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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Settecento > Johann Sigmund MüllerPITTORI: Johann Sigmund Müller
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JOHANN SIGMUND MULLER
1705-1707
Třeboň, monastero agostiniano, chiostro
Agostino tra il sangue di Cristo e il latte della Vergine Maria
All'inizio del XVI secolo compare una rappresentazione allegorica della dichiarazione di Agostino "Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere.” Questa immagine è diventata un elemento fondamentale nel repertorio della controriforma e conobbe una popolarità senza precedenti soprattutto in Spagna, anche se le sue radici sarebbero state trovate negli Appennini toscani in Italia. Sia pure con varianti letteralmente descrittive, quando il santo è tra la Vergine Maria e il Crocifisso, vediamo convergere su di lui flussi di latte e sangue. In altre più elaborate presentazioni Agostino, presente con un cuore ifiammante in mano, si rivolge alla Regina del Cielo e a suo figlio. Il dipinto di Třeboň appartiene senza dubbio a questa seconda variante. Agostino si inginocchia davanti alla Vergine Maria in trono su una sfera di nuvole e al Crocifisso nella mandorla, sulla cui croce risplende la scritta INRI. Appoggia la mano sinistra al petto in un gesto di umiltà mentre con la destra offre il suo cuore ardente, evocando così il gesto della Vergine Maria, che gli porge la mano sinistra in segno di condivisione. In Boemia questa stessa tematica si incontra nel dipinto di Jan Jiří Heinsch della fine del secolo XVII, dove la composizione è fortemente influenzata dall'impostazione che ne dà Murillo. Agostino è qui tra la Vergine Maria e Cristo, e con un gesto di braccia tese, amplificate da un'espressione titubante, non riesce davvero a decidere se ricevere prima il latte della Vergine Maria o il sangue della ferita di Cristo.
L'episodio è relativo a una leggenda che nasce probabilmente in Italia. Diversi pittori si sono ispirati a essa che trae spunto da passi delle sue meditazioni: il santo è presentato innanzi al Cristo crocefisso ed alla Vergine, mentre, pregando, si domanda: "Hinc a vulnere pascor", e, volgendosi verso Maria, soggiunge: "Hinc lactor ab Ubere", concludendo: "Positus in medio quod me vertere nescio, Dicam ergo Jesu Maria miserere". Sembra che l'episodio prenda spunto da un passo della S. Aurelii Augustini Hipponensis episcopi et S. R. E. doctoris vita di Cornelius Lancelotz (1574-1622) O.S.A. edito ad Anversa nel 1616.
Lancillottus scrive, riportando parole apocrife di Agostino: "Positus in medio quo me vertam nescio. Hinc pascor a vulnere, hinc lactor ab ubere." La medesima scritta fu riportata da Francesco Francia e poi da Kartarius, un incisore nativo di Viterbo, che lavorò a Roma fra il 1560 e il 1570, nella sua stampa della Vita di Agostino edita nel 1570.
La prima immagine di Maria "Galactotrephousa" (così era chiamata in Oriente, mentre in Occidente veniva appellata come "Maria Lactans") è di origine copta e si trova in una cella monastica di Banit in Egitto e in una caverna eremitica del Monte Latmos in Asia minore (entrambi del sec. VI - VII) nonché a Roma in un frammento di scultura del secolo VI rinvenuto nel Cimitero di San Sebastiano. L'immagine paleocristiana della Virgo lactans, che nella rappresentazione del gesto materno per eccellenza evidenziava l'incarnazione del Cristo in una creatura terrena, fu recuperata nel secolo XII e incontrò enorme successo a partire dal XIII secolo, in coincidenza con la diffusione, promossa dai crociati, delle icone della Galactotrephousa che stimolò una fiorente produzione d'immagini devozionali sia nella pittura che nella scultura.