Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Conventualismo > Saggi e studi storici > Agostiniani in Veneto

agostiniani in Veneto e a venezia

Agostino presenta la sua Regola agli Eremitani (Venezia, ex convento di S. Stefano)

Agostino presenta la sua Regola agli Eremitani (Venezia, ex convento di S. Stefano)

 

 

FORMAZIONE DEGLI EREMITI DI SANT'AGOSTINO E LORO INSEDIAMENTI NELLA TERRAFERMA VENETA E A VENEZIA

di Franco dal Pino

in Gli Agostiniani a Venezia e la Chiesa di santo Stefano  (Atti della Giornata di Studio nel V Centenario della Dedicazione della Chiesa di Santo Stefano - Venezia 10 novembre 1995)

- ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE ED ARTI

- Venezia 1997

 

 

 

 

INSEDIAMENTI DI EREMITI AGOSTINIANI A VENEZIA

 

 

Passando dalla Terraferma veneta alla città lagunare, pur mancando in proposito uno studio esauriente sulla presenza dell'uno o dell'altro gruppo di eremiti agostiniani prima e immediatamente dopo il 1256, essendosi anche qui privilegiata la sede tardiva e definitiva di S. Stefano, i dati offerti in passato dal Corner, rivisitati di recente dalla Sorelli, dalla Pedani e dal Battiston, più alcune indicazioni di prima mano provenienti da ricerche in corso da parte della Meneghetti, già ricordata per Treviso, appaiono sufficienti, se debitamente correlate, ad offrire un quadro discretamente preciso.

Stando appunto a due recenti sintesi della Sorelli tratte dalla documentazione disponibile [1], la situazione riguardante "gli eremiti di sant'Agostino (eremitani)", non meglio specificati, appare meglio documentata di quella degli Eremiti carmelitani. Essi, secondo i dati raccolti nel primo dei due studi, sarebbero presenti in ambito lagunare da prima della grande unione del 1256 risalendo "all'inizio del quinto decennio" l'acquisto, "da parte di Giacomo da Fano", dei terreni nel sito periferico di S. Pietro di Castello sui quali sarebbe sorta S. Anna e S. Caterina, poi abbandonata fine secolo per quella più centrale di S. Stefano: contemporaneamente si avrebbe la presenza di "un'altra comunità di eremiti agostiniani" nell'isola di S. Maria di Nazareth. Si precisa poi, nel secondo studio, che l'acquisto del terreno da parte di fra Giacomo da Fano, individuato come appartenente alla "congregazione brettinese", avvenne nel 1249, e che S. Maria di Nazareth è conosciuta da un atto del maggio 1249 che attesta la benedizione della prima pietra per la chiesa dei religiosi ivi dimoranti ad opera del vescovo Pietro Pino e il riconoscimento da parte loro, salvo alcuni privilegi, della giurisdizione episcopale [2].

Diversamente, è ritenuta dubbia, in ambedue gli studi, l'appartenenza, avanzata seppure con qualche esitazione dal Comer, agli eremiti agostiniani di S. Andrea del Lido, una comunità istituita sulla fine del secolo XII dal sacerdote Domenico Franco (che risulta restauratore e fondatore di monasteri agostiniani), anche se detto in una lettera papale "monasterium Sancti Andree de Litore ordinis sancti Augustini" [3].

Costituirebbe invece, si rileva nel secondo degli studi in esame, per un certo periodo, una vera terza sede di eremiti agostiniani e questa mi sembra una novità di rilievo - S. Erasmo di Lido, da tempo esistente e soggetto alla matrice di S. Maria e S. Donato di Murano, nella diocesi di Torcello, il cui legame con le altre due fondazioni di eremiti risulta evidente in un lascito previsto nel testamento di Marco Ziani del 26 giugno 1253 - prima perciò della grande unione - che prevede 50 lire ciascuno "Sancto Herasmo, Sancte Marie de Nazareth et Sancte Anne, fratribus eremitanis", unificati perciò nel titolo istituzionale, e da due quietanze rilasciate dopo il 1265, posteriormente dunque all'unione, una, del 6 luglio, da Pietro da Padova ai priori e frati di S. Anna e di S. Erasmo insieme, la seconda, dell'ultimo di dicembre, da Marino Trevisan, prete di S. Maria di Murano e vicario del pievano Andrea Gausoni, al priore di S. Anna, Giacomo, per il fitto del monastero di S. Erasmo [4].

Se ne può dedurre che ai due conventi di eremiti agostiniani, quello di S. Anna e S. Caterina, già individuato come brettinese, per costituire il quale uno dei frati dell'ordine acquista un terreno nel 1242, e quello di S. Maria di Nazareth, ritenuta fondazione giambonina, di cui si sa solo che già nel 1249 ottiene dal vescovo la prima pietra per la costruzione della chiesa, da cui la supposizione di una presenza in atto da qualche anno [5], se ne deve aggiungere un terzo, quello di S. Erasmo che nel 1253 dovendo anch'esso esistere da qualche tempo, è congiuntamente beneficiato, con gli altri due, di un lascito testamentario di un certo rilievo che li accomuna sotto il titolo di "fratres eremitani". Dato che i primi due sono da attribuirsi rispettivamente ai Brettinesi e ai Giambonini, si potrebbe proporre come pura ipotesi che S. Erasmo appartenesse ai Toscani che sarebbero così giunti a Venezia prima dell'unione del 1256. A conferma dell'attribuzione dei due primi conventi ai Brettinesi e ai Giambonini, si può avanzare qualche rilievo a proposito dei documenti iniziali ad essi relativi.

In quello dell'11 giugno 1242 in cui fra Giacomo da Fano è detto "de ordine heremitarum de Bramis" (che credo anch'io valga per "de Brettinis" o "de Brectinis") ed è investito "nomine ordinis sui" di una pezza di terra "in confinis Sancti Petri de Castello", zona ancora paludosa posta all'estremità della città, acquistata da Melania, vedova di Pietro "de Puteo", che l'avrebbe venduta al sopraddetto "domino fratre" e "in Dei et Christi nomine" per il modico prezzo di 26 denari veneti [6], in tale atto appunto il toponimico "de Fano" attribuito all'acquirente richiama esattamente la zona dove era collocato il primitivo eremo di S. Biagio di Brettino; d'altro lato, l'acquisto di una zona posta al limite della città risponde bene alla primitiva austerità e ritiratezza dei Brettinesi e insieme al loro progressivo accostarsi ai fedeli sanzionato il 24 settembre dell'anno dopo da Innocenzo IV che, con la Vota devotorum, ricordata precedentemente, concedeva ai frati sacerdoti di quell'ordine il ministero delle confessioni e della predicazione. Tale attività apostolica essi potranno esercitarla più adeguatamente in seguito quando, terminati i lavori di bonifica del terreno acquistato, otterranno anch'essi dal vescovo Pietro Pino (1235/36-1254) il permesso di costruire, sotto il titolo appunto delle Sante Anna e Caterina (poi, più brevemente, S. Anna), il loro convento, la chiesa e il cimitero che utilizzeranno fino al passaggio, come diremo, a S. Stefano [7].

Nell'altro documento invece, quello del maggio 1249, riguardante la benedizione della prima pietra da parte dello stesso vescovo Pietro Pino per i frati abitanti nell'isola di S. Maria di Nazareth, con le clausole annesse, in particolare il riconoscimento della giurisdizione episcopale, sembra si debba rilevare e il titolo della chiesa, quello di S. Maria, che trova rispondenza nell'oratorio fatto erigere a Butriolo dal beato Giovanni Bono e nella chiesa dei Giambonini a Padova, e l'accettazione della giurisdizione episcopale consueta in quei frati, soggetti, almeno fino all'ottobre 1249 (capitolo generale di Ferrara), al vescovo di Cesena. Anche questa fondazione, avvenuta certo qualche tempo prima del 1249, veniva a collocarsi, come quelle già ricordate della Terraferma veneta, sotto il generalato di fra Matteo da Modena che scadrà appunto nell'ottobre di quell'anno. Una prima conclusione è che comunque nel 1253, prima dell'unione del 1256, coesistono a Venezia o nelle vicinanze, secondo il testamento dello Ziani, tre conventi ritenuti tutti appartenenti "fratribus heremitanis", sotto il cui titolo potevano in quel momento essere compresi Brettinesi, giunti nel 1242, Giambonini, di certo anteriori al 1249, e altri, si può pensare ai Toscani, aggiuntisi prima del 1253. Questi ultimi avevano ottenuto l'uso di una chiesa preesistente, quella di S. Erasmo, mentre gli altri due ne stavano costruendo una propria. Non siamo a conoscenza per il momento, fino al 1256, di altra documentazione che li riguardi. È certo che per qualche tempo, anche oltre quella data, i tre conventi sono coesistiti.

Nel 1265 infatti, come riferito sopra, una quietanza viene rilasciata congiuntamente al priore e frati di S. Anna e di S. Erasmo, che dovevano aver stabilito tra loro una certa unità, e verso la fine dell'anno il priore di S. Anna, Giacomo, ne riceve un'altra dal vicario del pievano di Murano per S. Erasmo ormai dato in affitto e perciò non più abitato dai frati; in altro documento del 30 settembre 1288 le terre legate allo stesso S. Erasmo, con la chiesa, risultano ormai locate fin dall'agosto dallo stesso pievano, Andrea Gausoni, e dal clero di S. Maria di Murano, che ne dovevano essere rientrati in possesso, a Nicolò Minio di S. Angelo, zona in cui i frati di S. Anna si trasferiranno almeno dal 1292 [8].

Riassorbito il convento di S. Erasmo da quello di S. Anna, ormai appartenente all'ordine degli Eremiti di sant'Agostino, intorno al 1265, cosa è divenuto nel frattempo l'altro convento, quello di S. Maria di Nazareth? Certamente è in piena efficienza in quegli stessi anni e fino all'insediamento dei frati di S. Anna in S. Stefano. Lo dimostra il documento del 2 aprile 1261, ricordato sopra parlando di Padova, in cui il priore di quel convento, unitamente a due altri commissari, vende un terreno già appartenuto ad una certa Imiza e posto in Vallonga a fra Biagio da Cesena (probabilmente dalle ascendenze giambonite) procuratore del capitolo "Heremitanorum Sancte Marie de Nazareth de Veneciis" [9], e la presenza, come vedremo, del priore appunto dello stesso convento alla posa della prima pietra della chiesa di S. Stefano il 7 giugno 1294. Il convento sussisterà fino al 1436, quando, dopo alterne vicende, fu sostituito dal Lazzaretto vecchio, mentre il titolo della chiesa, con l'immagine della Madre di Dio già venerata presso gli Eremitani, passava nel 1649 alla nuova chiesa dei Carmelitani scalzi [10].

Il convento di S. Anna di Castello, divenuto nel frattempo il principale se non unico insediamento eremitano a Venezia, mostra di avere intanto acquisito una sua giusta collocazione nella società religiosa lagunare. Ne sono prova alcuni documenti finora rilevati che lo devono riguardare anche se si parla solo dei "frati eremitani di sant'Agostino". Li ricordiamo brevemente. Il 4 ottobre 1279 una certa Geraldina, nel suo testamento, sceglie come sepoltura il luogo "fratrum heremitarum sancti Augustini", destina 100 soldi dei piccoli per la sua sepoltura e 17 lire per mille messe da celebrare in suffragio della sua anima; lascia poi il letto e le sue suppellettili all'infermeria dei frati, un "circumbancum" per la sagrestia e, individualmente, 30 lire a fra Vilielmo suo "patrino... spirituali" per le sue esigenze e 20 lire per un calice ad uso, sembra, dello stesso [11].

Il 14 marzo 1284 il Maggior Consiglio accomuna i "fratres heremitani de Sancta Anna de Castello", dove dunque sono ancora presenti in quel momento, ai Minori e Predicatori nella sua elargizione di 20 soldi dei grossi annui e nell'esonero dal pagamento della metà del dazio [12]. Nel febbraio 1286, con un atto di notevole interesse, un uomo coniugato, Bartolomeo da Montebelluna, volendo entrare, per la remissione dei suoi peccati, "in ordinem seu religionem fratrum heremitanorum", rinuncia ad ogni diritto che aveva sulla moglie, la "domina" Tomasina, che fa altrettanto concedendo al marito licenza e libera facoltà di passare a detto ordine e ivi "Deo et eius obsequis deservire" [13].

Segni, tutti questi, di notevoli rapporti spirituali tra comunità eremitana e fedeli che ne frequentavano la chiesa e anche di riscontro a livello cittadino. In tali condizioni era normale che i frati di S. Anna cercassero una nuova sede trovandola nella contrada e parrocchia di S. Angelo e dedicandola a S. Stefano. Vi avrebbero già acquistate delle case allo scopo fin dal 1274 e vi sono certo già nel 1292, dato che il 12 dicembre di quell'anno Nicolò Basilio del fu "dominus" Marino di S. Giovanni Crisostomo, nel suo testamento scritto da Matteo de Crescentiis pievano di S. Sofia, destina 40 soldi per messe in suffragio della propria anima da versare "fratribus heremitanis Sancti Stephani" [14].

Lo afferma del resto anche l'atto del 1294 che documenta la posa della prima pietra della costruenda chiesa intitolata appunto a S. Stefano, della cui consacrazione, avvenuta solo tardivamente nel 1495 stiamo appunto celebrando il quinto centenario. In quell'atto del 7 giugno 1294, compiuto nella contrada di S. Angelo e nella parrocchia omonima, il vescovo di Castello Bartolomeo Querini 2° (1293-1303) [15], presente nel luogo in cui "morabantur" (dunque da qualche tempo) i "fratres heremitani ordinis sancti Augustini" che volevano edificarvi monastero e chiesa, dopo il consenso espresso in proposito dal pievano e dai chierici della detta chiesa di S. Angelo tramite atto apposito redatto dallo stesso notaio che stende quello presente ("Iohannes condam Raimondi Emenardi), benedice solennemente la prima pietra della chiesa che i frati volevano costruire ad onore di Dio e sotto il titolo del beato Stefano protomartire: seguirà la posa della stessa pietra benedetta, la messa solenne accompagnata da predica pubblica e da dichiarazioni del vescovo stesso a nome della Chiesa di Castello e del pievano e dei canonici (si dice ora) di quella di S. Angelo. Sono presenti all'atto il priore provinciale della Marca trevigiana fra Teodorico da Ferrara, fra Alberto da Bologna priore dell'altro convento, quello di S. Maria di Nazareth, della stessa diocesi, e molti altri frati appositamente riuniti [16].

 La precedente sede di S. Anna, monastero e chiesa, sarà posta in vendita dai frati con il consenso dello stesso vescovo Bartolomeo Querini 2° che chiese venisse ceduta a persona onesta, soggetta al suo vescovato e che, nel periodo interinale tra la vendita e la venuta degli acquirenti, il convento fosse abitato solo da quattro frati e dai loro inservienti. Lo acquisteranno delle monache benedettine e per loro firmerà il contratto di compravendita, il 4 agosto 1297, la badessa Maria Zotto. Ratificheranno l'accordo il vicario (vacante la carica di priore generale per la rinunzia di fra Simone da Pistoia) e i definitori del capitolo generale degli Eremitani tenuto a Milano il 2 giugno 1298. Le monache vi si insedieranno il 14 ottobre 1304, a pagamento avvenuto, prendendone però ufficialmente possesso all'inizio del 1305 alla presenza del vescovo di Castello il domenicano Ramberto Polo (1303-1309) e di fra Giovanni da Ascoli priore di S. Stefano, come risulta da un documento del 28 giugno dello stesso anno [17].

La definitiva sede di S. Stefano rimarrà in mano agli Eremitani fino alla soppressione napoleonica del 1810. La sua storia, specialmente architettonico-artistica, già trattata in passato [18], verrà illustrata dalle altre relazioni di questa giornata di studio. L'insediamento dei gruppi o ordini di eremiti agostiniani a Venezia ha così avuto una storia in parte unica per rapporto a quelli della Terraferma veneta. Qui soltanto si presentano i Brettinesi intorno al 1242, negli stessi anni in cui i Giambonini si affermano nella Marca trevigiana giungendo invece nella città lagunare solo poco prima del 1249, forse proprio a causa della presenza già affermata dei Brettinesi. Tra il 1242 e il 1253 ci troviamo di fronte a tre insediamenti contemporanei di eremiti agostiniani, tutti in zona periferica o insulare. Il terzo di essi, S. Erasmo, documentato per poco tempo, confluisce intorno al 1265, in seguito forse alla grande unione del 1256, in quello di S. Anna da cui deriverà prima del 1292, con suo conseguente abbandono, l'insediamento definitivo di S. Stefano che vedrà presente, alla posa della prima pietra del 1294, anche il priore di S. Maria di Nazareth che sopravvivrà, sempre più stentatamente (segno delle difficoltà insite, per una sede mendicante, nella sua collocazione insulare) fino ai primi decenni del secolo XV.

 

 

 

Note

 

(1) - F. SORELLI, I nuovi religiosi. Note sull'insediamento degli ordini mendicanti, in "La Chiesa di Venezia nei secoli XI-XIII", a cura di F. TONON, Venezia 1888, p. 140, e della stessa: Gli ordini mendicanti, in "Storia di Venezia dalle origini alla caduta della Serenissima", II. L'età del comune, Roma 1995, p. 907.

(2) - Per il documento relativo a S. Anna e S. Caterina la Sorelli rinvia a F. CORNER, Ecclesiae Venetae antiquis monumentis nunc primum editis illustratae ac in decades distributae, Venetiis 1749, d. VI, pp. 252-256, 261-266 (e vedere anche dello stesso: Notizie storiche delle chiese e monasteri di Venezia e di Torcello, introd. di U. STEFANUTTI, ristampa anast. dell'ediz. di Padova 1758, Bologna 1990, p. 105), rilevando appunto, nella nota 26 del suo secondo studio, che quale appartenenza di Giacomo da Fano si pensa alla congregazione brettinese, benchè susciti qualche perplessità l'espressione "de ordine eremitarum de Bramis" con cui il frate è designato nei due atti che lo riguardano stando alla lettura che (contrariamente al Corner che leggeva "de Brettinis") ne dà M. P. PEDANI, Monasteri di agostiniane a Venezia, "Archivio Veneto", ser. V, 125 (1985), p. 40. Per S. Maria di Nazareth, sempre la Sorelli rinvia al documento presente in CORNER, Ecclesiae Venetae, d. XII, pp. 298-300, 304-306 (e vedere anche dello stesso: Notizie storiche, p. 554).

(3) - Ad un "documento papale" non meglio specificato che porta questa denominazione non inclusiva, come sappiamo, di appartenenza all'uno o l'altro dei tre gruppi di eremiti agostiniani in questione, rinvia la SORELLI, Gli ordini mendicanti, nota 34, che lo dice riportato in una sentenza emessa dal vescovo di Castello in un atto del 19 gennaio 1239 (si dovrebbe perciò trattare di una lettera di Gregorio IX di cui però non vi è traccia nel POTTHAST) redatto dal notaio Antolino Pagano per il quale rinvia all'Archivio di Stato di Venezia, Procuratori di S. Marco, b. 116, Commissaria Darpo Ranieri. Su Domenico Franco, che sulla fine del secolo XII restaura S. Andrea di Ammiana e fonda S. Andrea del Lido e S. Eufemia, legati alla regola agostiniana, vedere RIGON, I vescovi veneziani nella svolta pastorale dei secoli XII e XIII, in "La Chiesa di Venezia", p. 39, che, alla nota 50, rinvia per tali fondazioni ad ANDREAE DANDULI, Chronica per extensum descripta, a cura di E. PASTORELLO, in "Rerum Italicarum scriptores", XII/1, Bologna 1939, pp. 269 e 275, e anche CORNER, Notizie storiche, pp. 60-61, 668-669. Altra fondazione talvolta attribuita agli eremiti agostiniani, e per la quale vale a maggior ragione quanto osservato sopra, è quella di S. Maria della misericordia o di Valverde, priorato "dell'ordine di Sant'Agostino", dice in senso vago il CORNER, Notizie storiche, pp. 337-339.

(4) - Per il lascito dello Ziani, la SORELLI, ibid., nota 31, rinvia a S. BORSARI, Una famiglia veneziana del medioevo: gli Ziani, "Archivio Vcneto", ser. V, 110 (1978), p. 67, e anche a I. FEES, Reichtum und Macht in mitellaterlichen Venedig. Die Familie Ziani, Tübingen 1988, n° 145, p. 220, dove si dice segnalata un'altra attestazione del 1256; i due atti del 1256 sono indicati dalla Sorelli (che dice di averli individuati, con altri da lei utilizzati, tramite lo spoglio dei regesti dattiloscritti della raccolta di Luigi Lanfranchi esistente presso la Soprintendenza archivistica per la Venezia) come presenti all'Archivio di Stato di Venezia, S. Anna di Castello, b. 1 pergamene. Su S. Erasmo, vedere anche CORNER, Notizie storiche, p. 666.

(5) - I due insediamenti erano già stati attribuiti ai Brettinesi, il primo, ai Giambonini, il secondo, da ROTH, Cardinal Richard Annibaldi, Appendix 1-2, The Houses of the Augustinian Order before the Great Union (citato sopra alla nota 79), p. 307, 313.

(6) - Per S. Anna, oltre alle due opere del Corner citate sopra alla nota 129, vedere in particolare O. BATTISTON, Tre monasteri scomparsi a Venezia. Sestiere di Castello (S. Daniele, S. Maria delle Vergini, S. Anna), Venezia 1991, p. 39, dove fa anche notare che i giudici dell'Esaminador concessero ai religiosi il possesso del terreno "sine proprio" alla data stessa di quel 11 giugno e "ad proprium" il successivo 24 agosto; inoltre, per la sua collocazione: E. CROUZET-PAVAN, "sopra le acque salse". Espaces, pouvoir et société à Venise à la fin du moyen age, I, préface de P. TOUBERT, Roma 1992, p. 110.

(7) - Vedere BATTISTON, ibid., pp. 39-40, e anche CORNER, Notizie storiche, p. 106. Su Pietro Pino, l'episcopato veneziano e gli ordini mendicanti, vedere A. RIGON, I vescovi veneziani nella svolta pastorale dei secoli XII e XIII, in La chiesa di Venezia nei secoli XI-XIII, Venezia 1988, pp. 36-40.

(8) - Per le due quietanze, cfr. precedente nota 131; per l'atto del 30 settembre 1288: SORELLI, Gli ordini mendicanti, p. 924 nota 32, dove rinvia all'Archivio di Stato di Padova, Pergamene diverse, mazzo 16, n. 340.

(9) - Vedere precedente nota 118.

(10) - Secondo CORNER, Notizie storiche, pp. 554-556, risulta che nel 1421 vi dimorasse solo il priore Gabriele Garofoli da Spoleto cui si uniranno quattro chierici desiderosi di vita spirituale, tra i quali Andrea Bondumiero poi patriarca di Venezia e Filippo Paruta eletto poi arcivescovo di Candia, ma che in seguito, scoppiata una epidemia di peste, il luogo era stato assegnato, dato il suo isolamento, a ospitale per i miserabili obbligando il gruppo del Garofoli a trasferirsi in successive sedi configurandosi come comunità di canonici regolari, mentre il Garofoli stesso finiva per rientrare tra gli Eremitani; soppresso il convento da Eugenio IV nel giugno 1436 e destinato definitivamente a ospedale per i viandanti provenienti dall'oriente, detto Lazzaretto vecchio, avrebbe assunto il titolo di S. Maria stella del cielo, mentre quello di S. Maria di Nazareth, legato anche ad una immagine della Madonna ivi venerata, passava alla chiesa costruita nel 1649 dai Carmelitani scalzi in parrocchia S. Lucia alla quale le monache di S. Anna avevano donato, perchè vi fosse maggiormente venerata, la detta immagine lasciata loro dagli Eremitani al momento dell'abbandono della sede appunto di S. Maria di Nazareth. L'isola comunque dove verrà collocato il Lazzaretto porterà ancora in seguito il primitivo toponimo di S. Maria di Nazareth: cfr. CROUZET-PAVAN, "Sopra le acque salse", pp. 761, 804.

(11) - Archivio di Stato di Venezia, S. Stefano, busta 3.

(12) - In proposito: SORELLI, I nuovi religiosi, p. 141, dove, alla relativa nota 44, rinvia alle Deliberazioni del Maggior Consiglio di Venezia, per cura di R. CESSI, III, Bologna 1934, n° 6, p. 62; vedere anche: CORNER, Ecclesiae Venetae, d. VI, p. 254, e Notizie storiche, p. 106, e BATTISTON, Tre monasteri scomparsi, p. 39.

(13) - Archivio di Stato di Venezia, S. Stefano, busta 3.

(14) - Vedere CORNER, Notizie storiche, pp. 239-240.

(15) - Su Bartolomeo Querini 2°, vescovo di Novara dal 8 gennaio 1303, passato a Trento l'anno dopo e morto il 23 aprile 1307, vedere M. P. PEDANI, Cronotassi dei patriarchi di Grado, di Venezia e dei vescovi delle diocesi lagunari, in "La Chiesa di Venezia tra medioevo ed età moderna", a cura di G. VIAN, Venezia 1989, pp. 237e 242, nota 18.

(16) - Edizione dell'atto in CORNER, Ecclesiae Venetae, d. XII, p. 305, e cfr. dello stesso Notizie storiche, pp. 239-240.

(17) - CORNER, Ecclesiae Venetae, d. VI, pp. 254, 265-266, e dd. XIV-XVI, I, pp. 305-307, 313, e anche Notizie storiche, pp. 106-107, e BATTISTON, Tre monasteri scomparsi, p. 40. Per il documento del capitolo generale la SORELLI, Gli ordini mendicanti, p. 924 nota 28, rinvia all'Archivio di Stato di Venezia, S. Anna di Castello, b. 1 pergamene.

(18) - In proposito: CORNER, Notizie storiche, pp. 239-241; F. APOLLONIO, La chiesa e il convento di S. Stefano in Venezia. Memoria, Venezia 1911; A. NIERO, Chiesa di S. Stefano in Venezia, Padova 1978.