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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Quattrocento > Ottaviano NelliCICLo AGOSTINIANo di Ottaviano Nelli a Gubbio
Agostino insegna a Roma
OTTAVIANO NELLI
1410-1420
Chiesa di sant'Agostino a Gubbio
Agostino insegna a Roma
La scena fa parte di una struttura più ampia che ha come soggetto il soggiorno romano di Agostino. Sopra un banco dove sta appoggiato un libro, si leva il busto di Agostino mentre sta insegnando a un gruppo di persone di varia età. L'aula è piccola e affollata, con una grande apertura all'esterno: fa parte di un edificio più complesso all'interno delle mura della città di Roma. La scritta riporta: Hic Augustinus legebat philosofiam Romanis.
Verso il 384 Agostino lascia Cartagine per andare ad insegnare a Roma.
Agostino in realtà sta cercando di fare carriera e pertanto inizia il viaggio di avvicinamento alla città dove risiede l'imperatore (Milano) passando per Roma, dove ha amici manichei potenti ed influenti.
Agisti dunque su di me fino a farmi maturare la decisione di partire alla volta di Roma, per insegnare là invece che a Cartagine la mia disciplina. Come poi venni a questa convinzione io non te lo voglio tacere, dato che anche in questi fatti bisogna riconoscere e celebrare le tue profondità segrete e la tua attenzione costante e tenerissima per noi. Non volevo andare a Roma per le prospettive di maggiori guadagni e maggior prestigio con cui gli amici volevano allettarmi - benché anche queste cose allora avessero peso sulle mie decisioni. Ma la ragione prima e forse unica era la fama che gli studenti di là avevano d'essere più tranquilli, e disciplinati da un ordinamento più rigoroso: e non avevano l'abitudine di irrompere alla spicciolata e alla rinfusa in una scuola se non erano allievi di quel maestro, anzi non vi erano affatto ammessi senza il suo permesso. A Cartagine invece l'indisciplina degli studenti è vergognosa e sfrenata: hanno l'impudenza di cacciarsi dove vogliono, sono come furie che turbano l'ordine istituito per il profitto degli allievi.
Commettono ogni sorta di insolenze di una scempiaggine incredibile, che le leggi dovrebbero punire, se l'usanza non li proteggesse. E si rivelano tanto più miserabili, in quanto agiscono come se ciò che fanno fosse lecito, mentre per la tua legge non lo sarà mai; e credono di passare impuniti quando è la stessa cecità del loro agire la pena, e soffrono cose incomparabilmente peggiori di quelle che fanno. E io che da studente m'ero sempre rifiutato di indulgere a quegli usi, adesso da professore ero costretto a sopportarli da parte altrui: per questo aspiravo ad andarmene dove questo, stando a chi ne era informato, non sarebbe accaduto.
AGOSTINO, Confessioni 5, 12, 22