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Tematiche iconografiche agostiniane: Scrive il De Trinitate

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Scrive il De Trinitate

 

 

AGOSTINO SCRIVE IL DE TRINITATE

 

 

 

L'immensa opera letteraria di Agostino conobbe dei vertici straordinari, che segnarono la cultura per millenni. Fra i suoi testi più letti e studiati va sicuramente annoverato il De Trinitate, un'opera in cui il santo cerca di comprendere il mistero che avvolge le tre persone divine. Questa sua indagine lo ha reso famoso nel tempo: una sua tipica rappresentazione iconografica ricorda infatti la sua ricerca che si svolge e si conclude in riva al mare, su una spiaggia dove un bambino gli spiega perché vano è il suo tentativo di comprendere.

 

Agostino è stato il primo teologo latino ad avere affrontato in maniera rigorosa e sistematica il tema della Trinità, di natura squisitamente teologica e pertanto particolarmente astratto. Le sue radici sono nello stesso Nuovo Testamento dove, con Pietro e soprattutto Paolo, si fa del Cristo una persona divino-umana, e dove si fa del dio ebraico l'unico padre del Cristo, per cui questi gli diventa figlio unigenito. Nello stesso vangelo di Giovanni, si parla dello Spirito come di un "consolatore" mandato agli uomini in attesa della fine dei tempi.

Il De Trinitate è un testo fondamentale di Agostino che fu iniziato nel 399 e pubblicato nel 419. Agostino non era il primo in Occidente a scrivere su questo tema: già l'avevano fatto, seppure in modo frammentario, Tertulliano, Ilario e Ambrogio di Milano che hanno sicuramente influenzato la sua teologia. Ma è soprattutto Plotino, col suo neoplatonismo, a costituire un punto di riferimento privilegiato. Agostino lesse anche le opere trinitarie di Atanasio, Basilio, Gregorio Nazianzeno, Epifanio, Didimo il Cieco, ma non sembra che questi padri del mondo greco o orientale abbiano influito molto sul suo pensiero.

Il De Trinitate prende le mosse polemizzando con gli ariani, gli eunomiani e i sabelliani. Lo scopo infatti è quello di dimostrare che la Trinità è il solo unico vero Dio in tre persone. Il procedere speculativo di Agostino è di tipo astratto-concreto-astratto. Egli cioè parte dall'unità o unicità di Dio, considerata come un'idea ormai consolidata dopo che la polemica contro i politeisti è finita da un pezzo, per porre solo successivamente la pluralità delle tre persone, concludendo infine con le loro opposizioni di relazione. L'unità della divinità in tre ipostasi è garantita dall'unità della sostanza. La diversità delle persone, cioè della loro identità, è per così dire assorbita dalla loro unità.

La figura dello Spirito, a differenza di tutta la teologia ortodossa, non viene colta nel suo spessore ontologico, di diversità rispetto alla figura del figlio, ma solo nella sua funzione fenomenica, strumentale. Lo Spirito è in funzione del principio di autorità, che viene equamente condiviso dal padre e dal figlio. Agostino infatti chiama "amans" il padre, "amatus" il figlio e "amor" lo spirito, cioè dà a quest'ultimo un appellativo astratto, e la sostanza dello Spirito non viene concepita come in sé, ma come dal tutto derivata. Lo spirito dipende completamente e dal padre e dal figlio. La teologia trinitaria agostiniana  influenzerà il modo occidentale di pensare sulla processione dello Spirito, portandolo a rompere definitivamente con la teologia bizantina. L'occidente s'impadronirà del filioquismo in modo spontaneo, senza reagire minimamente a questa che gli ortodossi hanno sempre considerato un'eresia.

 

15. 1. Ho impiegato alcuni anni per comporre i libri su La Trinità, che è Dio. Già però nel tempo in cui non ero ancora giunto alla fine del dodicesimo e avevo trattenuto presso di me quelli già composti troppo a lungo rispetto all'aspettativa di coloro che avrebbero voluto averli, quei libri mi vennero sottratti, pur non essendo ancora corretti come avrebbero potuto e dovuto esserlo al momento in cui avessi deciso di pubblicarli. Quando me ne accorsi, visto che me n'erano rimasti altri esemplari, decisi di non pubblicarli di persona, ma di conservarli, ripromettendomi di chiarire l'accaduto in qualche altro mio scritto. In seguito però alle pressioni dei fratelli, alle quali non seppi resistere, provvidi a correggerli nei limiti che ritenni opportuno, completai l'opera e la pubblicai. Premisi al testo una lettera, indirizzata al venerabile Aurelio, vescovo della Chiesa di Cartagine, e in questa sorta di prologo esposi ciò che m'era accaduto, ciò che avevo avuto in mente di fare e ciò che in realtà avevo fatto per l'affettuosa pressione dei fratelli.

15. 2. Nell'undicesimo libro, trattando del corpo visibile ho detto: Perciò amarlo equivale a una pazzia. L'affermazione vale per quel tipo d'amore secondo il quale si pensa che, godendo dell'oggetto del proprio amore, si possa esser felici. Non è invece follia amare una bellezza sensibile in lode del Creatore e giungere così alla felicità vera godendo dello stesso Creatore. Ho ugualmente detto nel medesimo libro: Non mi ricordo di un volatile quadrupede, perché non l'ho visto, ma riesco facilmente a costruirne l'immagine aggiungendo a un tipo di volatile che ho visto oltre due altre zampe che pure ho visto. Dicendo questo non ero riuscito a ricordarmi dei volatili quadrupedi dei quali parla la Legge. Essa non annovera fra i piedi le due zampe posteriori che servono alle cavallette per saltare. Definisce inoltre queste ultime monde, distinguendole così da quei consimili volatili immondi che non riescono a saltare con quelle zampe come gli scarabei. Tutti gli animali di questo tipo son definiti nella Legge volatili quadrupedi.

15. 3. Non mi soddisfa la spiegazione da me data nel dodicesimo libro delle parole dell'Apostolo: Ogni peccato compiuto dall'uomo è fuori del suo corpo. Quanto alle parole: Chi commette fornicazione pecca contro il proprio corpo non penso vadano intese nel senso che si macchia di fornicazione colui che compie un'azione per ottenere i piaceri che si presentano attraverso il corpo e pone in questo il fine del suo bene. Tale comportamento comprende un numero ben maggiore di peccati di quello di fornicazione, che vien perpetrato in una unione illecita e del quale soltanto sembra parlare l'Apostolo nel passo citato. Quest'opera, ove si escluda la lettera, che solo in un secondo tempo ho collocato all'inizio, incomincia così: Il lettore di queste mie discussioni sulla Trinità.

AGOSTINO, Ritrattazioni, 15, 1-33

 

 

Le rappresentazioni iconografiche di Agostino che Scrive il De Trinitate

Miniatore tedesco (1101-1200) a Magonza, StadtBibliothek, ms II n. 18

Maestro di Engelberg (1178-1223) a Engelberg, Biblioteca del Monastero, Cod. 14

Anonimo di Gubbio (1600) a Gubbio, convento di S. Agostino

Brebiette Pierre (1626) a Nancy, Museo delle Belle Arti

Moncornet Balthazar (1630-1640) in Collezione privata

Begni Giulio Cesare (1640) a Fano, Convento S. Agostino, chiostro

Nuvolone Giuseppe (1650 ca.) a Milano, S. Maria Bianca della Misericordia

Nuvolone Giuseppe (1665 ca.) a Novara, chiesa di sant'Agostino

Locatelli Pietro (1674-1697) a Roma

Planes Sebastián (1680-1690) a Palma di Maiorca, chiesa di Nostra Signora del Soccorso

Olivieri Leonardo Antonio (1720-1740) a Martina Franca, chiesa S. Agostino

Muller Johann Sigmund (1705-1707) a Třeboň, monastero agostiniano, chiostro

Bianchi Carlo Antonio (1714-1774) a Cava Manara, chiesa parrocchiale di S. Agostino

Maestro di Indersdorf (1755) a Indersdorf, chiesa del monastero, altare di S. Agostino

Gunther Matthaus (1775-1779) a Grins, chiesa di san Nicola

Maestro Manuel (1776) a San Pedro Cholula, chiesa di santa Barbara di Almoloya

Pistrucci Benedetto (1820) in Collezione privata

Maestro di Lanciano (1820-1825) a Lanciano, chiesa di sant'Agostino

Rosario Maria (1930) a Andria, Basilica della Madonna dei Miracoli

Maestro di Honiton (1965-1980) a Honiton, Centro Pastorale S. Rita

Brusa Boris (1986) in Raccolta Privata