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La statua di sant'Agostino ad Abbasanta
LA PROVINCIA AGOSTINIANA DI SARDEGNA DAL XVII AL XIX SECOLO: CENNI STORICI
di Lino Neccia
da Analecta Augustiniana, LXIV (2001), pp. 179-268
IL REGALE CONVENTO DI S. LEONARDO INTRA MUROS DI CAGLIARI
Edificato nell'ultimo quarto del XVI sec. il convento di S. Leonardo, o di S. Agostino nuovo, come venne presto denominato, fu inaugurato ai primi del Seicento; come già osservato in precedenza, divenne sede del priore provinciale, centro di formazione e primo convento per grandezza, per importanza, per numero di religiosi, per le attività pastorali e per i beni artistici che lo arricchirono.
Il titolo di "regalis conventus" gli deriva, com'è ovvio, dall'essere stato voluto e finanziato nella sua costruzione dal re Filippo II di Spagna: "In luogo della vecchia fu costruita una nuova chiesa a S. Agostino, entro la muraglia spagnola della Lapola, a spese del re Filippo II. Seguendo la politica culturale artistica del tempo, in contrapposizione alle forme gotiche tradizionali, ritenute troppo popolari e prive di segno del potere, si impose per questo edificio, come per altri, la forma classicista.
In quel tempo si davano la mano il razionalismo manieristico voluto dalla nuova egemonia culturale di impero spagnolo e di chiesa cattolica "romana". (...) Il nuovo S. Agostino fu collocato presso il bastione omonimo, lungo la via di S. Leonardo (poi di S. Agostino, e ora via Baylle).
Il gusto era quello che, sulla fine del '500, nella stessa Cagliari trovava esemplari manifestazioni (come scrive R. Senna) nella distrutta chiesa del Carmine e nella Cappella del Rosario in S. Domenico. Un clima "rinascimentale" che sostituiva il rigore e la razionalità dei volumi alla luce gotica, senza peraltro negare del tutto certi arcaismi tradizionali. A S. Agostino, osserva sempre la Serra, i costruttori che lo realizzarono seguirono un più deciso accento classico, sul modello aulico. Fu messa in essere una costruzione di pianta a croce greca con volte a botte percorse da archi traversi, in una lontana reminiscenza del S. Saturno. R. Delogu e R. Serra pensano addirittura a derivazioni della chiesa dallo schema allora presentato dal S. Saturno, come lo descrive l'Esquirro, prima che le parti laterali fossero demolite per usarne la pietra nella ristrutturazione della Cattedrale, opera del genovese Spotorno, del 1674. A S. Saturno sono state avvicinate anche le scuffie di raccordo della cupola di S. Agostino (con voltine coniche anziché cilindriche).
La cifra classicista si dimostra soprattutto nella lineare e proporzionata calotta della cupola, risolta come nel S. Eligio degli Orefici di Raffaello. L'intonazione decisamente classica emerge inoltre nei dentelli, nelle trabeazioni, nei timpani dell'incorniciatura delle nicchie, con reminiscenze "palladiane". Classico è infine il cassettonato della volta del presbiterio, simile a quello della cappella del Rosario a S. Domenico e del Cappellone della Vergine del Carmine nella distrutta chiesa omonima, opera di Gaspare e Michele Barrai. Sono forme ornamentali d'arte tra ‘500 e ‘600, caratteristiche del periodo controriformistico che se hanno legami con la Spagna dalla quale giunsero per così dire le istruzioni politiche e canoniche, hanno pure rapporto col territorio italiano donde veniva la sostanziale ispirazione di radice".
Sempre a proposito dell'architettura della chiesa, la dott. ssa Renata Serra la definisce "l'unica architettura isolana del Cinquecento interamente classicista" ed aggiunge che "questa chiesa rappresenta certamente uno fra gli esempi di maggiore e più fedele adesione all'orientamento classicista di stretta marca purista costantemente osservato nelle architetture sorte per volontà di Filippo II, il quale, com'è noto, nell'Escorial attuò la formula d'un manierismo rigido e misurato, con un rigorismo del tutto alieno da esuberanze ornamentali e da eccessi decorativi". La chiesa venne costruita al posto o nelle vicinanze di una preesistente chiesa dedicata a S. Leonardo, che fu quindi abbattuta: essa era parte di un complesso ospedaliero e lazzaretto, a cui assicurava il normale servizio liturgico e di assistenza ai malati.
Mi affido sempre alla descrizione del can. Giovanni Spano per esplorare l'interno della chiesa ed esaminare le opere ivi racchiuse intorno al momento della soppressione, nel 1861: "L'esterno della Chiesa non presenta alcuna cosa di rimarchevole salvo che l'architrave del portone, lavorato con ingegnosi arabeschi: l'interno poi presenta una croce greca sormontata da una calotta con bella proporzione. La Chiesa apparisce spogliata di marmi, ma è abbellita di buone pitture, e di tappezzeria sebbene molto usata che la rendono molto gaia e festevole.
Questa chiesa era prima chiamata di S. Leonardo, perché si crede che in questo sito fosse lo spedale detto S. Leonardo de Bagnara, menzionato nelle antiche carte, e dipendente dallo spedale di S. Leonardo di Pisa, al tempo dei Pisani (Martini, Stor. Eccl. Col. 3, p. 437); ma il Della Marmora opina che il medesimo fosse vicino al porto di Bagnara, verso S. Bardilio (...) Incominciando la nostra guida di questa chiesa dall'ingresso, si osserveranno i quattro grandi dipinti a colla sulla tela e riguardanti la vita di Sant'Agostino: i due collocati alla destra sono di qualche merito per l'invenzione. Il primo rappresenta il Salvatore in forma di pellegrino presentatosi al Santo che con molta espressione vedesi maravigliato nello scorgere, asciugando i piedi al Divin Maestro, le piaghe nei piedi e nelle mani. Nel secondo avvi il Santo che consegna la regola a diversi Monaci ivi dipinti di altri Istituti. Il pittore prese per modello i ritratti dei frati del Convento di quel tempo. Negli altri due collocati alla sinistra vi è il Santo patriarca al quale apparisce la Vergine con G. Cristo; e nell'altro si vedono i quattro Eresiarchi saettati dalla penna del Santo, idea molto comune, ma espressiva.
Sono tutti opera di Domenico Tonelli, come gli altri due ai lati della facciata del coro, cioè Gesù che cade sotto la croce, e Gesù nell'orto. Nel primo altare, seguitando a man diritta, sacro alle Anime del Purgatorio, si vede un quadretto ch'è una copia di quel bizzarro quadro grande di Gesù che gira colla Croce nel torchio, come abbiam visto nella Chiesa di Santa Teresa (p. 214). Passando indi diritti alla crociata destra si trova la cappella di Santa Rita, in cui dentro una nicchia si vede il simulacro della Santa del Lonis; come pure di questo scultore sono le statue di Sant'Agostino, e di S. Nicolò da Tolentino che conservansi in questa Chiesa. L'Assunta che sta sotto la nicchia è opera del Pili. Ai lati dell'altare vi sono due tele di grande dimensione, quello a sinistra è di S. Giovanni Bono, e l'altra di Santa Chiara, opera del nostro Scaleta. Ambe sono ben disegnate e di qualche merito, sebbene un po' manierate, come accadde ai tempi della decadenza. Ma l'oggetto che più ci può trattenere in questa Crociera è quell'altare che trovasi a man sinistra, dove è il più prezioso dipinto di questa Capitale.
Volgarmente è detto Madonna del Buon Cammino, ma non è altro che un riposo in Egitto. L'originalità è la più singolare. Vedesi la SS. Vergine posata all'ombra di un albero col Divino Infante, il quale tutto nudo si tiene colla destra afferrato ad una treccia dei capelli della Madre, e sporgendo il corpicino, ed appoggiando i piedi sopra le ginocchia della Madonna, sorride verso lei, sostenendo colla sinistra il braccio quasi in atto di sollevarsi più in alto. I pregi di questa tavola sono indescrivibili; tanto è perfetta in tutte le sue parti! Gli intelligenti non si stancano di lodarla. Quell'angelico volto della Vergine ti commuove, né ti lascia staccare così in fretta l'occhio. Chiunque contempli l'insieme, non può far a meno di ripeter le parole dell'Algarotti, ammirando un dipinto del Correggio, Tu solo mi piaci! In lontananza vedesi una fuga in Egitto in piccolissime figure, che sono graziosissime. Il paesaggio è finitissimo, vi è una naturalezza di panni, ed una gran forza di chiaro oscuro. Può dirsi insomma un complesso di bellezze da non trovarsi così unite in quanti altri dipinti esistono in Cagliari.
Secondo il Diana ed altri intelligenti, si può credere di appartenere al Correggio del suo primo stile Mantagnesco. Anche i frati ne hanno conosciuto il pregio, ed è molto! Perché l'hanno custodito con una vetrina a piccole lastre, ben conservato e ben pulito. Si arriva alla crociata di fronte dov'è l'ampio altar maggiore di legno dorato con quattro colonne spirali. In mezzo vi è un gran nicchione col simulacro della Vergine d'Itria colossale.
Ai lati altre due nicchie dove sono collocati, a sinistra S. Leonardo, ed alla destra S. Guglielmo ch'era Duca d'Aquitania, e perciò ai suoi piedi si vede una corona. La volta di questa crociata è tutta ornata di differenti medaglioni a stucco che farebbero una bellissima figura se fossero dorati. Nella sacristia che viene appresso, non vi è altro da osservare che alcune tele ordinarie rappresentanti alcuni Santi dell'Ordine. Il quadro delle anime è del Tonelli, quello di S. Leonardo coll'elmo ai piedi è dello Scaleta, e quello di S. Priamo col cane appresso è dell'Altomonte, che è il più ben inteso, conforme il buon gusto di questo romano pittore. Ma il più curioso da osservare è che questi quadri sono stati fatti a spese dei Laici del convento, perché hanno l'epigrafe Laicorum expensis, a lettere majuscole. I loro digiuni sarebbero stati più meritevoli per il gusto alle buone arti, se avessero raccomandato queste opere ad altri più valenti artisti! Nell'uscire dalla Sacristia si trova a destra un altarino in cui vi è una tela del Caboni, la quale rappresenta la Vergine seduta col bambino in grembo, detta comunemente la Madonna del Parto. Nella sinistra crociera vi è la cappella dedicata al Santo Fondatore.
L'altare è di legno dorato, ed in mezzo avvi la gran nicchia, dove sta la bella statua semicolossale del Santo in legno tutta dorata, molto antica. Elle annonce la main d'un bon artiste, dice il Della Marmora (Itin. vol. I, p. 31). E' probabile che questo simulacro esistesse nell'antico monastero per esser opera del medio evo.
Il Santo è rappresentato in abiti pontificali, cioè con mitra e piviale. Lateralmente vi sono due dipinti di Pantaleone Calvo Genovese, cioè il Precursore a sinistra, e S. Caterina alla destra. Al di sopra, ossia nel finimento dell'altare in piccola dimensione vi sono rappresentati Sant'Agostino e Santa Monica che ricevono la cintura dalla B. Vergine. Finalmente nelle due lunette, una per parte, vi è dipinto in una l'Arcangelo Gabriele, e nell'altra la Vergine Annunziata, dello stesso autore. In questi quadri vi sono molti pregi, solo è da notare la ripetizione dei medesimi volti, che era il caratteristico di questo pittore. Ritornando alla prima crociera dove siamo entrati, occorrono due altari, il primo è dedicato alla Vergine della Consolata, di cui si vede il simulacro di legno dorato; ed il secondo è di Santa Barbara di cui vi si vede la tela che sembra dipinta dallo Scaleta" [1]. Ora il dipinto della Madonna del Buon Cammino che, secondo R. Serra, è attribuibile al Van Hemesen, pittore fiammingo prediletto da Filippo II, si trova nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari, insieme alla pala di S. Barbara eseguita nel 1611 da B. Castagnola.
A questo dipinto "succede nei 1646 un retablo, firmato dal genovese P. Calvi, rutilante d'ori e di colori, che ora invade l'intera testata del transetto sud, ma che in origine doveva nascondere la sobria nicchia rinascimentale in fondo al capocroce; per essere soppiantato nel ‘700 dall'ancora più ricco e dorato attuale retablo maggiore" [2]. Veniamo quindi a parlare delle principali devozioni promosse dagli agostiniani in questa chiesa. Esse furono: il culto della Madonna d'Itria, la venerazione per S. Barbara e quella per S. Agostino. A proposito della Vergine d'Itria, abbiamo già visto come questa devozione, tramandata dai bizantini, sia stata fatta propria dagli agostiniani e diffusa in tutte le loro chiese [3], ma a Cagliari venne promossa con maggiore incisività, grazie anche alla edificazione di un apposito oratorio accanto a S. Leonardo e all'istituzione di una confraternita da parte del Papa Paolo V il 2 giugno 1607. Ecco il testo del Breve pontificio: Ad perpetuam rei memoriam. Coelestes ecclesiae thesauros etc. conspicimus expedire. Cum itaque sicut accepimus dilectorum filiorum prioris et fratrum domus ordinis Eremitarum Sancti Augustini civitatis Calaritanae piis hortationibus in ipsorum ecclesia, atque adeo in universa insula Sardiniae magna fidelium utriusque sexus pietas et veneratio erga Beatissimam Virginem Mariam excitata fuerit, et si in ecclesia et cappella Beatae Mariae de Itria una utriusque sexus Christifidelium Confraternitas sub invocatione eiusdem Beatae Mariae de Itria erigeretur, spiritualis ipsorum Christifidelium solatio, religioque et animarum salus magis magisque in dies augeretur. Nos itaque eorumdem Christifidelium piis votis benigne annuere, animarumque saluti paterna charitate prospicere volentes, supplicationibus dictorum prioris et conventus nomine super hoc humiliter porrectis inclinati in praedicta ecclesia unam utriusque sexus Christifidelium Confraternitatem sub invocatione eiusdem Beatae Mariae de Itria cum habitu et insigniis per Confraternitatem Beatae Mariae de Itria, seu de Costantinopoli in Urbe instituta gestari solitis, auctoritate apostolica, tenore praesentium, sine cuiusque praeiudicio, perpetuo erigimus et instituimus. Ut autem praedicta Confraternitas maiora in dies suscipiat incrementa, de Omnipotentis Dei misericordia, et Beatorum Petri et Pauli Apostolorum eius auctoritate confisi, [pag. 246] omnibus et singulis utriusque sexus Christifidelibus, qui dictam Confraternitatem per nos, ut praefertur, erectam in posterum ingredientur, die primo eorum ingressus, si vere poenitentes et confessi Sanctissimum Eucharestiae Sacramentum sumpserint, plenariam, ac tam ipsis, quam pro tempore existentibus confratribus, et consororibus in cuiuslibet eorum mortis articulo, si pariter vere poenitentes, et confessi, ac Sacra Communione refecti, vel quatenus id facere nequiverint, saltem contriti nomen Jesu, ore, si potuerint, sin autem corde devote invocaverint, etiam plenariam: necnon eisdem confratribus et consororibus similiter vere poenitentibus et confessis, ac Sanctissima communione refectis, qui praedictae confraternitatis ecclesiam, vel capellam seu oratorium in secundo festo Pentecostes, quo die festum Beatae Mariae de Itria celebratur, a primis etc. preces effuderint, plenariam similiter omnium peccatorum etc. concedimus. Insuper eisdem confratribus et consororibus etiam vere poenitentibus et confessis, ac Sacra Communione refectis, qui praedictam ecclesiam vel Capellam seu Oratorium feria secunda Paschatis resurrectionis, necnon in Purificationis, Annunciationis et Assumptionis Beatae Mariae festis diebus similiter a primis etc. visitaverint, septem annos et totidem quadragenas. Quoties vero contriti missis et aliis divinis officiis etc. in forma solita, toties pro quolibet predictorum operum sexaginta dies etc. relaxamus. Volumus autem, quod si alias Christifidelibus praemissa peragentibus aliqua alia Indulgentia perpetuo vel ad tempus nondum elapsum duratura per nos concessa fuerit, praesentes nullae sint; quodque si praedicta Confraternitas alicui Archiconfraternitati aggregata iam sit, vel in posterum aggregetur, seu etiam quomodolibet instituatur, priores seu quaevis aliae littere Apostolicae illis nullatenus suffragentur, sed ex tunc eo ipso prorsus nullae sint. Datum Romae apud Sanctum Petrum etc. die 2a Junii 1607, anno tertio" [4].
Sempre dal canonico G. Spano ricaviamo la descrizione dell'oratorio ed alcune notizie sulla confraternita: "Attiguo a questa chiesa (di S. Leonardo, nda) vi è l'Oratorio appellato di Nostra Signora d'Itria, dove è una Confraternita istituita nel 1608 (come abbiamo visto, la data è il 1607, nda), con Bolla Pontificia di Paolo V, essendo Arcivescovo di Cagliari Francesco d'Esquivel che ne approvò le costituzioni. Nel 1625 Urbano VIII le accordò tutti i privilegi che gode la confraternita di S. Monica ed Arciconfraternita della Cintura di Sant'Agostino in Roma. Scopo della pia istituzione è, oltre di adempiere ai Divini Uffizii nei dì festivi, di sovvenire le povere famiglie, distribuendo abiti nel corso di ogni Quaresima per poter adempiere all'obbligo Pasquale, e perciò viene giustamente chiamata la società di beneficenza, pei larghi legati laicali che amministra.
La divisa dei confratelli è abito bianco semplice col cordone di color celeste, guanti bianchi di tela, cappetta e cappello parimenti celeste, scarpe bianche, calzette nere, rosario bianco d'avorio guernito in seta di color celeste, placa di tela coll'effigie della SS.ma Vergine d'Itria. La chiesuola è d'una navata formata a botte. Sopra l'altar maggiore, ed unico, di marmo, avvi un bellissimo dipinto in tela di grande dimensione. Vi è figurata la Vergine d'Itria che sta sopra una cassa, come è solita rappresentarsi sotto questo titolo, portata sopra gli omeri da due sacerdoti vestiti alla greca. Allude al fatto, quando i Sacerdoti Greci in Costantinopoli salvarono il simulacro miracoloso della Vergine contro l'invasione dei Turchi. Hanno un manto rosso allacciato al petto, tunicella nera sopra l'abito bianco. Nelle mani portano il turibolo, ed i ritratti sono molto ben espressi, e forse originali. L'arca è preceduta dalla confraternita con la croce, ed una gloria d'angeli al di sopra con altri due che sostengono una corona in testa della Vergine. Una copia di questo quadro in piccolo esiste nella Chiesa di S. Benedetto.
L'autore è ignoto, ma l'opera è molto espressiva, e di qualche merito artistico. Le pitture della volta a bei rosoni, uno diverso dall'altro, sono del Crespi, padre e figlio, eseguite nel 1859" [5]. Altra importante devozione era quella riservata a S. Barbara. Da sempre, fin da quando vivevano solo nel primitivo convento, i frati agostiniani avevano curato la venerazione di questa santa presso i cagliaritani. Esiste una serie di documenti nell'Archivio Generale Agostiniano, che ci permette di ricostruire molti aspetti di questo culto. Agli inizi del Seicento i Bombardieri e gli artiglieri della città si riunirono in confraternita e chiesero agli agostiniani di poter partecipare a titolo del tutto speciale al culto, ai festeggiamenti e alla processione della Santa, in quanto loro protettrice. I frati accolgono volentieri la richiesta. Dopo qualche decennio, i Bombardieri trovarono un oratorio per le loro riunioni e, verso il 1640, cominciarono a pretendere di gestire autonomamente la festa della loro Santa. Ne nacque una lite tra la Confraternita e gli agostiniani, che venne portata dinanzi alla Sacra Congregazione dei Riti.
I religiosi vantavano tanto di antichi documenti e di pluriennali diritti, al punto che riuscirono a vincere la causa. La festa e la processione della Santa, che si snodava da S. Agostino vecchio a S. Leonardo, continueranno quindi ad essere gestite dai padri agostiniani. Infatti, come ribadiscono le carte dell'epoca, "da tempo antichissimo, e prima, che essi frati fabricassero la nuova Chiesa, che di presente offitiano havevano una antica imagine, o Statua di S.Barbara" [6].
Per quanto concerne il culto di S. Agostino, si è già detto abbastanza; resta da rilevare come tale culto, in Sardegna, non si sia diffuso e radicato solo grazie agli agostiniani o solo nei luoghi dove essi furono presenti, ma come abbia invece fatto presa in diverse parti dell'isola: "la diffusione di un culto che ancora persiste lungamente e tenacemente fino a diventare caratteristica di talune zone: per esempio la zona di Abbasanta e nella zona dell'alto oristanese la festa di S. Agostino celebrata, come patrono, è sicuramente la festa di maggiore attrazione. Ma sono molti altri i paesi e le città che conservano la memoria ed il culto di S. Agostino e non solo quelle dove furono nel tempo conventi agostiniani come Cagliari, Alghero e Sassari (anche Alghero e Sassari hanno la chiesa di S. Agostino) ma anche altri dove il culto evidentemente si era radicato per ragioni proprio esclusivamente di devozione. Da Pauli Arborei a Belvì a Villaspeciosa a Sorso, Ala dei Sardi, Muravera, Armungia, etc." [7]. Mi sembra utile riportare anche la testimonianza dello storico della Sardegna Francisco de Vico che, nel 1639, dava un resoconto della presenza dei frati agostiniani in Cagliari, di entrambi i conventi, con le parole che seguono:
Del Convento de San Agustin de Caller.
Hemos dicho del Arcobispado, y Obispados de Caller, y de los Conventos que tuvo, aora trataremos de los que tiene, y permanecen dentro y fuera de su Castillo, el qual està rodeado de muchos, y muy Religiosos, e insignes. Y el primero que parece se fundò de las Religiones en Caller, es el de san Agustin, pues por tradicion de los Anales, y Historias de esta santa Religion, se refiere, que quando destruyeron los Vandalos a Africa, y traxeron los Obispos Catolicos el cuerpo de san Agustin a Sardeña, vinieron Religiosos suyos de los [pag. 249] que ya avia fundado en Africa con el cuerpo del Santo, y le servian, guardavan, y assistian: y viniendo san Fulgencio, diximos ya como fundò Convento desta santa Religion en el Templo de san Saturnino; pero aunque esto pruevan los Padres Maestros fray Iuan Marquez, en el defensorio de su Religion, y el Padre Maestro fray Thomas de Herrera, no nos consta que esta santa Religion continuasse su habitacion en Caller, ni en otra parte del Reyno; porque el Templo de san Saturnino, como vimos, vino a ser de padres de san Benito, y Priorato que permutaron por otras possessiones al Arcobispo de Caller. Y aunque se conservò, y conserva en Caller la Iglesia en que estuvo el cuerpo de san Agustin, con la viga del milagro, y fuente que hemos dicho; y aunque faltò el cuerpo del Santo trasladado a Pavia en los anos 715, como vimos en el cap. (?) de la 4a par. no faltò la devocion al Santo, ni quien frequentarà su sepulcro, no sabemos que sus Religiosos le assistieran, hasta que por los años 1400 se restituyò al Reyno, y à la casa que fue sepulcro de su santo Patriarca. Y en el año de 1480 se reformaron en este Reyno todos los Conventos de esta santa Religion, con la ocasion que dexamos dicha en esta 6a par. cap. 21. y se reduxeron a observancia, en la qual viven, y conservan hasta oy. Este Convento, y casa en que estuvo el cuerpo del santissimo Patriarca S. Agustin, està al pie del monte sobre que se funda el Castillo, y ciudad de Caller orillas del mar. Y como para fortificar el arrabal de la marina, se edificasse un lienco de muralla con sus baluartes, quedò defuera este Convento, y expuesto à ias invasiones continuas de enemigos. Por lo qual la Magestad del senor Rey Filipo Segundo los mandò señalar otro sitio para Convento, y se le edificò, permanecendo la Iglesia antigua, que es sumamente venerada de los Fieles, en el lugar que estuvo el cuerpo del Santo, y està la viga; pero los Religiosos viven en el otro Convento, y son hasta 25, cuydando de acudir a la antigua, y viven con muy gran observancia, y exemplo. El sello que usa esta Provincia, es la sepuitura del Santo abierta, y encima una casulla en medio de dos Dalmaticas, que son las que, como hemos dicho, traxeron los Obispos de Africa con su cuerpo, y de que usavan los Pontificales quando celebrava, que se guardan, y conservan. En el monasterio del san Francisco de Claustrales desta Ciudad de Caller, de que queda dicho en la 3a par. desta historia cap. 57, y de la parte que goza Sacer de las Reliquias deste gran Santo, adonde remito ai Letor" [8].
Dopo la soppressione del 1855, come abbiamo visto, gli agostiniani tennero la rettoria della chiesa fino al 1889; poi incuria ed abbandono. Nel 1923 l'allora Mons. Angelo Giuseppe Roncalli, Delegato delle Opere Missionarie Pontificie, scelse il pulpito di S. Leonardo per la predicazione missionaria a Cagliari. La chiesa venne poi eretta in parrocchia e conobbe una certa ripresa, almeno fino al 1943, quando i bombardamenti aerei la rovinarono seriamente; dopo il conflitto fu adibita a magazzino di legnami, sede di bande musicali e ricreatorio domenicale. Solo a partire dagli anni Ottanta, grazie soprattutto al sac. Don Fulgenzio Fois, attuale rettore della chiesa, S. Leonardo ha ripreso a vivere come centro di aggregazione culturale e religiosa e l'edificio ha conosciuto restauri e rifacimenti. Per quanto riguarda il convento, esso è tuttora sede del Distretto Militare.
Note
(1) - G. SPANO, Guida della Città ..., cit., pp. 223-227.
(2) - R. SERRA, La chiesa di Sant'Agostino ..., cit., p. 21.
(3) - Vedi Analecta Augustiniana, vol. LXI (1998), pp. 161-164.
(4) - D. SCANO, Codice diplomatico delle relazioni fra la Santa Sede e la Sardegna, parte II, da Gregorio XII a Clemente XIII, Arti Grafiche B.C.T., Cagliari 1941, vol. II, pp. 410-411.
(5) - G. SPANO, Guida della Città..., cit., pp. 227-29.
(6) - AGA, Aa. 8, Notitiae ..., cit., cc. 95 e ss.
(7) - P. DE MAGISTRIS, L'Ipogeo, in "S. Agostino e la tradizione agostiniana...", cit., p. 24.
(8) - F. DE VICO, Historia General de la Isla y reyno de Serdeña, Barcelona 1639, parte VI, cap. 49.