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Facciata della chiesa di S. Margherita
FORMAZIONE DEGLI EREMITI DI SANT'AGOSTINO E LORO INSEDIAMENTI NELLA TERRAFERMA VENETA E A VENEZIA
di Franco dal Pino
in Gli Agostiniani a Venezia e la Chiesa di santo Stefano (Atti della Giornata di Studio nel V Centenario della Dedicazione della Chiesa di Santo Stefano - Venezia 10 novembre 1995)
- ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE ED ARTI
- Venezia 1997
INSEDIAMENTI DI EREMITI AGOSTINIANI NELLA TERRAFERMA VENETA
TREVISO
Per Treviso due studi successivi, dovuti alla Rando e alla Meneghetti, permettono di spingerci dagli inizi al Trecento inoltrato, anche se nell'economia del presente studio non possiamo interessarci che alle origini e ai primi sviluppi [1]. In un documento del 2 marzo 1238, il primo conosciuto, la monaca Agnese, con il consenso dell'abate di S. Zeno di Verona, cede a fra Matteo, "priori tocius ordinis fratrum heremitanorum, recipienti pro se et pro fratribus sui ordinis", la chiesa trevisana di S. Zeno posta in Borgo S. Martino [2].
Il documento permette di stabilire un termine post quem non per l'arrivo nella Terraferma dei "frati eremitani" con il quale termine si designano qui certo i Giambonini dato che viene indicato quale priore di tutto l'ordine appunto quel fra Matteo che, come sappiamo, era succeduto al fondatore Giovanni Bono già almeno da allora e non dal 1239, come si supponeva, rifacendosi agli atti del processo canonico dello stesso fra Giovanni Bono [3].
Questo insediamento provvisorio in una chiesa preesistente, favorito da ambienti religiosi locali, femminili e maschili, verrà sostituito appena quattro mesi dopo in seguito ad una donazione fatta il 13 luglio di quello stesso 1238 dal laico Gualperto o Valperto Bellacalza "fratri Boningrado" che la riceve ancora a nome "fratrum heremitanorum", di un terreno posto fuori porta San Teonisto perchè possano abitarvi e costruirvi chiesa e case proprie utilizzandolo "tamquam re sua" e apponendo come condizione la restituzione dello stesso terreno qualora i frati cambiassero domicilio (clausola poi revocata il 24 marzo 1264).
Il giorno stesso fra Boningrado prende possesso del terreno a nome degli stessi frati che vengono così a collocarsi a Sud-Ovest della città, in una zona ancora prevalentemente rurale seppure in via di urbanizzazione, compresa nel borgo di Ognissanti, che sembra adatta all'impronta prevalentemente eremitico-contemplativa e di limitato apostolato propria di quegli anni che non esclude però un progressivo avvicinamento alle città [4]. Vi rimarranno per più di venticinque anni, ricordati nel frattempo con modesti lasciti solo da quattro testatori, con una comunità che appare stabilita, in un atto di donazione per il monastero cistercense di S. Maria Nova del 7 novembre 1248, presso una chiesa che porta già il titolo di S. Margherita, e costituita almeno dal priore fra Guglielmo e da un altro frate [5].
Amplieranno anzi il loro insediamento tramite una nuova donazione fatta da Valperto di Dom del fu Viviano Bellacalza il 21 novembre 1251, di una chiusura posta nel borgo Ognissanti presso appunto il convento detto di S. Margherita, collocato "intra circlas civitatis Tarvisi(ne)", nelle mani sempre di fra Guglielmo priore del detto convento degli Eremitani [6]. L'ulteriore e definitivo trasferimento, accompagnato dal preesistente titolo di S. Margherita, avverrà dopo la "magna unio" del 1256, che passa inosservata nella documentazione rimastaci, e con caratteristiche conformi alla nuova configurazione unitaria dell'Ordine. Sarà preparato dalla rescissione, già ricordata, della condizione apposta all'atto di donazione del 13 luglio 1238 (che si riprometteva perciò soprattutto la continuazione di una presenza degli Eremitani), avvenuta il 24 marzo 1264, e poi da una serie di scambi e compravendite con cui i frati, nei mesi di maggio, agosto e settembre 1265, versando globalmente 300 lire, si assicurano un'area oltre il Sile, all'inizio del ponte nuovo, insediandosi così in borgo S. Paolo, area in via di urbanizzazione e considerata a tutti gli effetti cittadina [7].
In tal modo essi venivano ad essere equiparati, anche per rapporto alla società urbana nei confronti della quale erano ormai dotati di tutti i privilegi apostolici necessari, agli altri due ordini mendicanti "maggiori" esistenti già in Treviso, non riuscendo però ad evitare all'inizio contrasti soliti per motivo di vicinanza, prima con le suore di S. Paolo, munite in proposito di privilegio vescovile e che si lamentavano appunto della quasi aderenza materiale tra i due edifici conventuali, poi con i Predicatori -contesa sorta già forse al tempo del vecchio insediamento - difesi dal privilegio delle 300 canne di interspazio concesso a S. Domenico di Bologna ed esteso nel marzo 1265 al convento di Treviso: il dissidio avrà termine nel primo caso con un compromesso che prevedeva una zona di interstizio tra i due con la constatazione che S. Margherita rientrava nella distanza prevista [8].
Notevole, nel corso della lite con i Predicatori, l'atto di forza della celebrazione della messa compiuto il 2 maggio 1266 dagli Eremitani sul terreno acquistato, quasi presa di possesso dello stesso, la contesa e l'appello dei frati alla sede apostolica, la sentenza di scomunica pronunziata contro di loro dal vescovo di Treviso (come atto dovuto) il 5 agosto di quell'anno, la soluzione, a distanza di due anni, il 29 ottobre 1265, con un accordo tra il priore degli Eremitani fra Tolomeo e il detto vescovo circa la dislocazione e costruzione del locus dei frati, la benedizione e la posa della prima pietra da parte del vescovo stesso della chiesa di S. Margherita. Insediamento dunque, questo dei Giambonini a Treviso tramutatosi poi in convento degli Eremitani, che trova adito ossia facile sostegno all'inizio, nella fase "eremitica", con la concessione di una chiesa preesistente posta in zona suburbana e che si avvicina poi alla città rimanendo come in attesa per più di venticinque anni e finendo per inserirvisi non senza esser costretto a farsi largo tra istituzioni religiose già presenti da tempo "in loco", compreso l'Ordine mendicante dei Predicatori [9] .
Note
(1) - D. RANDO, Eremitani e città nel secolo XIII: l'esempio di Treviso, in "Sitientes venite ad aquas". Nel giubileo sacerdotale del vescovo di Treviso mons. Antonio Mistrorigo, a cura di L. PESCE, Treviso 1985, pp. 475-507; F. MENEGHETTI, Gli Eremiti di S. Agostino a Treviso dal 1238 al 1348, I, Storia, II, Documentazione, tesi di laurea presso l'Università degli studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia (rel. F. A. Dal Pino), anno acc. 1993-94 (ringrazio sentitamente la dott. Meneghetti per avermi permesso di utilizzare il suo lavoro).
(2) - MENEGHETTI, ibid., I, pp. 6, 11-12, II, n. 1 (edizione); RANDO, ibid., pp. 476-477 (che alla nota 10 respinge praticamente la data del 1233 a lungo accolta nell'Ordine); P. A. PASSALUNGHI, Il monachesimo benedettino della Marca trevigiana, Villorba di Treviso 1980, p. 189-190; L. PESCE, La Chiesa di Treviso nel primo Quattrocento, I, Roma 1987, p. 496.
(3) - La data del 1238 era stata però già indicata come probabile da B. RANO, Giovanni Bono, beato, in "Dizionario degli istituti di perfezione", IV, Roma 1977, col. 1245, secondo il quale il beato è "generale dell'ordine probabilmente fino al 1238", e da GUTIERREZ, Gli Agostiniani nel medioevo, p. 72, per il quale Giovanni avrebbe lasciato il governo dell'ordine, sostituito da frate Matteo da Modena, "verso il 1238".
(4) - MENEGHETTI, Gli Eremiti, I, pp. 12-13, II, n. 2 (edizione); RANDO, Eremiti e città, pp. 487-488, con precisi rilievi sulla collocazione suburbana dell'insediamento.
(5) - Archivio di Stato di Treviso, Corporazioni religiose soppresse, S. Maria Nova, busta 1, e cfr. MENEGHETTI, ibid., I, p. 13, II, n° 3: l'atto è stipulato "Extra civitatem Tarvisii, in porticali ecclesie Sancte Margarite de fratribus heremitarum"; sui documenti tra 1246 e 1257: RANDO, ibid., p. 484, nota 44.
(6) - MENEGHETTI, ibid., I, p. 13, II, n° 3 (edizione); RANDO, ibid., p. 479. Il titolo di S. Margherita potrebbe derivare dalla donazione iniziale del 13 luglio, data usata anche a Treviso per festeggiare la santa: cfr. RANDO, ibid., p. 477, nota 10.
(7) - MENEGHETTI, ibid., I, pp. 13-14, II, n° 6 (atto del 24 marzo 1264), n° 8 (vendita del 5 e 6 maggio di un sedime al di là del Sile, al procuratore laico dei frati), n° 9 (altre vendite dello stesso procuratore del 19 e 20 agosto); RANDO, ibid., pp. 479-480, 484-485, e sull'inurbamento ("Ex heremitis urbanistae") 493-497.
(8) - Sulle due liti, ad un certo momento complicate anche dal fatto che il vescovo Alberto, un frate minore, nel settembre 1266 si proponeva di estendere il controllo della distanza anche tra S. Margherita e la chiesa dei Minori posta al nord di quella degli Eremitani, vedere RANDO, ibid., pp. 480-483, 485-492 e edizione di cinque documenti tra il 1265 e il 1267, 498-504, e MENEGHETTI, ibid., I, pp. 15-20, II, n° 10 (S. Paolo) e n. 11-13.
(9) - MENEGHETTI, ibid., II, n° 12 (celebrazione della messa della quinta domenica dopo Pasqua), 14 (scomunica del vescovo), 18 (accordo), 19 (posa della prima pietra), e vedere anche RANDO, ibid., nn 6-7, pp. 505-507.