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Chiesa di santa Eufemia a Verona
FORMAZIONE DEGLI EREMITI DI SANT'AGOSTINO E LORO INSEDIAMENTI NELLA TERRAFERMA VENETA E A VENEZIA
di Franco dal Pino
in Gli Agostiniani a Venezia e la Chiesa di santo Stefano (Atti della Giornata di Studio nel V Centenario della Dedicazione della Chiesa di Santo Stefano - Venezia 10 novembre 1995)
- ISTITUTO VENETO DI SCIENZE LETTERE ED ARTI
- Venezia 1997
INSEDIAMENTI DI EREMITI AGOSTINIANI NELLA TERRAFERMA VENETA
VERONA
Anche la venuta degli Eremitani a Verona va fatta risalire anteriormente al documento del 14 gennaio 1243, tratto e trascritto da Ludovico Perini dall'archivio di S. Salvatore di Corte regia, pubblicato poi dal Biancolini e da lui ritenuto data d'inizio della chiesa di S. Agostino a Verona. In tale documento Guidone, arciprete della chiesa di S. Giovanni in Valle, dona a fra Adobello o Dobello - che risulterà poi provinciale di Romagna - priore dei frati eremitani dimoranti (dunque giunti da tempo) in Verona "de Ordine fratris Çaneboni de Cesena", dunque Giambonini, che riceve a nome del convento appunto degli Eremitani "qui vulgariter dicuntur a bosco predicti Ordinis", un pezzo di terra posto fuori della porta del Vescovo, nel luogo detto Battilorco, per costruirvi un "locum ... religiosum" di quell'Ordine; gli si riconosce l'esenzione da decime e da esazioni civili e canoniche, eccetto l'obbligo di pagare alla pieve annualmente, per il giorno di sant'Agostino, una libbra d'incenso [1].
Ammessa in questo caso l'identità tra Giambonini e detti frati, vi è da rilevare che dei "fratres de busco" (segno ancora di un insediamento iniziale di tipo eremitico-comunitario?), posti nella località suburbana di S. Massimo, sono già ricordati in testamenti del 22 settembre 1240 e del 22 novembre 1241 [2], e che essi verranno identificati con i frati eremiti "qui vulgariter dicuntur a bosco", dello stesso ordine di fra Zanbono di Cesena, in un altro documento di donazione del 9 novembre 1242, sconosciuto al Brancolini, in cui il prete Vito de fu Girardo Buçe investe il già citato fra Dobello, anche qui "priorem conventus Verone de ordine fratris Çaneboni de Çesena", di una pezza di terra posta fuori della porta del Vescovo, nel luogo detto appunto Battilorco o Batiorco di Montorio, a patto che il detto priore e i suoi frati ne usino per edificarvi, come si era detto a Treviso, un "locum illius ordinis religiosum" [3].
Sarà su questo terreno donato dal prete Vito, che lo stralcia dai suoi possedimenti, e con la concessione dell'arciprete di S. Giovanni in Valle, ambedue rappresentanti del clero locale, che i frati, già presenti da alcuni anni sul posto, costruiranno la loro prima chiesa intitolata a S. Agostino, essendo vescovo di Verona Jacopo da Breganze (l225-1252/53). Quando essi, il 29 settembre 1244, si riuniranno per eleggere un procuratore nella persona del notaio Montenario di Magnano, il priore Zambono (omonimo del fondatore?) presiede una comunità di dieci frati ed è detto "prior ecclesie et conventus sancti Augustini de ordine fratrum heremitorum" (non più "di fra Giovanni Bono"): la chiesa è dunque già allora in qualche modo esistente ed è intitolata al santo la cui regola i Giambonini avevano adottata da tempo [4].
Una prima donazione effettuata in loro favore nello stesso 1244 da una certa Catelina, dovrà essere poi restituita dai frati all'orefice Isuardino verso cui la donna era debitrice [5]. Qualche anno dopo, nel 1250, il prete Vito, che è ancora in rapporto con i frati dei quali è confinante, ottiene il 4 aprile dal priore Martino e da alcuni frati che rappresentano la comunità di S. Agostino collocata "extra portam Episcopi", la restituzione di una piccola porzione di terreno che gli avrebbe permesso di accedere alla sua proprietà [6].
Forse egli prestava servizio sacerdotale presso la nuova chiesa in appoggio alla comunità dei frati che non doveva contare ancora molti sacerdoti: in un atto capitolare del 13 ottobre 1255, fra Ambrosio, già presente in quello del 29 settembre 1244 e dunque rimasto a Verona con una certa stabilità, è evidenziato come "presbiter" e il suo nome appare immediatamente dopo quello del priore; il 18 ottobre 1255 la comunità consta ancora di dieci frati dei quali è priore fra Adelardo, anch'egli già ivi di comunità dal 1244 [7]. In un ultimo atto anteriore all'unione del 1256, i frati, riuniti il 17 ottobre 1255 sotto il portico "domus ecclesie Sancti Augustini", eleggono un procuratore laico perchè entri in possesso, a loro nome, di una terra con olivi posta nella pertinenza di Albizzano, lasciata loro per testamento dalla "quandam Aldixe filia quondam Blanchi sartoris uxore Buiamontis filii domini Bucerini", che rappresentano dunque il ceto medio e quello nobiliare; il procuratore era incaricato di raccogliere le olive e di vendere poi l'appezzamento [8], non tanto forse per bisogno di denaro contante quanto per attenersi all'impegno di povertà che avvicinava i Giambonini ai Minori e che sarebbe prevalso temporaneamente al momento dell'unione ormai prossima.
Questa, effettuata come detto da Alessandro IV nell'aprile 1256 e che comprendeva inizialmente anche i Guglielmiti, avrà probabilmente come effetto a Verona di far confluire nella comunità di S. Agostino, già dei Giambonini, quella appunto degli Eremiti di san Guglielmo i cui membri avevano iniziato la costruzione di una chiesa in onore del loro santo fondatore fuori porta S. Stefano per la cui costruzione avevano ottenuto il 3 agosto 1230 (dunque assai prima della venuta dei Giambonini), dal patriarca d'Aquileia Bertoldo (1218-1251), una lettera d'indulgenza della quale però non rimane traccia: segno di questa fusione può essere un altare dedicato appunto a San Guglielmo presente nella futura chiesa di S. Eufemia almeno dal 1286 [9]. Dopo la grande unione e con il favore che questa assicurava ad un ordine che unitariamente veniva a collocarsi immediatamente dopo Predicatori e Minori, divenne normale anche a Verona, da parte degli "Eremiti di sant'Agostino" l'abbandono del primitivo collocamento suburbano e il trasferimento in area cittadina dove, tra il 1259 e il 1262, i Minori avevano sostituito i Benedettini a S. Fermo maggiore e i Predicatori si erano insediati a S. Anastasia [10].
Motivi di trasferimento possono essere stati l'angustia e l'insicurezza del luogo primitivo e le poche possibilità economiche da esso offerte, le pretese avanzate nel 1260 dalla pieve di S. Giovanni in Valle, evidentemente ora meno amica, anche se respinte dal vicario del vescovo Manfredo Roberti (1260-1268), assente per l'opposizione del clero locale, con atto del 14 aprile 1261 [11], la morte di Ezzelino III nell'ottobre 1259 e l'elezione di Mastino della Scala a "potestas populi" di Verona, favorevole ai Mendicanti. Vi è inoltre da tenere presente l'impostazione spiccatamente apostolica assunta dal nuovo ordine degli Eremitani e il favore verso gli studi mostrato dal loro priore generale fra Lanfranco che già nel 1259 aveva dotato l'Ordine di una casa a Parigi per giovani studenti [12].
Favorirà tale inurbanesimo degli Eremitani il già nominato vescovo della città Manfredo che, su richiesta dei frati, il 2 giugno 1262, da Viterbo (dove il 29 agosto 1261 era stato eletto Urbano IV), scriveva al suo vicario maestro Della Corra la lettera Commissa nobis in cui, considerando il luogo fin allora posseduto dai frati a Verona "multipliciter ineptus", lo incaricava di conceder loro la "ecclesiam Sancte Euphemie iuxta Athesim Verone positam", con case e orti di sua pertinenza, per edificarvi un proprio cenobio o, eventualmente, altra zona congrua ponendovi la prima pietra benedetta a nome del vescovo stesso, mandato che verrà eseguito dal vicario il 12 luglio dello stesso anno [13]. Ne seguiranno alcuni atti significativi relazionati al passaggio della chiesa di S. Eufemia agli Eremitani. La consegna prima di tutto della chiesa stessa da parte del chierico Zeno a fra Noraldino priore dei frati di S. Agostino dell'Ordine degli Eremitani effettuata il 16 settembre 1265, festa appunto della titolare della chiesa, dopo un confronto formulato, con triplice interrogazione e risposta, da "frater Michael presbiter sancti Augustini de Ordine fratrum Heremitarum" nella detta chiesa "coram clericis et laicis et populo" e a numerosi e qualificati testimoni, circa la convenienza o meno, a loro parere, che i frati si stabilissero in quella chiesa dato che non pochi "scandalizzati erant" per questo nuovo insediamento (a causa dell'imposizione fatta al clero di S. Eufemia di consegnarla ai frati o dello spostamento stesso di questi da un luogo suburbano ad uno più centrale?), e dopo che lo stesso fra Michele aveva celebrato solennemente con i frati (ricordare il tentativo fatto in tal senso a Treviso) una "missa cum predicatione" con evidente consenso di uomini e donne ivi presenti; ne seguirà qualche giorno dopo, il 21 settembre, l'immissione dello stesso priore degli Eremitani, fra Norandino, da parte del vicario vescovile, per autorità concessagli dal vescovo eletto Manfredi, "in tenutam et corporalem possessionem" della chiesa con case e orti ad essa appartenenti, che avrebbero costituito il primo nucleo dell'edificio conventuale [14].
Le limitate dimensioni della chiesa loro trasmessa e il suo stato fatiscente spingeranno presto i frati (che ne rileveranno appunto la parvitas e la vetustas) a progettare un edificio da costruire "de novo" nell'ambito perimetrale del loro attuale insediamento. Ne otterranno la concessione prima l'8 novembre 1265 dal vescovo Manfredo che incaricava il suo vicario Della Corra a porre la prima pietra, poi di nuovo, a distanza di quasi dieci anni, per evidente inadempimento del precedente mandato, da Guglielmo, vescovo di Ferrara e legato apostolico, che passava l'incarico all'arciprete della cattedrale Bonincontro che, il "die dominico septimo exeunte septembris" del 1275, porrà il "lapidem sanctificatum et benedictum primarium ad... constructionem ecclesie nove beate Heuphemie" nella zona dell'abside maggiore [15].
Da qui prenderà sviluppo il nuovo e definitivo insediamento degli Eremitani a Verona la cui storia, del resto sufficientemente studiata [16], ci porterebbe ben oltre il periodo iniziale che ci siamo proposti di documentare. A Verona dunque l'insediamento giambonino, identificato con quello dei frati detti "a bosco", parte pure da una zona suburbana in cui appaiono presenti fin dal 1240-41 e che, attraverso donazioni di terreni da parte di membri del clero locale effettuati nel 1242-1243, dà luogo ad un primo loro collocamento con chiesa, forse provvisoria, che porta il titolo di S. Agostino. Vi dimoreranno, come a Treviso, una ventina d'anni conglobando, al momento dell'unione, la locale comunità dei Guglielmiti che avevano pure iniziata la costruzione di una chiesa dedicata al loro fondatore, per poi passare in area cittadina favoriti dalla donazione da parte del vescovo, della chiesa di S. Eufemia, della quale conserveranno il titolo anche nella sua ricostruzione.
Note
(1) - G. BIANCOLINI, Notizie storiche delle chiese di Verona, II, Verona 1749 (ediz. anastatica, Bologna 1977), pp. 499-503; sui Guglielmiti, ibid., p. 500.
(2) - Archivio di Stato di Verona, Archivi trasferiti dall'Archivio di Stato di Venezia nel 1964, S. Leonardo in Monte, b. 23, n° 99, perg. 19 (22 settembre 1240), e Esposti, perg. 300 (22 novembre 1241): cfr. DE SANDRE, La vita religiosa, p. 80, nota 27.
(3) - M. BIASI, Il convento di S. Eufemia dalle origini al XIV secolo, tesi di laurea presso l'Università degli Studi di Padova, Facoltà di Lettere e Filosofia (rel. P. Sambin), anno acc. 1967/68, p. 10-13 e doc. n° 3 (ringrazio anche la dott. Biasi per avermi cortesemente permesso di utilizzare il suo lavoro), e cfr. DE SANDRE, ibid., p. 80 nota 27. Il titolo di "fratres a busco" persisterà ancora in un atto del 1263, dopo cioè la grande unione e quando i frati si saranno stabiliti a S. Eufemia: BIASI, ibid., doc. 10.
(4) - IDEM, ibid., pp. 14-15.
(5) - IDEM, ibid., pp. 15-17.
(6) - IDEM, ibid., pp. 17-18, doc. n. 5.
(7) - IDEM, ibid., pp. 18-19.
(8) - IDEM, ibid., p. 20, doc. n° 6.
(9) - BIANCOLINI, Notizie storiche, II, p. 500, e BIASI, ibid., p. 21.
(10) - Vedi in DE SANDRE, La vita religiosa, p. 61, la cartina delle fondazioni mendicanti a Verona.
(11) - BIASI, Il convento di S. Eufemia, pp. 23-24, doc. n. 7.
(12) - IDEM, ibid., pp. 24-26, e GUTIERREZ, Gli Agostiniani nel medioevo, pp. 242-244.
(13) - La lettera episcopale è riferita in un atto del vicario del 12 luglio 1262 in cui si concede a fra Fino Burri, priore degli Eremitani, la detta chiesa di S. Eufemia: ed. in BIANCOLINI, Notizie storiche, II, pp. 505-506, e cfr. BIASI, ibid., p. 28, e N. ZANOLLI GEMI, Sant'Eufemia. Storia di una chiesa e del suo convento a Verona, presentazione di R. CHIARELLI, Verona 1991, pp. 17-18 (p. 11, 14, collocazione della chiesa all'interno della città romana, non lontano dalla porta dei Borsari, al centro di una contrada popolosa).
(14) - Edizione dei due atti in BIANCOLINI, ibid., pp. 507-509, 509-510, e vedere ZANOLLI GEMI, ibid., p. 18.
(15) - Edizione dell'atto, con inclusa la lettera di Guglielmo, in BIANCOLINI, ibid., pp. 510-511, che offre la datazione sopra indicata, mentre ZANOLLI GEMI, ibid., p. 20, parla del 7 agosto 1275.
(16) - Vedere in proposito, oltre la parte del lavoro della Meneghetti per gli anni tra il 1265 e il 1348, BIANCOLINI, ibid., pp. 511-512; ZANOLLI GEMI, ibid., pp. 11-38 fino al secolo XV; G. DE SANDRE GASPARINI, Istituzioni ecclesiastiche, religiose e assistenziali nella Verona scaligera tra potere signorile e società, in "Gli Scaligeri 1277-1387", a cura di G. M. VARANINI, Verona 1987, pp. 397-400, nel contesto della presenza mendicante in città in quel periodo, e nello stesso volume, p. 451, notizia di F. Segala sulla traslazione dei due beati eremitani Evangelista e Pellegrino da S. Agostino a S. Eufemia, e, a pp. 479-480, di M. Ruffo su di una confraternita esistente almeno dal 1265 presso la stessa chiesa e istituita a onore di Sant'Agostino e dei due beati.