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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > CollaertCICLo AGOSTINIANo con le incisioni di Guglielmo Collaert
Tolle lege
COLLAERT GUGLIELMO
1629
Edizione a stampa del volume Flammulae Amoris Sancti Patris Nostris Augustini Versibus et Iconibus Exornatae
Tolle lege
La scena della Tolle lege è piuttosto tradizionale, senza particolari colpi da artista o attenzioni o cure di qualche genere. Probabilmente Collaert si è impegnato molto di più nel determinare la struttura di altre scene del libro. In questo episodio l'artista non introduce alcun simbolo: è l'unica scena, dove di fatto l'artista riproduce un cliché consolidato e decisamente aderente ai fatti narrati nelle Confessioni. Agostino, avvolto in un ampio cappotto, è un vero personaggio vero e proprio, che tiene conto della sua età e della sua condizione. Seduto ai piedi di un alto albero di fico, con la testa senza cappello appoggiata sulla mano sinistra, il santo ha lineamenti tormentati e versa grosse lacrime. In alto a destra compaiono le parole Tolle, lege, ripetute due volte secondo il testo attuale delle Confessioni: sono trasportate dai raggi che escono dalle nuvole divine. Da scena è alquanto spoglia: non si osserva alcun giardino e non si nota alcune presenza né vicina né lontana. Sia Alipio che la madre Monica hanno lasciato solo Agostino con sé stesso e riflettere su una scelta che ormai è irrinunciabile.
Vediamo i libri delle epistole, che Agostino regge con la mano destra e che presto aprirà per leggerle. Sullo sfondo a sinistra, sorge un monastero tipicamente fiammingo, inciso con la massima cura, che arreda con eleganza l'orizzonte e probabilmente vuole ricordare la “casa vicina” che è citata nel testo agostiniano.
L'episodio dimostra come Agostino ha conosciuto l'epistolario di san Paolo proprio all'inizio della sua conversione.
Tuttavia questa scena, vera senza dubbio in molti, probabilmente in tutti, i suoi particolari, è stata redatta con la preoccupazione di dimostrare appunto il contrario di ciò che taluno ha creduto di scorgervi: di mettere in luce cioè l'impotenza dell'uomo a operare da solo la propria salvezza e la necessità dell'intervento, subito efficace della grazia divina, intervento che non ha nulla di miracoloso.
Possiamo anche ammettere che il testo paolino, di contenuto così caratteristicamente etico, e inserito in una esortazione morale ed escatologica, fosse per l'appunto quello che Agostino lesse effettivamente, ricavandone la forza di tradurre in atto i progetti che da qualche tempo maturavano nella sua mente.
E, come racconta nelle Confessioni, recatosi in giardino, si mise sotto una pianta a piangere amaramente, e diceva: - Quanto tempo ancora? Quanto ancora? Domani, domani ! ancora un po' di tempo. Ed era desolato di non sapersi decidere o a restare nel mondo o a consacrarsi a Dio.
JACOPO DA VARAGINE, Legenda Aurea
Così parlavo e piangevo nell'amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: «Prendi e leggi, prendi e leggi». Mutai d'aspetto all'istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte ... Tornai al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell'Apostolo all'atto di alzarmi.
Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: « Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze ... » Non volli leggere oltre né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono.
AGOSTINO, Confessioni 8, 12, 29