Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San Marco

Iconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano

Agostino vescovo (particolare del Sarcofago di Martino Aliprandi) nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Agostino vescovo

 

 

MAESTRO DELL'ARCA DEI RE MAGI

1350 circa

Chiesa di San Marco a Milano

 

Agostino vescovo (particolare del Sarcofago di Martino Aliprandi)

 

 

 

Figlio di Rebaldo, fratello di Pinalla e di Salvarino, Martino Aliprandi apparteneva ad una delle famiglie più importanti di Monza, ma residente a Milano, che si distinse come giurista e come uomo di fiducia di Azzone Visconti e Giovanni Visconti per cui rivestì incarichi diplomatici. Organizzò con il fratello Pinalla una vittoriosa resistenza dei milanesi contro l'imperatore Ludovico IV. Dopo essere stato inviato da Azzone come ambasciatore nel 1332 ad Avignone dal pontefice Giovanni XXII, fu podestà dal 1334 al 1336 a Monza, ove ne curò le fortificazioni.

Quindi fu podestà a Piacenza nel 1337-1338. Dopo la morte di Azzone Visconti (16 agosto 1339) Pinalla Aliprandi fu tenuto in disparte da Luchino ed entrò a far parte della congiura ordita nel 1341 contro costui dai Pusterla e da altri nobili milanesi. Scoperta la congiura, Pinalla, e con lui il fratello Martino, fu arrestato, torturato e fatto morire di fame. Sarebbe morto verso il 1440.

Martino fu sepolto nella cappella di famiglia nella Chiesa di San Marco di Milano; la sua arca sepolcrale, nel quale è raffigurato nell'atto di tenere lezione di diritto agli studenti, è un esempio di scultura funeraria della metà del XIV secolo. Il suo sarcofago si suddivide in tre scomparti e due nicchie laterali, di cui la sinistra conserva l'immagine di Agostino in abito eremitico con manto pontificale e pastorale. Al centro è la Trinità: il padre in trono, il Figlio in croce, lo Spirito Santo in origine compariva come forma di colomba. Nel riquadro di sinistra assistiamo alla presentazione del defunto alla Vergine, in quello di destra c'è una scena di scuola con un maestro, probabilmente lo stesso giurista Martino Aliprandi, e otto discepoli. La nicchia destra presenta san Marco.

Un'antica tradizione fa derivare la stirpe degli Aliprandi dal grande re longobardo Liutprando (712-744). Non esiste tuttavia una certa e sicura genealogia capace di provare questa discendenza, ma non manca una ricca documentazione costituita da antichi manoscritti e da altre fonti che li vuole di sangue regio e di antica derivazione longobarda. Esiste anche un Aliprando duca di Asti, investito del titolo da re Rachis nel 744. La derivazione da regale stirpe longobarda è attestata da una iscrizione sepolcrale del 1131 nella Chiesa di Santa Maria delle Grazie in Monza, pubblicata da storici illustri quali il Cantù e il Giulini e inoltre venne ammessa come prova di nobiltà per la ricezione nell'Ordine di Santo Stefano e nel nobile Collegio dei Giureconsulti di Milano. A Milano, la famiglia compare nell'elenco delle casate nobili fatto redigere da Ottone Visconti nel 1277. Giovanni Aliprandi (1220) generò tre figli: Arnolfo, Garibaldo e Bertarino, avo di Enrico, signore di Monza; il pronipote di Arnolfo, Giovannolo, venne creato vassallo immediato (con il rango della nobiltà eminente), conte palatino e nobile del Sacro Romano Impero con i fratelli, il nipote e discendenti per diploma dell'Imperatore Carlo IV del Sacro Romano Impero del 15 maggio 1355.

 

 

8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.

8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.

8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.

8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.

Arca di Martino Aliprandi nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Arca di Martino Aliprandi

8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.

8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.

POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6

 

Sulla parete occidentale del braccio meridionale del transetto, sotto l'affresco dei Fiammenghini, è visibile il sarcofago del figlio di Rebaldo, Martino Aliprandi. Il sarcofago si suddivide in tre scomparti e due nicchie laterali. Al centro è la Trinità: il Padre in trono, il Figlio in croce, lo Spirito Santo in origine compariva sotto forma di colomba, come appare in una riproduzione fotografica del 1944. Nella riquadro sinistro assistiamo alla presentazione del defunto e di altri tre personaggi, probabilmente i figli, da parte di Sant'Ambrogio e San Giovanni Battista, alla Vergine col Bambino; nella formella destra, otto discepoli ascoltano il maestro in cattedra. Nelle nicchie di sinistra e di destra compaiono rispettivamente Sant'Agostino e San Marco con il leone alato ai piedi. Il sarcofago, eseguito verso la metà del XIV secolo, è attribuito al Maestro di formazione balduccesca, autore dei rilievi superiori dell'arca di S. Agostino a Pavia.