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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > Giulio BegniCICLo AGOSTINIANo di GIULIO BEGNI A FANO
Il chiostro cinquecentesco agostiniano di Fano
GIULIO CESARE BEGNI
1640
Chiostro del monastero agostiniano di Fano
Scene della Vita di sant'Agostino
Nel giugno 2001 è stato inaugurato il restaurato chiostro di S. Agostino a Fano per opera della Fondazione Carifano. Resi illeggibili dall'incuria e dagli affanni del tempo gli affreschi del chiostro, che narrano le Storie di sant'Agostino, sono divenuti di nuovo comprensibili e, anche se non nascondono le loro lacune, sono di nuovo usufruibili ai visitatori. Le 28 lunette conservate furono dipinte nel 1640 dal pittore pesarese Giulio Cesare Begni (1579-1659), su commissione dei padri agostiniani.
Il chiostro e l'annesso convento sono adiacenti alla chiesa di S. Agostino eretta in stile barocco. Nato con la dedicazione a S. Lucia, l'edificio esisteva già nel 1265 quando, in piena epoca di espansione dell'ordine neo costituito, fu ceduto agli Agostiniani dell'antico convento extraurbano di S. Stefano in Padule. Dopo il loro trasferimento, i frati, per espressa volontà di S. Nicola da Tolentino, come ricorda almeno una vecchia iscrizione, vi fecero scavare un pozzo, forse per eliminare ogni traccia di un antico Tempio della dea Fortuna: Templum mendacis Fortunae dirutum. Della chiesa medioevale, dopo le diuturne traversie dei secoli, sopravvive ancora la bella fiancata orientale con lunghe monofore trilobate tamponate e ricca cornice in cotto con doppia fascia di archeggiature. Questa parte del'edificio risale ai primi anni del Quattrocento, quando l'edificio originario fu ricostruito e riconsacrato nell'anno 1409. Dopo il 1563, data in cui furono poste le fondamenta per un nuovo presbiterio con profonda cappella centrale e due minori cappelle laterali, si procedette ad una inversione della facciata. La trasformazione interna su disegno del fanese Ludovico Giorgi fu portata a compimento solo un secolo dopo, quando nel 1685 fu realizzata la grande volta a padiglione. In quella occasione il pittore fanese Giambattista Manzi ne affrescò il riquadro centrale con una finta prospettiva architettonica di gusto bibienesco culminante in uno sfondato di cielo con S. Agostino in Gloria. La volta e l'affresco sfortunatamente sono andati perduti nel corso dei bombardamenti e solo la prima potrà essere recuperata, insieme con le belle decorazioni a stucco che ancora ornano le due pareti laterali. A destra dell'ingresso, una delle due cappelle laterali absidali dell'antica costruzione gotica conserva in pessime condizioni affreschi trecenteschi con figure di santi e sovrastanti episodi della Vita di S. Lucia di un ignoto artista operante nella prima metà del Trecento. Per la chiesa di sant'Agostino fu dipinto il celebre Angelo Custode del Guercino (1641) ora custodito presso la Pinacoteca Civica.
Il convento fu occupato dagli Agostiniani fino alle soppressioni napoleoniche per diventare poi, dopo la restaurazione pontificia e fino agli anni dell'ultimo dopoguerra, la sede del Seminario diocesano. È rimasto inalterato il bel chiostro rinascimentale dalla snelle colonne tuscaniche costruito nel 1561-1562, le cui lunette conservano interessanti affreschi del pesarese Giulio Cesare Begni, raffiguranti episodi della Vita di S. Agostino. Eseguiti a spese delle maggiori famiglie patrizie fanesi del tempo, sono stati recentemente restaurati.
Il ciclo comprende 28 lunette distribuite nei quattro lati del chiostro in corrispondenza di ciascuna arcata. La narrazione della vita del santo si sviluppa in 26 episodi preceduti nel primo scomparto dalla raffigurazione di Agostino tra le personificazioni della Fede e della Giustizia e interrotti, a metà ciclo, da una lunetta dove si legge un'iscrizione che ricorda il nome di Begni, autore degli affreschi, e di due pittori che in due occasioni ritoccarono il ciclo. Ogni lunetta è incorniciata da una ghirlanda di fiori e frutta e delimitata, in basso, da un'iscrizione, spesso non più leggibile che descrive l'episodio sopra raffigurato seguendo la traccia delle stampe di Bolswert. Al centro di ogni iscrizione si trova lo stemma di una famiglia nobile di Fano. L'autore degli affreschi è individuato dall'iscrizione dipinta sotto uno degli archi oltre a un documento notarile in cui Begni risulta testimone contrattuale. La datazione al 1640 è deducibile dagli Atti dei Consigli, dove si legge che il giorno 23 giugno si discusse un pagamento per una lunetta fatta eseguire dai frati agostiniani e relativa alle storie di sant'Agostino. Le altre lunette furono pagate dalle diverse famiglie nobili locali di cui fu apposto lo stemma. La lunetta degli agostiniani probabilmente era la seconda dove fu dipinto lo stemma della città di Fano, al cui Consiglio i frati si erano rivolti per il pagamento di quattro scudi, che era il costo di una lunetta
Sul lato meridionale del chiostro sono anche ben visibili due eleganti bifore risalenti alla primitiva costruzione che forniscono luce a quella che fu l'antica sala capitolare dal bellissimo soffitto ligneo cuspidato risalente al Trecento.
Il chiostro cinquecentesco con la posizione delle lunette con le rispettive pitture
L'elenco dei temi dipinti da Begni nei ventotto soggetti raffigurati nelle lunette dei quattro lati (T, H, R, S) del chiostro segue qui sotto un ordine desunto da P. Borgogelli Ottaviani, Il chiostro dell'antico convento di Sant'Agostino in Fano, in "Spunti antiche e recenti di storia agostiniana", Fano 1926. La sequenza delle scene riprende sostanzialmente il tema iconografico che Schelte da Bolswert pubblicò in altrettante stampe a Parigi nel 1624:
T1: Sant'Agostino tra Fede e Giustizia. Lo stemma vescovile associato non è identificabile. Dato che gli affreschi vennero ultimati nel 1640, potrebbe trattarsi dello stemma di Ettore Diotallevi, vescovo di Fano dal 27 ottobre 1635 al 30 aprile 1641.
T2: Conversione di Sant'Agostino. Lo stemma associato al dipinto è quello della città di Fano.
T3: Battesimo di Sant'Agostino. Il dipinto reca lo stemma della famiglia de' Pili.
T4: Ordinazione sacerdotale di Sant'Agostino (L'identificazione di questa scena è dubbia: in realtà potrebbe trattarsi di un episodio leggendario, caro agli agostiniani, legato alla vestizione di Agostino subito dopo il suo battesimo). Lo stemma è relativo alle famiglie Rinalducci e Martinozzi.
T5: Agostino incontra gli eremiti del monte Pisano
T6: Agostino a Ostia ha una visione estatica ed assiste la madre Monica morente. Lo stemma è relativo alla famiglia Marcolini.
T7: Agostino ritorna in Africa. Lo stemma riprodotto è quello della famiglia de' Borgarucci.
H1: Agostino sogna di dover restaurare la Chiesa di Cristo (o meglio Agostino fonda monasteri)
H2: Il popolo di Ippona supplica il vescovo Valerio di consacrare sacerdote Agostino
H3: Il vescovo Valerio consacra Sant'Agostino sacerdote
H4: Disputa di Agostino con Fortunato. Lo stemma è relativo al canonico Alberto Alberini.
H5: Agostino è consacrato vescovo
H6: Agostino incontra l'imperatore Onorio. Lo stemma associato è quello della famiglia Borgogelli.
H7: Agostino presiede la Conferenza di Cartagine contro i Donatisti. Lo stemma è quello della famiglia Avveduti.
R1: Agostino scrive "Super Trinitatem" (La scena esprime il rapimento del santo di fronte al mistero della Trinità). Lo stemma è relativo alle famiglie Simonetti e Palazzi.
R2: Nella lunetta è stata aperta una finestra che dà luce alla Cappella dell'Angelo Custode, la Cappella dove nel 1641 fu collocato l'omonimo dipinto del Guercino. Vi è dipinta un'iscrizione che rende noti i restauri subiti dagli affreschi, e cioè quello del 1775 ad opera di Giuseppe Ceccarini, figlio del più noto Sebastiano, e quello del 1907 ad opera di Pasquale Gramolini detto Garofani. Un ulteriore restauro fu eseguito nel 1990 dall'urbinate Nino Pieri.
R3: Agostino parla con una donna (metà di sinistra) e La Ss. ma Trinità appare alla donna mentre Sant'Agostino celebra la S. ta Messa (metà di destra). L'episodio è relativo ad una leggenda medioevale che coinvolge Agostino e una vedova sul tema della Trinità. Lo stemma è quello della famiglia Carrara.
R4: Apparizione della Vergine a Sant'Agostino (La scena è meglio nota come Agostino ferito dall'amore di Cristo). Lo stemma è quello della famiglia Torelli.
R5: Agonia di sant'Agostino (in realtà la scena dovrebbe dovrebbe raffigurare l'episodio in cui Agostino morente guarisce un ammalato che gli viene portato ai piedi del letto). Lo stemma associato è della famiglia de' Cuppis.
R6: Morte di Sant'Agostino. Lo stemma è della famiglia de Angelici.
R7: Trasporto della salma di sant'Agostino nella cattedrale di Ippona. Lo stemma è quello del vescovo fanese Vincenzo Franceschini che fu vescovo di Fano dal 1893 al 1896. probabilmente si tratta di una ridipintura su altro stemma precedente.
S1: Sepoltura di sant'Agostino nella basilica di San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia (Il tema è meglio noto come traslazione delle spoglie di sant'Agostino a Pavia). Lo stemma è quello della famiglia Castracane.
S2: Venerazione delle spoglie di sant'Agostino (ovvero i pellegrini affluiscono alla sua tomba). Lo stemma è quello della famiglia de' Petrucci. Un altro stemma presente non è identificabile.
S3: Miracolo di sant'Agostino (potrebbe essere quello relativo alla liberazione di un prigioniero). Lo stemma appartiene alla famiglia Lanci.
S4: Sant'Agostino appare al duca Francesco Gonzaga nel corso di una battaglia e lo salva dal pericolo.
S5: Sant'Agostino libera Toledo dalle locuste. Lo stemma raffigurato appartiene alla famiglia Bertozzi.
S6: Miracolo dei ceri che non si consumano a Valenza. Gli stemmi relativi alla lunetta sono riferibili alle famiglie Sperandio, Amiani, Marcolini e de' Firmani.
S7: Sant'Agostino e San Tommaso resuscitano un diacono (questo miracolo non è attestato altrove: in realtà potrebbe essere quello di origini medioevali relativo alla guarigione di un priore devoto al santo). Lo stemma è quello della famiglia de' Palazzi.