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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San MarcoIconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano
Agostino vescovo di Bonino da Campione
BONINO DA CAMPIONE
1350 - 1375
Chiesa di San Marco a Milano
Agostino vescovo
La scultura è attribuita a Bonino da Campione e alla sua Scuola. Si trova in una formella dell'architrave del portale che presenta altre sei formelle con i Simboli degli Evangelisti, al centro il busto di Cristo Giudice, alla sinistra Ambrogio e a destra Agostino. Lo stile si accosta a quello di Bonino, per il modellato largo ma dai contorni nettamente segnati, con un panneggio semplice e la posa pacata. Il volto esprime una certa animazione soprattutto psicologica alla quale era pervenuta ai quei tempi solo la scuola campionese.
Alto interprete della scultura lombarda del Trecento, Bonino (Campione d'Italia, 1325 circa - 1397 circa), che appartiene alla celebre corrente artistica dei Maestri Campionesi, dà un alto segno delle capacità creative di un'arte che trapassa dal romanico al gotico. Nato a (o di famiglia originaria di) Campione d'Italia, attivo fra il 1350 ed il 1390, fu maestro della scultura gotica. Conoscitore dell'arte dei pisani, sa coniugarne l'insegnamento con le correnti artistiche che dalla Germania si diffondono in Italia. Elemento di spicco dei Maestri campionesi al seguito di Giovanni da Campione, operò nel Duomo vecchio di Brescia realizzando la tomba del vescovo Balduino Lambertini 1349 e il mausoleo di Stefano e Valentina Visconti nel 1359 in Sant'Eustorgio a Milano. Scolpì il monumento funebre di Folchino de' Schizzi 1357 e la tomba di Sant'Omobono nel Duomo di Cremona (oggi perduta), la statua equestre di Bernabò Visconti, terminata nel 1363, che costituisce un importante momento nel suo iter artistico, inizialmente in San Giovanni in Conca e dopo la demolizione di questa chiesa trasferito al Castello Sforzesco. Qui Bonino da Campione parte da forme legate al romanico per poi aggiornarsi partendo dagli esempi lasciati in Lombardia dal pisano Giovanni di Balduccio. Lavorò pure al celeberrimo il suo gruppo equestre di Cangrande della Scala (1374) nella chiesa di Santa Maria Antica in Verona. A lui e alla sua scuola sono stati attribuiti due importanti lavori in San Marco a Milano e in San Pietro in Ciel d'Oro a Pavia.
La sua maggiore opera è senz'altro quella relativa alle Arche degli Scaligeri a Verona, in particolare sua è la fastosa arca di Cansignorio della Scala come pure sua è la bellissima artistica cancellata in ferro con la "scala" araldica, che recinge le arche, tutte opera di campionesi. Eseguita dopo le sculture di Cremona, è la sua opera più importante è pertanto l'arca di Cansignorio della Scala (1370-1374) a Verona, dove l'artista è ormai completamente partecipe del periodo gotico, pur mantenendo sempre qualche residuo legato al romanico.
Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6