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Lubin: Orbis Augustinianus sive conventuum ordinis eremitarum

Stampa di Lubin: mappa dei conventi agostiniani nella Terra del Lavoro di Napoli

Provincia della Terra di Lavoro a Napoli: insediamenti agostiniani nel 1659

 

 

ORBIS AUGUSTINIANUS

Sive CONVENTUUM ORDINIS EREMITARUM SANCTI AUGUSTINI

Chorographica et Topographica descriptio

Autore R. ADM. P. AUGUSTINO LUBIN

totius eiusdem Ordinis Chorographo ac Christianissimi Galliarum regis Corographo ordinario.

Parisii Apud PETRUM BAUDOVYN propre Magnum Conventum Sancti Augustini

sub insigne Divi Augustini

1659

 

 

 

 

PROVINCIA TERRAE LABORIS sive NEAPOLITANA

Ordinis Eremitarum Sancti Augustini

 

 

 

 

* Terras Laboris

Acerranus

Arenella

Argentinus

Aversanus

Baranensis

Bellonensis

Boschensis

Casertanus

Castromarcensis

Forianus

Isclanus

Margonensis

Massensis

Montis Rotundj

Neapolitanus quinque

Nolanus

Orsolanus

Panzanus Granianensis

Pratensis

Riardinus

Theanensis

Turris Annunciatae

Vairanensis

Venafranus

 

 

 

* Principatus Citerior

Campaniensis

Dianensis

Laurinensis

Lavianensis

Litterensis

Mitiurensis

Nocerinus

Orijnus

Padulanus

Prutianensis

Pulcinensis

Rouellensis

Salernitanus

Sancta Maria Annunciata

Sancti Severini

Trimaniensis

 

 

 

* Principatus Ulterior

Abbellinensis

Arpadiensis

Beneventanus

Bovianensis

Campobassanus

Candidensis

Laurentij

Laurinus

Montis Aurej

Ricciardis

Sancti Georgij

Solofranus

Sorbensis

 

 

 

* Basilicata

Pescopaganensis

Porciliensis

Prutianensis

 

 

 

Il primo insediamento agostiniano in Campania è solitamente fatto risalire all'approdo di S. Gaudioso e di altri vescovi sulle rive napoletane, dopo essere stati scacciati dall'Africa dai Vandali, nel V secolo. Il primo convento agostiniano fondato dai suddetti chierici fu forse il Niridano, cui seguì quello di S. Severino sul Casto Lucullano. Nel IX secolo sorsero molti monasteri appartenenti all'Ordine, grazie all'intervento dei duchi di Benevento che promossero anche l'ampliamento di quelli già esistenti. E' difficile seguire la storia degli Eremitani in Campania, poiché inizialmente era molta diffusa l'usanza di passare da un convento ad un altro, anche appartenenti a regole diverse. La fondazione della provincia napoletana era fatta risalire dal P. Cherubini Caiazzo al 1270, mentre nel Dizionario degli Istituti di Perfezione si legge che essa fu originata dalla divisione della provincia del Regno o Puglia nel 1324.

Per volere di re Carlo I d'Angiò, venne costruito il convento di S. Agostino alla Zecca, la chiesa dell'Ordine più importante del Regno, al posto di un cenobio basiliano ormai in rovina. I lavori continuarono durante il regno di Carlo II e furono completati durante quello di Roberto, nel 1314. Nel 1287 vi fu fondato uno studio generale dell'Ordine agostiniano. La chiesa subì molte modifiche e, dopo la soppressione del 1865, venne quasi completamente distrutta a causa dei lavori di Risanamento. Attualmente è chiusa e non si hanno notizie delle opere figurative medievali che vi erano conservate. La sola chiesa del territorio in cui sono ancora visibili opere del Medioevo che hanno per soggetto storie di frati agostiniani è S. Giovanni a Carbonara a Napoli. Essa venne fondata durante il regno di Roberto III d'Angiò, grazie alle donazioni di Gualtiero Capace Galeota, alla metà del XIV secolo.

Nella chiesa si può ammirare il mausoleo che la regina Giovanna fece realizzare in onore di suo fratello Ladislao di Durazzo, nelle ante laterali del quale, Leonardo da Besozzo dipinse il Battista e S. Agostino in abito vescovile, al di sotto del quale si distingue il saio nero agostiniano. Dello stesso autore è l'affresco della lunetta del portale d'ingresso, in cui sono raffigurati il vescovo d'Ippona e S. Nicola da Tolentino, sul cui petto risplende la stella, a memoria dell'episodio che fece presagire la sua santità. Alle spalle del mausoleo di Ladislao c'è la cappella di Ser Gianni Caracciolo del Sole, in cui Perinetto da Benevento nella prima metà del secolo XV affrescò storie eremitiche divise in sei scomparti, in ognuno dei quali sono raffigurate più scene non collegate fra loro.

Il primo di essi pare dedicato a S. Antonio abate; anche se i tre frati raffigurati non hanno la stessa fisionomia, sembrano tutti riferirsi agli episodi della vita dell'eremita, il quale era solito lavorare la paglia, camminare appoggiato ad un bastone e venne più volte molestato dal demonio. Nel secondo riquadro sembrano riconoscibili S. Girolamo, individuabile grazie al leone carico di legna che lo accompagna, e S. Antonio abate, portato in barella da due confratelli, probabilmente dopo essere stato picchiato dal demonio, ed ancora il Santo abate che si appresta a lavorare la paglia.

La prima parte dello scomparto successivo mostra un frate seduto in terra che benedice un leone che gli si avvicina, sotto lo sguardo meravigliato di due eremiti. La scena potrebbe riferirsi all'episodio della guarigione dell'animale, che aveva una spina conficcata nella zampa, da parte di S. Girolamo, ma bisogna segnalare che la figura del leone oggi risulta poco leggibile e quindi sarebbe forse il caso di prestare fede a quanto scriveva il Filangieri di Candida, quando nel 1923 descrisse l'immagine in oggetto indicandola come l'esorcismo di un mostro tricefalo compiuto da S. Antonio abate. Segue, poi, il ritrovamento da parte di quest'ultimo del cadavere di S. Paolo eremita, colto dalla morte mentre pregava genuflesso. Infine si vede ancora S. Antonio che, per sfuggire alle tentazioni demoniache, è salito su di un albero dove è soccorso da un angelo.

Nella prima riquadratura della parete opposta sono ancora raffigurate le storie di S. Paolo e di S. Antonio: il seppellimento del primo grazie al miracoloso intervento di due leoni ed altre tre scene dedicate al secondo, fra cui l'incontro con il satiro. Nel penultimo riquadro è affrescato un angelo sulla soglia di un castello, che invita un gruppo di eremiti ad entrare e, separati da alberi, ci sono altre due scene: due agostiniani che suonano insieme ad un angelo ed un frate che prega con le braccia levate al cielo. Più articolata è la scena dipinta nell'ultimo scomparto, che raffigura un gruppo di frati intenti alla costruzione di una fabbrica, mentre, in un angolo, si scorgono altri agostiniani seduti ad ascoltare gli insegnamenti di un eremita più anziano, seduto di fronte ad essi. Anch'egli forse è identificabile con S. Antonio abate, che era solito mettere in guardia i confratelli dalle insidie del demonio.

All'interno della chiesa c'è una cappella dedicata a S. Nicola da Tolentino. L'immagine centrale del santo divide dodici piccoli scomparti in cui sono raffigurati i miracoli che egli compì in vita e post mortem. Non tutti sono però leggibili a causa della caduta della superficie pittorica. Le scene visibili raffigurano i seguenti interventi miracolosi di Niccolò: la guarigione di una bambina; il salvataggio di un bambino caduto in una fornace; la liberazione di un'ossessa; la restituzione della vista ad un ragazzo; la salvazione delle anime purganti e di quella di Fra Pellegrino; infine, l'elemosina offerta da una nobile coppia in segno di gratitudine per aver ricevuto una grazia dal Santo.

[testo da Ilaria Musella della Università di Napoli]

 

Questa provincia, chiamata Terra del Lavoro, ebbe una grande espansione tra il 1517 e il 1620. Nel 1621 aveva 52 conventi e nel 1652 ne aveva già 71. La la riforma innocenziana tuttavia privò la Provincia di 44 piccoli conventi. Al suo interno si svilupparono due congregazioni d'osservanza: quella di san Giovanni a Carbonara e quella di Colorito. Nel Seicento i conventi principali erano quelli di S. Agostino "alla Zecca" di Napoli e quello di Buccino. A questa Provincia appartenne P. Fulgenzio Bellelli (1677-1742), priore generale dal 1726 al 1733, e grande teologo. Nel 1761 fu terminata la monumentale chiesa di S. Agostino di Napoli, opera dell'architetto agostiniano P. Giuseppe de Vita. L'arrivo dei francesi ne decretò la soppressione nel 1809, quando esistevano ancora 21 case. Nel 1818 un concordato tra la Sante Sede e il Regno delle Due Sicilie permise il ritorno della vita religiosa. Nel 1820 vennero recuperati vari conventi, quello di S. Agostino di Napoli e quelli di Peduccio, Gravina, Buccino, Lacco Ameno (Ischia) e Giovinazzo. A questi si aggiunse quello di Bisceglie nel 1822, poco dopo quello de L'Aquila e, nel 1832, quello di Benevento.

La provincia stabilì il noviziato a Giovinazzo e le case di studio di L'Aquila e Buccino. Dopo l'arrivo delle truppe piemontesi. la provincia celebrò il suo primo capitolo provinciale nel 1886. Poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1947, il priore generale P. Giuseppe A. Hickey (1946-1953), unì la Congregazione di S. Giovanni a Carbonara, formata allora da quattro conventi e 26 religiosi, alla provincia napoletana. Nel 1950 la provincia di Napoli contava 12 conventi e 70 religiosi, di cui 47 sacerdoti, 5 professi e 18 fratelli laici. Nel 1994 la provincia aveva otto comunità: il convento del Buon Consiglio di Napoli, che era la sede del priore provinciale, gli storici conventi di S. Agostino e S. Maria del Soccorso di Napoli e altri in Andria, Benevento, Cassano delle Murge, Cusano Mutri e Noicattaro e il numero dei religiosi scese a 37. Nel capitolo generale celebrato a Roma nel 1966 la provincia venne fusa con le altre nella nuova provincia d'Italia.