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PITTORI: Johann Sigmund Müller

Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino

Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino

 

 

JOHANN SIGMUND MULLER

1705-1707

Třeboň, monastero agostiniano, chiostro

 

Agostino lava i piedi al Cristo pellegrino

 

 

 

Agostino lava i piedi a un pellegrino e riconosce Cristo in lui; questa immagine di sant'Agostino appare per la prima volta in Catalogna alla fine del XV secolo e grazie alla sua corrispondenza con lo spirito dell'arte nell'epoca della Controriforma, divenne rapidamente parte della sua educazione culturale. La scena realizzata nella incisione grafica di Bolswert ha costituito il modello per la versione del ciclo di Třeboň. Posto nella sua cella in un angolo delimitato sul lato destro da un muro che si fonde con una volta in mattoni, Agostino lava i piedi di un pellegrino in cui finisce per riconoscere Cristo.

La natura divina del pellegrino è rivelata dall'alone che lo circonda. Il pellegrino è presentato come un viaggiatore con tutti i dettagli che lo contraddistinguono: indossa un mantello, porta un cappello a tesa larga sulla schiena, mentre il bastone viene appoggiato accanto a lui sulla pietra su cui siede. Sfortunatamente il volto e la figura di Cristo sono gravemente danneggiata ed è visibile una immagine che è stata strappata. La versione del momento mistico nella stampa di Bolswert è accompagnata da una leggenda: “Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes laurat et audit: Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti, tibi commendo Ecclesiam meam. ”

Anche a Třeboň il pittore non ha dimenticato la rappresentazione dettagliata degli oggetti, tra cui la brocca è particolarmente interessante per la decorazione. La cella di Agostino è dotata di libri e un tavolo sul quale il futuro Padre della Chiesa scrive le sue opere. Dietro la scena principale si apre una vista sul paesaggio circostante dove si possono vedere pastori che accudiscono il bestiame e due pellegrini.

 

Questa leggenda mette in luce la carità di Agostino e divenne molto cara agli Eremitani ed ai Canonici. Secondo M. Aurenhammer, che lo affermò nel suo Lexikon der christlichen Ikonographie (Vienna, 1953), la leggenda sarebbe stata elaborata in Spagna, dove in effetti appare per la prima volta. Da lì si diffuse nelle Fiandre.

Probabilmente fu estrapolata da qualche frase di Giordano di Sassonia, che nel suo Liber vitasfratrum scrisse: "Unde in Vitaspatrum legitur, quod sanctus Apollonius fratribus suis praecipiebat attentius, ut advenientes fratres quasi Domini susciperent adventum: "Nam et adorari adventantes fratres propterea", inquit, "traditio habet ut certum sit in adventu eorum adventum Domini nostri iesu Christi haberi, qui dicit: Hospes fui et susceptistis me". Et hoc sumpta est illa laudabilis observantia Ordinis, ut fratres hospites recipiantur cum genuflexione et manuum deosculatione."

N. CRUSENIUS nel suo Monasticon Augustinianum, I, 7 pubblicato a Vallisoleti nel 1623 a sua volta scrive: "Ad interiora deserti secedens, Christum hospitio suscipit, pedes lavat et audit: 'Augustine, Filium Dei hodie in carne videre meruisti; tibi commendo Ecclesiam meam.' S. Prosper et alii ", dove questi alii sarebbero Ferdinando vescovo di Tarragona e Jean Maburn canonico regolare.

Il primo a produrre questo tema iconografico fu Huguet, ma sarà Bolswert con le sue incisioni a diffonderlo ampiamente. La valenza di questo soggetto è teologicamente importante sia perché abbondano i testi agostiniani che sottolineano il valore dell'ospitalità al pellegrino, e perché Agostino stesso diede molta importanza all'ospitalità nei suoi monasteri. Già nelle Costituzioni Agostiniane del 1290 si trova il passo che stabilisce per i pellegrini la possibilità di lavarsi i piedi nel monastero. Nel 1686 si ribadisce che bisogna lavare i piedi dei pellegrini come se fossero la persona di Cristo.

Il tema di Agostino che lava i piedi al Cristo ha un grande valore anche teologico, poiché secondo la tradizione degli agostiniani eremitani, Agostino quando era monaco a Tagaste si sarebbe ritirato in un eremo con finalità di pura contemplazione. L'apparizione di Cristo in forma di pellegrino, gli avrebbe imposto di ritornare al mondo per testimoniare con la parola e le opere la vita cristiana.

Spesso la scena è accompagnata dal testo "O grande padre Agostino, ti affido la mia Chiesa", tratto da un apocrifo ambrosiano. E' un chiaro segno per giustificare la vita mista fra contemplazione e azione propria degli eremitani, con l'invito a seguire l'esempio del santo fondatore.