Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > Giulio Begni

CICLo AGOSTINIANo di GIULIO BEGNI A FANO

Il battesimo di Agostino, affresco nel chiostro del monastero agostiniano di Fano

Il battesimo di sant'Agostino

 

 

GIULIO CESARE BEGNI

1640

Chiostro del monastero agostiniano di Fano

 

Il Battesimo di Agostino

 

 

 

Nella primavera del 387 Agostino, dopo aver lasciato la villa dell'amico Verecondo a Cassiciaco, tornò a Milano con l'amico Alipio e il figlio Adeodato per iscriversi tra i catecumeni. La notte di Pasqua tra il 24 e 25 aprile dello stesso anno Ambrogio di Milano lo battezzò.

Straordinario è il ricordo di Agostino che emerge dalle Confessioni che è ben espresso da Possidio nella sua Vita di Sant'Agostino: "Dipoi dall'intimo del cuore disse addio ad ogni speranza mondana: non donna, non figliuoli della carne, non secolari amori cercò più mai, ma dispose con suoi di servire a Dio".

La lunetta per quanto malconcia riesce ancora ad esprimere la grandiosità della rappresentazione, con in primo piano il fonte battesimale, Ambrogio, i battezzandi, i chierici e quanti furono presenti all'evento. Al centro stemma della famiglia De Pili.

 

Milano fu la tappa decisiva della conversazione di Agostino. Qui ebbe l'opportunità di ascoltare i sermoni di Ambrogio che teneva regolarmente in cattedrale, ma se le sue parole si scolpivano nel cuore di Agostino, fu la frequentazione con un anziano sacerdote, san Simpliciano, che aveva preparato Ambrogio all'episcopato, a dargli l'ispirazione giusta; il quale con fine intuito lo indirizzò a leggere i neoplatonici, perché i loro scritti suggerivano "in tutti i modi l'idea di Dio e del suo Verbo". Un successivo incontro con sant'Ambrogio, procuratogli dalla madre, segnò un altro passo verso il battesimo; fu convinto da Monica a seguire il consiglio dell'apostolo Paolo, sulla castità perfetta, che lo convinse pure a lasciare la moglie, la quale secondo la legge romana, essendo di classe inferiore, era praticamente una concubina, rimandandola in Africa e tenendo presso di sé il figlio Adeodato (ci riesce difficile ai nostri tempi comprendere questi atteggiamenti, così usuali per allora).

A casa di un amico Ponticiano, questi gli aveva parlato della vita casta dei monaci e di s. Antonio abate, dandogli anche il libro delle Lettere di S. Paolo; ritornato a casa sua, Agostino disorientato si appartò nel giardino, dando sfogo ad un pianto angosciato e mentre piangeva, avvertì una voce che gli diceva "Tolle, lege, tolle, lege" (prendi e leggi), per cui aprì a caso il libro delle Lettere di S. Paolo e lesse un brano: "Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie. Rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri" (Rom. 13, 13-14).

Dopo qualche settimana ancora d'insegnamento di retorica, Agostino lasciò tutto, ritirandosi insieme alla madre, il figlio ed alcuni amici, ad una trentina di km. da Milano, a Cassiciaco, l'attuale Cassago Brianza, in meditazione e in conversazioni filosofiche e spirituali; volle sempre presente la madre, perché partecipasse con le sue parole sapienti. Nella Quaresima del 386 ritornarono a Milano per una preparazione specifica al Battesimo, che Agostino, il figlio Adeodato e l'amico Alipio. Il giorno di Pasqua Agostino ricevette il battesimo insieme all'amico Alipio che era stato convertito dalle prediche di S. Ambrogio, e ad Adeodato, figlio dello stesso Agostino, natogli mentre era ancora filosofo pagano. Allora S. Ambrogio secondo quello che lui stesso dice, gridò: Te Deum laudamus. S. Agostino seguitò: Te Dominum confitemur.