie oggi ne sono visibili solo cinque. Gli episodi sviluppati si possono leggere abbastanza bene: vi troviamo l'episodio delle braccia recise al cadavere di san Nicola da Tolentino da un monaco tedesco (con la dicitura "Braccia se ben recise o qui restate se con voci di sangue di sangue a noi parlate"), il miracolo che vede il santo sostenere e riportare in vita due giovani impiccati (la scritta riposta "Benché sospesi ed a più rami avvinti fa ritornare in vita anche gli estinti"), il momento in cui rifiuta il cibo recatogli dai suoi confratelli per ridare la vita alle pernici (la spiegazione recita "Per non prender come torto al tuo gran duolo rendi accotte pernici e vita e volo"), l'episodio leggendario che fa di Nicola il santo taumaturgo delle anime del Purgatorio (la legenda annota "Se attento alle altrui pene io volgo il viso cangia il limbo e l'inferno in paradiso") e infine l'allusione ad un "Eroe del Piceno" (la scritta afferma "Dell'eroe del Piceno i sacrifici tolgon l'alme purganti all'ire uffici").

 

Seguono altre otto lunette oltre l'angolo i cui temi affrescati sono di dubbia interpretazione, quantunque sia presumibile che possano trattare episodi della vita di Agostino, nella sua veste di fondatore dell'ordine agostiniano. In questa serie di affreschi si riesce a decifrare un solo cartiglio che riporta la scritta "Mirate pur la gloria alma e gradita mentre godete il paradiso in vita".

Il ciclo prosegue con un'altra sequenza di otto lunette che raffigurano ulteriori episodi della vita di Sant'Agostino: nella prima si legge "L'eresia vinta al grande eroe già cade e i nostri fior fanno base al piede". La seconda reca una finestra centrale affiancata da due santi che sormonta uno stemma identico a quello presente nel chiostro scolpito in pietra. Sotto lo stemma l'iscrizione riporta "Queste vostre preghiere faran grande Agostino in ...".

Nel cartiglio della terza lunetta, dove Dio dialoga direttamente con il santo vescovo di Ippona, leggiamo la scritta "Non può capire un intelletto umano d'un dio ch'è trino e sol l'eccelso arcano". Il contenuto della frase rimanda al mistero della Trinità, che fu ampiamente indagato da Agostino. Il quarto dipinto si presenta con la frase "Tanto è ver che l'orar con puro zelo può tramutar l'istesso inferno in cielo". Nella quinta lunetta si fa riferimento ad un miracolo che viene attribuito ad Agostino: il santo è infermo a letto e cura, ponendo la mano sul capo, un vescovo malato. Il cartiglio in questo caso recita: "Questo di santità nostro affricano ha la salute altrui nella sua mano". La sesta scena raffigura Agostino mentre è impegnato a dialogare con un angelo: inginocchiato ai piedi di un altare ha riposto le sue insegne da vescovo. Nel cartiglio annesso alla scena si legge "E' questo d'Agostino l'invitto cuore ch'alberga la virtù scaccia l'errore". La lunetta seguente illustra un gruppo di fedeli malati chieder grazia e perdono al santo sospeso tra le nubi. L'iscrizione ricorda che "Chi vuol sanar con memorando esempio del grande eroe d'Hippona entri nel tempio". L'episodio forse si riferisce al Miracolo di Cava Manara.

Il pessimo stato di conservazione dell'ottava lunetta di questo lato del chiostro non consente di esprimere una sicura interpretazione della scena, Sul cartiglio si riesce a leggere frammentariamente "S'offrino pure al ciel vittime e voti se i santi dan sepolcro ai lor divoti".

Nella parete successiva la prima lunetta celebra la gloria di Agostino. La sua struttura è quasi certamente la più ricca e la più complessa del ciclo. Agostino è seduto in trono nell'atto di ricevere la mitra episcopale da due angeli ed è attorniato da numerosi discepoli, religiosi, fedeli e personaggi che ne seguono la regola. Purtroppo risultano illeggibili le frasi riportate sul libro e sul cartiglio. La lunetta seguente raffigura due personaggi cari all'Ordine agostiniano. Si tratta di Gelasio e di Antonino: il primo indossa abiti vescovili mentre il secondo regge la palma del martirio. Anche la terza lunetta ricorda un altro santo nella figura di san Guglielmo di Montevergine da Vercelli (1085-1142). L'iscrizione annessa al dipinto riporta la scritta "Guglielmo non temer la turbaria balsami per sanarti ha .... Maria",

Segue, nella lunetta successiva, la figura di san Tommaso di Villanova, vescovo agostiniano noto per la carità verso i più poveri e diseredati. La scena lo vede raffigurato in un classico iconografico dove il Santo è intento a distribuire l'elemosina a una folla di poveri che si raduna davanti a lui, L'iscrizione riporta "Da Tomaso apprendete alti pastori che i poveri son vostri tesori". La quinta pittura illustra un miracolo attribuito a san Giovanni hispanico o da Sahagun che salvò una giovane da morte sicura per annegamento. La scritta dice: "Dell'hispano Giovanni acqua gradita che invece di rapir salva la vita". La penultima lunetta ricorda la santa agostiniana Chiara da Montefalco, la cui vita fu dedita all'amore per Cristo. Negli atti della sua vita si ricorda che alla sua morte si scoprirono i segni della passione impressi nel suo cuore. La scritta annessa all'affresco chiarisce che "Chiara per bene amare il tuo signore hai la triade nel fiel la croce in cuore".

L'ultimo affresco di questo lato raffigura un'altra celebre santa agostiniana, quella Rita da Cascia che ricevette la spina di Cristo nella fronte. Si legge nella scritta "Rita del cielo per la via divina altri chiedon le rose e tu la spina". Una ulteriore lunetta di questo interessante ciclo ricorda la figura della beata Lucia Bufalari da Amelia, una monaca agostiniana, che veniva invocata a protezione dei bambini e degli infanti. Sotto alla scena che presenta una folla di madri imploranti si legge che "La gran luce d'Amelia ha per suoi vanti sottrar da spirti rei teneri infanti".

Purtroppo l'ultima lunetta, che si trova sulla porta d'accesso al chiostro, è praticamente illeggibile, quantunque alcuni elementi e figure sembrano ricondurre ad una esaltazione della dottrina di sant'Agostino, fondatore dell'Ordine nonché Dottore della Chiesa. La serie di dipinti si conclude con due piccole velette ai lati di un modesto portale, dove appaiono due ritratti entro uno spazio troppo angusto. I due personaggi sono identificabili nel beato Alessandro e nel beato Egidio, morto nel 1463. Sull'arco della piccola porta di accesso ad altri ambienti si può ancora leggere la scritta "A te grande Agostino lascio la cura della chiesa mia sposa unica e pura".