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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > CollaertCICLo AGOSTINIANo con le incisioni di Guglielmo Collaert
Agostino si nutre di Dio
COLLAERT GUGLIELMO
1629
Edizione a stampa del volume Flammulae Amoris Sancti Patris Nostris Augustini Versibus et Iconibus Exornatae
Agostino si nutre di Dio
Questa scena non è ben comprensibile, ma acquista un significato se poniamo la nostra attenzione innanzitutto alla piccola scena incisa in fondo a destra.
Un guardiano di porci butta a terra delle ghiande da una quercia con il suo bastone: costui rappresenta il figliol prodigo a cui lo stesso Agostino si compara, ridotto a mangiare frutti graditi dai porci.
Così in primo piano vediamo Agostino dalle fattezze giovanili affamato di nutrimento interiore e spirituale. Egli si inginocchia davanti all'Amore divino che ha gettato a terra il suo arco per abbracciarlo.
L'Amore giunge dalla Città di Dio che è rappresentata da un Battistero illuminato da un sole accecante su una collina all'orizzonte a sinistra.
La scritta riporta la frase "Fames mihi erat intus ab interiori cibo, teipso, Deus meus" tratta dal terzo libro delle Confessioni.
La scena è arricchita in primo piano dalla presenza di alcuni fiori e arbusti.
Accenni alla parabola del figliol prodigo si trovano in vari passi delle Confessioni: Conf., I, 18, 28, 15: «Non enim pedibus aut spatiis locorum itur abs te aut reditur ad te, aut vero filus ille tuus minor equos aut currus vel naves quaesivit aut avolavit pinna visibili aut moto poplite iter egit, ut in longinqua regione vivens prodige dissiparet quod dederas proficiscenti dulcis pater, quia dederas, et egeno redeunti dulcior». O ancora Conf. III, 6, 11, 1: «Et longe peregrinabar abs te exclusus et a siliquis porcorum, quos de siliquis pascebam». Di nuovo in Conf. IV, 16, 30, 16: «Tam bonam partem substantiae meae sategi habere in potestate et fortitudinem mearn non ad te custodiebam, sed profectus sum abs te in longinquam regionem, ut eam dissiparem in meretrices cupididates » e infine in Conf. II, 10, 18, 9: «Factus sum mihi regio egestatis».