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CICLo AGOSTINIANo di GIULIO BEGNI A FANO

Funerali di Agostino

Funerali di Agostino

 

 

GIULIO CESARE BEGNI

1640

Chiostro del monastero agostiniano di Fano

 

Funerali di Agostino

 

 

 

Il dipinto di Begni illustra il trasporto della salma di sant'Agostino nella cattedrale di Ippona. Lo stemma è quello del vescovo fanese Vincenzo Franceschini che fu vescovo di Fano dal 1893 al 1896. Lo stemma probabilmente non è l'originale ma si tratta di una ridipintura su altro stemma precedente.

La scritta del dipinto, che riproduce l'analaga espressione nella stampa di Bolswert, ricorda: "Anima beatissima in coelum transmissa, corpus non sine uberrimus suorum lacrymis totiusque urbis et orbis luctu, incruento pro more sacrificio oblato, in basilica cathedrali D. Stephano sacra, terrae redditur."

I movimenti dei personaggi sono composti, ma di maggior movimento. Sullo sfondo si intravede Ippona con i suoi monumenti. Una fila di frati con le candele sta giungendo a S. Stefano Rotondo portando la salma di Agostino che ora è vestito da vescovo. La bara è portata anche da due vescovi. Un frate si rivolge ai presenti, quasi a invitarli di non disturbare.

 

31. 3. Perché nessuno disturbasse il suo raccoglimento, circa dieci giorni prima di morire, disse a noi, che lo assistevamo, di non far entrare nessuno, se non soltanto nelle ore in cui i medici entravano a visitarlo o gli si portava da mangiare. La sua disposizione fu osservata, ed egli in tutto quel tempo stette in preghiera.

31. 4. Fino alla sua ultima malattia predicò in chiesa la parola di Dio ininterrottamente, con zelo e con forza, con lucidità e intelligenza.

31. 5. Conservando intatte tutte le membra del corpo, sani la vista e l'udito, mentre noi eravamo presenti osservavamo e pregavamo, egli - come fu scritto - si addormentò coi suoi padri, in prospera vecchiaia (1 Re, 2, 10). Per accompagnare la deposizione del suo corpo, fu offerto a Dio il sacrificio in nostra presenza, e poi fu sepolto.

31. 6. Non fece testamento, perché povero di Dio non aveva motivo di farlo. Raccomandava sempre di conservare diligentemente per i posteri la biblioteca della chiesa con tutti i codici. Quel che la chiesa aveva di suppellettili e ornamenti, affidò al prete che alle sue dipendenze curava l'amministrazione della casa annessa alla chiesa.

31. 7. Né durante la vita né al momento di morire trattò i suoi parenti, sia quelli dediti alla vita monastica sia quelli di fuori, nel modo consueto nel mondo. Quando viveva, dava a costoro, se era necessario, quel che usava dare agli altri, non perché avessero ricchezze ma perché non fossero poveri e non lo fossero troppo.

31. 8. Lasciò alla chiesa clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori; inoltre, biblioteche contenenti libri e prediche sia suoi sia di altri santi, dai quali si può conoscere quanta sia stata, per dono di Dio, la sua grandezza nella chiesa e nei quali i fedeli lo trovano sempre vivo. In tal senso un poeta pagano, disponendo che i suoi gli facessero la tomba in luogo pubblico ed elevato, dettò questa epigrafe: Vuoi sapere, o viandante, che il poeta vive dopo la morte? Ecco, io dico ciò che tu leggi: la tua voce è la mia.

POSSIDIO, Gesta Augustini 31, 3-8