Percorso : HOME > Iconografia > CicliQuattrocento > Carlisle

CICLo AGOSTINIANo dI Carlisle

Agostino e Alipio apprendono le esperienze eremitiche

Agostino e Alipio conoscono le esperienze eremitiche

 

 

MAESTRO DI CARLISLE

(1484-1507)

Cattedrale di Carlisle

 

Agostino e Alipio discutono dell'esperienza degli eremiti

 

 

 

I due amici Agostino e Alipio sono in piena commozione: Her sore wepyng for hys gret syn / he went to morne a garth wyth in. Alipio, che mancava nella scena precedente, ora riappare nello stesso scenario roccioso. Agostino è al centro davanti a libro aperto: dietro c'è Alipio, anch'egli con un libro aperto fra le mani. In questo giardino Alipio e Agostino meditano sugli eremiti: l'immagine di uno di loro incarna questo sogno. La scena ha un carattere astratto che si può accostare alla analoga scena della Historia Augustini, che si sviluppa tra Ponticiano e il Tolle, lege.

 

 

8.19. Allora nel mezzo di quella rissa violenta che nella mia casa interiore avevo ingaggiato con l'anima qui nella stanza più segreta, il cuore, con la faccia e la mente sconvolte, irrompo da Alipio: "Non se ne può più!" grido. "Cos'è che si sente? Gli ignoranti si alzano e ci rubano il cielo, e noi con tutta la nostra erudizione senz'anima, guardaci qui, a rivoltarci nella carne e nel sangue! Cos'è, vergogna di andargli dietro la nostra, di non essere i primi? E non ci vergognamo a non seguirli neppure?" Cose del genere dissi, e poi la piena del cuore mi strappò via da lui, che mi fissava attonito, in silenzio. Neppure la mia voce era più la stessa. E più che le parole era la fronte, erano gli occhi e la faccia, il suo colore, il tono della voce a dire quello che provavo. La nostra casa aveva un piccolo giardino, di cui avevamo l'uso come di tutto il resto, perché il nostro ospite, il padrone di casa, non abitava lì. Là mi spinse quella sommossa del cuore, dove nessuno avrebbe posto freno alla furiosa lite che avevo ingaggiato con me stesso, finché avesse il suo esito: che tu conoscevi, io no. Io stavo semplicemente impazzendo per salvarmi e morivo per vivere. Sapendo cos'ero di male e ignorando cosa sarei divenuto di buono poco dopo. Mi rifugiai in giardino, dicevo, e Alipio dietro, passo dopo passo.

Non c'era alcuna indiscrezione nella sua presenza, e poi come avrebbe potuto lasciarmi solo in quello stato. Ci sedemmo il più lontano possibile dalla casa. Io fremevo nell'intimo, sdegnato fino al furore più incontenibile, per non riuscire a venire incontro a te, al tuo piacere come alla tua alleanza, Dio mio, quando tutte le mie ossa gridavano sì e li esaltavano fino al cielo. Non era un viaggio con navi o quadrighe, e neppure a piedi, non richiedeva neppure quei pochi passi che separavano da casa il luogo dove eravamo seduti. Perché non solo l'andare, ma anche l'arrivare là non era altro che voler andare: ma volere con forza e integralmente, non coi rigiri e le impennate di una volontà mezzo acciaccata dalla lotta, una volontà che si rialza da una parte per crollare dall'altra.

Agostino, Confessioni  8, 8, 19

Jacopo da Varagine, Legenda Aurea