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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > PaviaCICLo AGOSTINIANo Di Bonino da Campione A PAVIA
La struttura delle due fasce dell'Arca di sant'Agostino che descrivono la vita e i miracoli del santo
BONINO DA CAMPIONE
1362
Arca di Sant'Agostino in san Pietro in Ciel d'Oro a Pavia
Episodi della vita di sant'Agostino
L'Arca di Pavia è la tomba di Agostino in San Pietro in Ciel d'Oro. L'opera fu commissionata nel 1362 da Bonifacio Bottigella, priore del convento degli Eremitani di sant'Agostino a Pavia e docente alla Università della città. Il monumento è in marmo alto 3 m lungo 3,14 m e profondo 1,68 m.
Ci sono tre fasce: statue, arcate, basso rilievi inquadrano la figura di Agostino sul letto di morte. Si tratta del ciclo più noto sia per la grandiosità dell'opera sia per la bellezza delle sculture. Ispirata alla tomba di S. Pietro Martire in S. Eustorgio a Milano, essa è stata attribuita a Bonino da Campione o a Giovanni Balduccio e discepoli. La data 1362 è forse l'inizio dei lavori, cui parteciparono più artisti. La vita di Agostino è narrata nell'ultima fascia, mentre nei pennacchi triangolari sono descritte le sue virtù e i miracoli.
Alto interprete della scultura lombarda del Trecento, Bonino da Campione, che appartiene alla celebre corrente artistica dei Maestri Campionesi, dà un alto segno delle capacità creative di un'arte che trapassa dal romanico al gotico. Conoscitore dell'arte dei pisani, sa coniugarne l'insegnamento con le correnti artistiche che dalla Germania si diffondono in Italia. Celeberrimo il suo gruppo equestre di Cangrande della Scala a Verona. A lui e alla sua scuola sono stati attribuiti due importanti lavori in San Marco a Milano e questo in San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.
La statua della Mansuetudine
L'Arca marmorea, imponente monumento sacro che sovrasta la preziosa urna e spicca nella magnifica architettura di questa basilica, richiama la figura stessa di Agostino, la sua vicenda terrena e il suo glorioso spirito, vivente nei secoli. Questa pubblicazione ne descrive in dettaglio statue e bassorilievi, ripercorre il ritmo della narrazione e snoda la sua fitta trama simbolica, ma consente allo stesso tempo di accostarci alla figura e al cammino spirituale di Agostino.
L'alto valore catechetico e storico dell'Arca risiede proprio in quel suo narrare, attraverso la plasticità dei rilievi, i momenti più significativi della vita del santo - a noi nota dai suoi stessi scritti - seguendo poi il destino delle sue spoglie fino alla loro traslazione da Cagliari a Pavia, allora capitale del regno Longobardo, voluta dal piissimo re Liutprando. Al centro del presbiterio, sopraelevato sulla cripta, domina l'Arca marmorea di S. Agostino, capolavoro della scultura lombarda del Trecento. Ornata da 95 statue e 50 bassorilievi, l'opera fu commissionata dal pavese Bonifacio Bottigella, Priore degli Agostiniani, poi Vescovo di Lodi. Essa è una piccola illustrazione enciclopedica della fede, delle virtù teologali, cardinali e monastiche. Vi troviamo inoltre rappresentati alcuni episodi della vita di S. Agostino, il Grande Dottore della Chiesa: la sua conversione, il battesimo amministrato da S. Ambrogio, i miracoli dopo la morte avvenuta nel 430 d.C. e la traslazione delle sue reliquie a Pavia.
Bonifacio Bottigella vuole onorare la basilica e l'Ordine e il santo con ciò di cui il novello fervore culturale e artistico rende d'un tratto evidente la mancanza, finora non sentita o poco considerata: un monumento sepolcrale degno di tanto nome. Ed ecco lapicidi e marmorini all'opera per anni e anni, ad alzare piano piano la gran montagna di figura e sopra e intorno ad Agostino giacente. Così afferma la tradizione che fissa nel 1362 l'anno di inizio dei lavori. Così nello stato visconteo prima e sforzesco poi, Pavia e san Pietro in Ciel d'Oro con la sua Arca, ormai compiuta ed eretta nella sagrestia, rimarranno una delle meraviglie di quella Lombardia che proprio per le sue ricchezze susciteranno la cupidigia degli invasori.
Attorno ad Agostino dormiente l'arca è una esplosione di personaggi, di santi e di segni di grande simbolismo. Lo vegliano e lo custodiscono Giovanni, l'apostolo dell'amore, Simpliciano che lo allevò alla fede dei neoplatonici, Paolo eremita, prototipo dei monaci di cui Agostino si innamorò a Milano e Cassiciaco, l'arcangelo Michele, così caro ai Longobardi e a Liutprando. Gli fanno corona le Virtù cristiane che tanto amò e predicò: la fede, la carità, la giustizia, la temperanza, la mansuetudine. Solo quando, nel secolo dei lumi, il vecchio mondo comincerà a tramontare e la rivoluzione francese gli darà la spallata decisiva, la basilica verrà travolta nella sua rovina, con la cacciata degli agostiniani, la trasformazione del convento in caserma, la vendita della chiesa, le demolizioni e i crolli, mentre l'Arca viene smontata e ammucchiata in un magazzino. Sembra che San Pietro in Ciel d'Oro debba ormai scomparire e un appaltatore l'acquista per recuperarne il materiale edilizio, pietre e mattoni, ma scopre che non ne trarrebbe vantaggio e il piccone si ferma. Poi vengono le resipiscenze, gli appelli alla cittadinanza, i restauri, la ricostruzione, il ritorno e il rimontaggio dell'Arca sull'altare maggiore, la tumulazione delle ossa di Agostino. L'epigrafe latina sopra il portale inneggia all'evento: Hosanna ! Ma ciò che vediamo oggi non è che la pallida ombra di quello che fu uno degli edifici più celebrati e illustri della cristianità. E l'Arca, collocata troppo in alto dalla pomposa mentalità settecentesca, è stata snaturata in un incombente e opprimente e inaccessibile monumento, tradendo la sua intenzione originaria di esposizione per immagini della vita e delle opere del Doctor Ecclesiae.