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CICLo AGOSTINIANo di Gunther Matthaus a Indersdorf

Agostino dirige una corale

Agostino dirige una corale

 

 

GUNTHER MATTHAUS

1755

Indersdorf, chiesa Assunzione di Maria

 

Agostino dirige una corale

 

 

 

Con la stessa prospettiva fantastica, l'artista mette Agostino in piedi di fronte a una fila di chierici cantori i cui visi campagnoli sorprendono per il profondo realismo.

Il soggetto trattato da Gunther a Indersdorf è unico nel suo genere e probabilmente si riferisce a qualche consuetudine locale. O forse ha qualche attinenza con il canto, che veniva coltivato nel monastero. Agostino attribuiva grande importanza al canto come elemento adatto a predisporre l'animo umano alla ricerca di Dio. E' noto il suo elogio del canto nel corso delle funzioni religiose, una consuetudine e un uso che aveva conosciuto a Milano, dove Ambrogio ne aveva promosso l'introduzione e la diffusione.

Agostino ci ha tramandato una definizione della musica, ha messo la musica in relazione con l'intero essere, ho portato alla luce dai suoi recessi più remoti il processo di creazione musicale, ha riconosciuto il senso della verità dell'arte musicale e ha ripreso con mossa geniale le forze morali della musica dell'antichità pagana, che erano andate perdute, e cristianizzate, consegnandole al futuro. Tutto questo assieme ci dà una visone della musica, o, meglio, una concezione della musica, che dal punto di vista metafisico vale quanto l'intera filosofia di Agostino. In questa concezione la musica è sollevata al rango più alto tra le attività dell'anima umana, essa diviene l'unica parola creativa che è possibile per l'uomo – egli stesso creatura -, l'unica che Dio gli conceda, l'unica che stabilisce un rapporto diretto con Dio al di là della natura, che serve solo in quanto donatrice della materia e da termine medio. In ciò consiste il mistero della musica, così come Agostino lo ha identificato. Essa prosegue – creando dal nulla anch'essa - l'opera della creazione, e precisamente, quando lo fa bene, la prosegue nel pensiero della divinità, che le si rende manifesto in un modo affatto particolare, ma inconfondibile. Tale capacità è ciò che ha impegnato la musica al dovere più alto che possa essere affidato all'uomo: ripristinare l'armonia del mondo andata perduto dal tempo della caduta degli angeli. Giacché ciò non è realizzabile - secondo la Rivelazione - nell'Aldiqua, la musica si spinge, unica tra le arti, al di là del terreno sino al cielo, ove, come dice Agostino: "L'occupazione dei beati consiste nel lodare Iddio per l'eternità".

 

 

Venite, esultiamo al signore. Giubiliamo a Dio autore della nostra salvezza. Che vuol dire giubilare? Avere un'allegria che non si può esprimere a parole e che, non potendosi esprimere a parole pur essendo concepita nel cuore, la si manifesta con grida. Ecco cos'è giubilare. La vostra carità potrebbe andare con la mente al tripudio di certi cantastorie, e questo soprattutto quando ci sono come delle gare di allegria profana. Li vedete come, in mezzo alle canzoni che declamano a parole, ogni tanto trabocchino di allegria e, non essendo in grado di esprimerla a parole, si mettono a gridare. Con tali grida esternano sentimenti dell'animo che essi provano, sì, ma non riescono a tradurre con parole. Se dunque c'è della gente che va in visibilio per delle gioie terrene, non dovremmo noi giubilare intensamente di fronte alle gioie celesti, che per davvero sono ineffabili? Venite, esultiamo al signore.

AGOSTINO, Commento al Salmo 94