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Percorso : HOME > Monachesimo agostiniano > Storia dell'Ordine > Magna Unio > L'età delle RiformeIl Movimento dei Penitenti
Penitenti: incisione tedesca del XV secolo
IL MOVIMENTO DEI PENITENTI
Il XIII secolo fu un'epoca caratterizzata da un'intensa spiritualità, in cui si tendeva ad attribuire una valenza religiosa ad ogni aspetto della vita e dell'attività umana. A contribuire a creare questo stato di tensione spirituale erano i continui scontri tra papato ed impero, che portarono in molte città alla divisione della popolazione in due fazioni, e soprattutto il diffondersi dell'eresia in alcune zone importanti come la Pianura Padana e la Linguadoca dopo circa un millennio di pace e di uniformità religiosa. Nell'ambiente laicale esisteva già da tempo un giudizio favorevole riguardo alla vita monastica. Dal secolo decimo primo si cominciò a volere imitarla adattandola alle proprie condizioni di vita. Questo ideale venne promosso e fu invocato per accusare il clero che non lo praticava (Gli studi su questo argomento sono troppi per essere tutti qui indicati: per orientarsi, vedere: J. VON WALTER, Die ersten Wanderprediger Frankreichs. Studien zur Geschichte des Mönchtums, 2 vol., Leipzig 1903-1906; H. CRUDMANN, Religiöse Bewengungen im Mittelalter, Hildesheim 1961; G. C. MEERSSEMAN - E. APDA, Pènitents ruraux communautaires en Italie au XIIe siècle, RHE 49 (1954), 343-390; Decimo Congresso Internazionale di Scienze storiche, Roma 4-11 Settembre 1955, Storia del Medioevo, Firenze 1955; G. DE LAGARDE, La naissance de l'esprit laique au dèclin du Moyen Age, S. Paul Trois Chateaux 1934; A. MENS, Oorsprong der nederlandse Begijnen en Bergaden, Antwerpen 1947, 16-95; La vita comune del clero nei secoli XI e XII, 2 vol., Milano 1962; L'eremitismo in Occidente nei secoli XI e XII, Milano 1965, specialmente pp. 122-247. Riguardo alla riforma benedettina di Hirsau, vedere la Cronaca di Bernoldo all'anno, 1091, MGH, SS. V, 452-3; per il movimento laicale contro il clero, Vita S. Arialdi, MGH, ss, XXX/2, pp. 1050-1072ss.)
Proprio a causa delle esigenze della Chiesa e della sua influenza sulle vicende del tempo, assunse caratteristiche nuove sia dal punto di vista quantitativo sia da quello qualitativo il vecchio istituto dei "fratres de poenitentia" e si sviluppò un vero e proprio movimento penitenziale che da un lato, rimanendo nell'ambito istituzionale della Chiesa, portò alla nascita dei terzi ordini regolari, dall'altro, sfuggendo al controllo della gerarchia ecclesiastica, diede vita al movimento dei Flagellanti. I Penitenti costituivano un "ordo" autonomo che si poneva a metà strada tra quello dei religiosi e quello dei laici e che comprendeva tutti quei fedeli che, pur restando nel secolo, sceglievano volontariamente di condurre una vita di privazioni e di penitenza simile a quella che veniva imposta ai pubblici peccatori riconciliati. Chi entrava in un monastero o canonica riformata, in una confraternita, desiderava accettare l'invito alla metanoia, cioè vitam meliorem sequi, che significa meglio indirizzare la sua vita o quella di tutta la sua famiglia verso Iddio. Si chiamavano: "conversi" è "conversae poenitentes" che cercavano protezione e direzione spirituale dai membri d'un tale centro e portarono il nome di "donati", ossia "oblati": l'inizio d'un movimento che poi venne indicato: Terz'Ordine. Le prime iniziative sono legate alla riforma benedettina di Hirsau, nella Germania Occidentale. Ma anche altrove il movimento di religiosità laicale si fece notare in Italia sotto nomi diversi, come "Laudesi", "Fratres" e "Sorores de Poenitentia", con l'esagerazione del movimento dei "Flagellanti". Nella Francia i cosiddetti "Wanderprediger" (predicatori itineranti) causarono poi movimenti che facilmente s'appoggiavano ai Valdesi, ai Catari, agli Albigensi, con il pericolo delle eresie dottrinali riguardanti in modo speciale l'autorità, e quella ecclesiastica in particolare. A questo movimento appartengono anche in senso generale: i "Poveri Cattolici", gli "Umiliati" e i "Pauperes Christi". Nell'Europa settentrionale ebbero origine le somiglianti correnti dei Beguardi e delle Beghine.
I " fratres de poenitentia " dovevano condurre una vita povera, fatta di privazioni e di frequenti digiuni: in particolare, nel XIII secolo il "Memoriale propositi " dell'ordine della penitenza stabiliva quattro giorni di astinenza dal cibo durante la settimana per tutto l'anno e periodi di digiuno più lunghi di quelli previsti per gli altri fedeli. Un obbligo particolarmente importante, che fu soggetto a numerose modifiche nel corso del tempo, era quello della continenza, che comportava per i penitenti volontari l'astensione da rapporti sessuali per tutto l'anno. A carico dei penitenti volontari erano previsti dal diritto canonico obblighi ben precisi, tra cui, prima di tutto, quello della "mutatio habitus". Chi sceglieva la strada della penitenza aveva l'obbligo di portare una veste molto semplice, che non poteva essere colorata e doveva essere di lana grezza, scura e riconoscibile come abito religioso. Si trattava del simbolo della scelta di quella persona e del suo nuovo stato religioso così che chiunque avrebbe potuto rendersene conto. In origine era sufficiente presentarsi in chiesa con l'abito del penitente perché la scelta fosse considerata definitiva, ma a partire dal Duecento le confraternite di penitenti stabilirono che i pretendenti si sottoponessero ad un periodo di prova di un anno, sotto il controllo degli amministratori della confraternita, prima che essi potessero essere definitivamente considerati penitenti volontari. Fra questi laici c'erano alcuni che di propria autorità realizzarono ciò in cui vescovi e preti mancavano, sebbene non avessero né il permesso della Chiesa né la formazione intellettuale e scientifica per presentarsi come predicatori e riformatori.
Il popolo però chiedeva istruzione religiosa ed a questo scopo non bastavano le prediche prese dalle opere di Agostino, di Gregorio o d'altri Padri in fretta recitate, e nemmeno i sermoni detti in latino, come osservò Adam Scott: "I vescovi sentano e capiscano che il popolo non comprende niente di ciò che non viene detto nella lingua volgare" (Cfr. MANDONNET- VICAIRE, vol. II, op. cit., pp. 16-17; lo stesso scrissero Petrus CANTOR, Verbum abbreviatum, cap. 57: Contra negligentiam praeclatorum, MPL. 205, 178; Alano da Lille, Summa de arte praedicatoria, cap. 38: Quod praelatorum tantum debeat esse praedicatio, MPL. 210, 182). Papa Innocenzo III (1198-1216), era persuaso delle molte mancanze del clero e decise perciò: Unde cum saepe contingat quod episcopi propter occupationes multiplices, vel invaletudines corporales, aut hostiles incursus, seu occasiones alias (ne dicamus defectum scientiae, quod in eis est reprobandum omnino, nec de caetero tolerandum) per se ipsos non sufficiunt ministrare populo verbum Dei, maxime per amplas dioeceses et diffusas, generali constitutione sancimus, ut episcopi viros idoneos ad sanctae praedicationis officium salubriter exsequendum assumant, potentes in opere et sermone ... Unde praecipimus tam in cathedralibus quam in aliis conventualibus ecclesiis viros idoneos ordinari quos episcopi possint coadiutores et cooperatores habere non solum in praedicationis officio, verum etiam in audiendis confessionibus et poenitentis iniungendis ac ceteris quae ad salutem pertinent animarum (Citato da J. B. PIERRON, Die Katholischen Armen Ein Beitrag zur Enstehungsgeschichte der Bettelorden, Freiburg i. B. 1911, p. 104, nota 2. Un giudizio che in tutto non possiamo fare nostro dà E. WERNER, Pauperes Christi Studien zu sozial-religiösen Bewegungen im Zeitalter des Reformpapsttums, Leipzig 1956 con una amplissima bibliografia). Questo decreto fu una delle risposte agli inviti già di Pier Damiani; e poi di altri per spingere il popolo a chiedere clero sano e santo. Inoltre corrispose anche ai decreti sinodali che avevano prescritto di disertare le funzioni celebrate da preti indegni, anzi di allontanare a forza questi dall'altare. Inviti e decreti che furono un buon punto di partenza per gli emancipatori della classe dei lavoratori, una classe che cominciò a ribellarsi contro il sistema feudale e contro la Chiesa, che aveva tante strette relazioni econontico-sociali con quel sistema (Vedere i dati raccolti da R. MORGHEN, Movimenti religiosi popolari, Decimo Congresso Internazionale etc., vol. III, 333-356 e SCHÜRER, op. cit., vol. II, 224-231).
Con piacere questi emancipatori udivano e realizzavano le dure parole dei predicatori-riformatori, cosicché presto il lato negativo del movimento popolare prevalse e si sviluppò verso un acerbo anticlericalismo. Come potrebbe essere stato diversamente quando gli agitatori religiosi si ispiravano a violenti testi accusatori come i seguenti? Audite, sacerdotes, quia vobiscum est judicium, quoniam loquens facti estis spectulationi et sicut rete expansum subter Tabor et victimas declinastis in profundum (Osea, 5, 1). Nel commento si indica: Sul monte Tabor si è trasfigurato Cristo, e significa l'altare su cui avviene la trasfigurazione o la transunstanziazione delle specie del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo: Su questo monte Tabor, alcuni sacerdoti del tempo nostro, o per dir meglio bottegai, spiegano la rete della loro avarizia per raccogliere i danari. Per danari celebrano la Messa, e se non sapessero di riscuoterne il prezzo, non la celebrerebbero; e così mutano il Sacramento della salute nel lezzo della cupidigia!: Tali predicatori accusavano i canonici corpulenti e ben nutriti, che credono aver fatto abbastanza se cantano bene in coro e con sonora voce un alleluia e un responsorio, e poi vanno a tripudiare a casa banchettando: parassiti, giocolieri e istrioni!... Tutto il giorno abbaiano nelle chiese, e urlano come cani, ma senza capirsi perché il corpo è nel coro e l'anima in piazza. Essi che hanno il cerchio d'oro della scienza e dell'eloquenza non si vergognano da veri porci di lasciarlo cadere nello sterco del lusso e dell'avarizia! Ed anche i vescovi non ricevettero un giudizio meno sfavorevole: vi sono però sacerdoti briganti, che mordono coi denti e cogli anatemi coloro che non danno, che predicano pace e promettono misericordia e contro di chi non è disposto a dare bandiscono la crociata! Imperocché reputano santo e giusto perseguitare coloro che a dare non sono disposti, e ferirli con la spada della scomunica.
Ma se poi danno, benedicono con benedizione solenne gli stessi maledetti da Dio. E dicono a quelli che danno: Voi siete i figli della Chiesa che onorate la madre vostra e soccorrete alla sua povertà, e quindi perché date, siate benedetti ! (I testi sono stati presi da E. e F. SALVAGNINI, S. Antonio di Padova e i suoi tempi, 1195-1231, Bologna 1931, 246, 253 e 257. Per l'ideale primitivo Fracescano, cfr. K. ESSER, Anfänge und urspüngliche Zeilsetztzumgen des Ordens der Minderbüder, Leiden 1966). I chierici vennero accusati d'aver negato il loro scopo di vita e fu detto che di conseguenza non avevano più il diritto di rivolgersi con la parola divina al popolo. Il popolo chiedeva la parola viva e vera, messa in pratica da chi la predicava. Questa parola viva, corrispondente a una vita di esempio personale, venne offerta alla gente da fedeli che non avevano il diritto formale ed ufficiale di predicare e di istruire: da monaci e da laici. Contro questi laici-predicatori la Chiesa dovette prendere misure per togliere loro la parola. Per vietare ai monaci la predicazione essa poteva riferirsi a un detto di Ruperto da Deutz: "Quando vi vestite con la cocolla, confessate d'essere morti. Nessuno può chiamarsi monaco, quando non si distacca dal mondo.
Come può dirsi allora monaco colui la cui voce si sente e si ascolta sulle piazze?" Tali monaci debbono ritirarsi nei monasteri e, nel caso che non obbediscano, saranno dichiarati apostati e dovranno portarne le conseguenze. Nel territorio franco la piaga dei laici-predicatori aveva preso uno sviluppo allarmante, non soltanto perché si presentavano di propria autorità, ma anche perché i vescovi li facevano partecipare alla cura delle anime. Di ciò papa Innocenzo III rimproverò nel 1204 i vescovi di Languedoc: "tra voi alcuni osano far partecipare al lavoro parrocchiale coloro che difendono dottrine eretiche". Un sinodo locale di Roven determinò nel 1214: Districte... inhibemus, ne quis sit conductius praedicator, nec talibus officium praedicationis commitatur, nec ad praedicandum admittantur... Nec praedicatio alicuius provinciae vel parochiae ei vel aliis tanquam ad firmam concedatur. E nella Chiesa parigina venne dichiarato, nello stesso periodo: Nullus quaestuarius vel conductitius praedicator pro hospitali vel pro alia domo admittatur ad praedicandum aliquo modo, propter enorma scandala quae seminant huius modi pseudopraedicatores; tamen nuntii fideles canonici vel capellani cathedralis ecclesiae boni testimonii, vel boni presbyteri, parochiales scilicet, ad arbitrium archiepiscopi vel episeopi loci, vel eorum quorum interest, pro hospitali et aliis causis pietatis admittantur pro acquirendis eleemosynis ad usus pauperum, vel reparationen ecclesiarum; nec (admittatur) talis administrator qui super arcas et asseres missam celebret in contemptum dominici sacramenti. Tutti gli altri "conductitii" e "quaestuarii" che non hanno tale permesso nè requisiti, sono predicatori falsi e senza diritti: perciò debbono essere cacciati via. Perché?
Questo è chiaro, scrisse Enrico cardinale di Ostia nella sua Summa Aurea: Ad sciendum quis dicatur falsus praedicator, debes scire quod quilibet laicus, etiam religiosus, falsus dicitur; quia omnibus interdicitur officium praedicandi ... laici audire debent et obedire clericis, non docere vel imperare (Per la Francia, vedere MANDONNET-VICARIE, op. cit. vol. II, pp. 26-28; II. C. LEA, A history of the inquisition of the Middle Ages, vol. III, New York 1922, pp. 621-624). Per anni si ripetono divieti di questo tenore, e tale ripetizione indica fra l'altro che l'autorità ecclesiastica non veniva prontamente ubbidita. Il movimento popolare diventò un flusso pericoloso che la Chiesa doveva canalizzare e mettere sotto il suo controllo. Per realizzare ciò, la Chiesa invitò nel campo della battaglia il ben organizzato, non ostante il fatto che era contemplativo, l'Ordine dei Cistercensi. Nel 1204 papa Innocenzo III l'invitò a mandare tanti monaci adatti, quanti erano neccessari per fermare il pericolo e per predicare la "crociata", cioè vere e proprie missioni popolari: Noi ci compiaciamo e ci profondiamo in rendimenti di grazie verso il Dispensatore di tutti i beni, avendo constatato che nel vostro ordine si trova un gran numero di uomini dotati da Dio di uno zelo illuminato, efficaci nelle opere e nelle parole, pronti a render ragione a chiunque lo chieda della fede e della speranza che portiamo in noi, animati da una carità che permetterebbe loro di rischiare la vita per i fratelli se le necessità della Chiesa lo esigessero, così capaci di confondere i fabbricatori di dogmi perversi che un pervicace avversario sarebbe meno abile a scoprire in loro qualche cosa che si potesse prestare a critica, qualificati di grande rinomanza, anche presso gli estranei, poiché in loro una santa vita si congiunge con un pensiero sano e vivifica la dottrina a tal punto che la loro parola è viva, efficace, più penetrante di una spada a due tagli, e che si può riscontrare nei loro costumi il contenuto dei loro discorsi (Citato da A. FLICHE, Innocent III et la Reforme de l'Eglise, RHE 44 (1949), pp. 140-142).
Questo invito non piacque ai superiori di Citeaux, e l'abate di Molesme dovette stendere la risposta al papa. Una risposta in cui difese il carattere contemplativo dell'Ordine indicando l'impossibilità di poter accettare un compito nella vita attiva, ma senza offendere la curia papale. Il risultato negativo di questo mandato non causò grandi difficoltà per la curia, perché nel frattempo due movimenti di sana fede, di fedeltà alla Chiesa e di riverenza per l'autorità erano sorti e promettevano molto: cioè i seguaci di san Domenico e quelli di san Francesco d'Assisi. A loro il papa affidò il programma steso dal concilio ecumenico del 1215. Innocenzo III aveva deciso, secondo l'esempio dei Padri, di convocare questo concilio, che, insieme con una crociata militare per l'Oriente, doveva preparare una riforma morale, distruggere le dottrine false, restaurare la pace, difendere la libertà e disporre misure prudenti per la "sublimatio" del clero sia alto che basso.