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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Ottocento > Vita de' SantiCICLo AGOSTINIANo in una Vita de' Santi
Il furto delle pere
B. L. HERCULE - P. VERDEIL
1880 circa
Edizione francese di una Vita de' Santi
Il furto delle pere
L'incisione è stata firmata da B. L. Hercule e da P. Verdeil. La scena si riferisce ad un episodio famoso che fu narrato con una certa enfasi da Agostino per dimostrare la naturale cattiveria dei fanciulli che pur tuttavia non si rendono conto di commettere errori contro se stessi e contro gli altri. La scena immaginata dai due incisori è piuttosto movimentata e ricca di pathos: quattro fanciulli si sono riuniti alla luce della luna in mezzo a un campo. Due di loro sono seduti, altri due sono in piedi e alzano le mani nel tentativo di afferrare dei rami di un albero.
La leggera torsione del corpo di uno di essi sembra voler richiamare l'attenzione degli altri ragazzi seduti che sembrano disinteressati a rubare le pere dall'albero. La scena sembra particolarmente indovinata soprattutto per la volitività dei quattro personaggi e per quel senso di spensierata fanciullezza che trasuda dagli atteggiamenti dei quatto giovani
A Cartagine, durante gli studi giovanili, Agostino si dà alla dolce vita. Oltre ad accusarsi di molti errori e riprovevoli usanze, Agostino si sofferma emblematicamente su un episodio che vede il furto di alcune pere: l'episodio in sè è una ragazzata, che sa però esprimere appieno la pochezza di ideali e di costumi dei giovani africani del tempo.
Certamente la tua legge punisce il furto, Signore, e così la legge scritta nel cuore degli uomini, che neppure la loro ingiustizia può cancellare. Non a caso non c'è ladro che si lasci derubare senza batter ciglio! Neppure se è ricco e l'altro ruba per sfamarsi. E io volli commettere un furto, e lo commisi senza essere in miseria: o forse sì, povero com'ero di giustizia, che avevo a noia, e straricco di iniquità. Rubai quello che avevo in abbondanza e di qualità molto migliore, e del resto non era per goderne che volevo rubarlo, ma per il furto stesso, per il peccato. C'era un pero nelle vicinanze della nostra vigna, carico di frutti non particolarmente invitanti all'aspetto o al sapore.
Era una notte fosca, e noi giovani banditi avevamo tirato così in lungo i nostri scherzi per le strade, secondo un'abitudine infame: e ce ne andammo a scuotere la pianta per portare via le pere. Ce ne caricammo addosso una quantità enorme, e non per farne una abbuffata noi, ma per gettarle ai porci - e se anche ne assaggiammo qualcuna fu solo per il gusto della cosa proibita. Ecco il mio cuore, Dio, ecco il cuore che in fondo all'abisso ha suscitato la tua pietà. E questo cuore ora ti deve dire che cosa andava cercando laggiù: volevo fare una cattiveria gratuita, senza avere altra ragione d'essere malvagio che la malvagità. Era brutta, e l'ho amata: ho amato la mia morte, il venire a mancare - e non l'oggetto di questa mancanza, no, ma la mia mancanza stessa ho amato, anima vergognosa che si schioda dal tuo fondamento per annientarsi, e non per qualche bruttura particolare, ma per il suo desiderio del brutto.
AGOSTINO, Confessioni, 2, 4, 9