Contenuto
Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > CollaertCICLo AGOSTINIANo con le incisioni di Guglielmo Collaert
COLLAERT GUGLIELMO
1629
Edizione a stampa del volume Flammulae Amoris Sancti Patris Nostris Augustini Versibus et Iconibus Exornatae
Episodi della vita di sant'Agostino
Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere è un testo che ricorre in C. Lancilottus nel suo volume S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi ... Vita, pubblicata ad Anversa nel 1616.
L'incisore inserisce nella serie delle sue illustrazioni un'immagine pia di gusto discutibile che è stato reso di moda, a quanto pare, da Kartarius alla fine del Cinquecento. Agostino, vestito sia con la veste di eremita agostiniano che con il piviale del vescovo, è inginocchiato frontalmente all'osservatore. Sopra di lui, in due "mandorle", troviamo rispettivamente Cristo in croce e la Vergine che lo annaffiano, il primo con uno zampillo di sangue e la seconda con uno zampillo di latte.
Sul terreno sono deposti in segno di umiltà il bastone pastorale e la mitra alla sua destra, un libro aperto alla sua sinistra. Il verde e l'architettura di una cittadina denotano la personalità dell'artista.
L'episodio è relativo a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.
Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.
La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.