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Luijk: Gian Bono

Stampa con veduta di piazza S. Agostino a Modena

Giovanni Bono penitente

 

 

 

GIAN BONO

di B. Van LUIJK

 

 

 

Giovanni Buono o Gian Bono fu uno dei laici attirati dall'ideale dei penitenti. Uomini e donne si sentivano chiamati a cambiar vita, a convertirsi, a realizzare una "metanoia", cioè un approfondimento di fede e di vita cristiana. Nella Lombardia questa corrente ebbe diverse forme. Si lasciava il mondo per la santificazione personale, che però presto si estese alla santificazione del prossimo, della società di cui ciascuno si sapeva membro. Questa tendenza era in rapporto con lo sviluppo dell'ideale apostolico (della "vita vere apostolica") e con la novità di proiettare l'amore verso Iddio nell'amore verso il prossimo. Inoltre, anche la proclamazione del celibato come la forma di vita che conduce più presto a Dio, sia l'individuo che la comunità cristiana, ebbe un forte influsso nel movimento dei "penitenti".

Accettati questi valori, Gianbono disse addio nel 1209 al mestiere di trovatore, sentendosi in quella forma di vita come un traviato. Era quarantenne, cioè nell'età di transizione e di rivalutazione della vita. Scelse come dimora il vico di Butrioli presso Cesena. Quando altri, che nutrivano gli stessi ideali, lo scelsero come direttore, cominciò a pensare all'organizzazione e all'approvazione del movimento e perciò si rivolse al vescovo Otto di Cesena. Questi gli era benevolo, approvò l'iniziativa come istituto diocesano e lo sottomise esplicitamente alla sua giurisdizione. Gianbono ed i suoi seguaci portavano il vestito eremitico, sia corto che lungo, con una cintura; fecero la professione religiosa nelle mani del vescovo, e vivevano secondo costumi particolari, come il far crescere la barba. Questo fu però poco dopo lasciato al giudizio e al gusto di ciascuno. Secondo le direttive curiali del 1215, i Gianbonini accettarono una regola approvata: quella di S. Agostino. Questa scelta venne confermata dal papa nel 1225. Nella congregazione non vennero soltanto accettati cesenati, ma anche persone di altre regioni e fra loro un bel numero di preti e di canonici, cosicché l'istituto perse presto la primitiva forma laicale e diventò clericale. La necessità di una buona organizzazione venne dall'inizio segnalata, e Gianbono accettò l'incarico di "priore maggiore" e venne assistito da "defìnitori". Il suo istituto rimase diocesano fino al 1240, quando le prime fondazioni fuori Butrioli vennero realizzate, cioè a Bertinoro, a Faenza e nella città natale di Gianbono: Mantova.

Il carattere locale dei primi quindici anni è illustrato dalla prima formula di professione: "Ego NN. facio professionem et promitto obedientiam Deo et B. Mariae et tibi Priori Fratrum Eremitarum S. Mariae de Caesena tuisque successoribus usque ad mortem secundum Regulam B. Augustini et Constitutiones fratrum istius loci" (L. 102, § 5). L'espansione dopo 1240 è caratterizzata dall'affiliazione o dall'incorporazione di piccole comunità esistenti e, in alcuni casi, anche da nuove fondazioni. L'espansione incontrava l'opposizione da parte dei Frati Minori pel fatto che i Gianbonini portavano un abito molto uguale al loro. Essi dicevano di avere il diritto di precedenza: per mettere fine alle liti ispirate da gelosia e da invidia, la curia romana prescrisse ai Gianbonini l'abito nero con maniche larghe, cintura larga, cappuccio e bastone di questuante con traversa dritta. L'abito doveva lasciar libera la calzatura, affinché i fedeli potessero vedere e distinguere i sandali usati dai francescani e gli zoccoli o scarponi chiusi scelti dai Gianbonini. Questi con un numero totale di circa cinquanta membri si sottomisero senza contraddire al decreto emanato dai cardinali Tommaso e Rainaldo ed approvato dalla curia papale (Dudum apparuit del 24 marzo 1240, L. 22.

Per le conseguenze per i Brettinesi vedere sopra, pp. 33-35). La rivalità riguardo all'abito coincidette con l'espansione nelle Marche d'Ancona e di Verona e nella Lombardia. Prima del 1245 i Gianbonini entrarono in Ferrara, Reggio, Parma, Modena, Sàvena, Ravenna e Verucchio; poi in Padova, Verona, Vicenza, Treviso e Venezia. Dopo il 1245 seguirono nuove fondazioni in Poncelia, Podioli, Rimini, Borgo S. Sepolcro e Foligno. Le fondazioni lombarde si accrebbero fra il 1245 fino al 1256 con Piacenza, Tortona, Milano, Biella, Cremona, Brescia e Crema. Nel 1256 i Gianbonini avevano con certezza ventotto conventi. La costituzione papale anche per loro importante: Religiosam vitam eligentibus è datata il 26 aprile 1246. In questo documento si nota che i conventi non sono nominati singolarmente ma genericamente. In alcuni dettagli il contenuto differisce dalla bolla omonima concessa ai Brettinesi e agli Eremiti Toscani; variazioni che indicano aspetti particolari nello sviluppo e nel carattere dei Gianbonini.

Le loro fondazioni non sono descritte come quelle dei Toscani, ma piuttosto in una forma di tipo brettinese: sono indicate come "loca" e non come "parrochiae". I Gianbonini hanno però un carattere più apostolico che i Brettinesi, come indica il fatto che conservano il Crisma. In più è indicato che l'approvazione dei loro costumi spetta al vescovo, a meno che non abbiano già ricevuto l'approvazione papale. L'osservanza della povertà è più rigorosa che fra i Toscani in quanto, come i Brettinesi, non dispongono di entrate finanziarie in forma di decime o imposte (L'atto notarile attestante la fondazione del convento: Appendice XII, p. 106. Per l'espansione geografica cfr. pp. 68 e 80). Nel 1247 ricevettero nella forma consueta il diritto di predicare e di confessare (Vota devotorum del 26 sett. 1246, L. 57), un fatto che indica l'ulteriore sviluppo del loro carattere clericale.