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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San MarcoIconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano
Agostino vescovo
MAESTRI CAMPIONESI
1310
Frontale del sarcofago di Mirano Becaloe, dalla Chiesa di San Marco a Milano ora alle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco
Agostino vescovo
Anticamente in San Marco, acquistato all'inizio dell'Ottocento dai Marchesi Cusani per abbellire la loro villa di Desio, fu quindi utilizzato da Giovan Battista Traversi, nuovo proprietario della villa, per ornare la torre, alla cui base fu murato. Recuperato nel 1950 dal Comune, passò alle Civiche Raccolte del Castello Sforzesco a Milano. Il frontale raffigura san Marco che presenta alla Vergine con il Bambino, il devoto inginocchiato, alla presenza di Agostino benedicente.
Lo stemma dei Becaloe e l'epigrafe controbilanciano la parte figurativa del sarcofago. L'iscrizione funebre celebra le doti di Mirano Becaloe che indossa una lunga veste con maniche strette secondo la moda del Trecento. La presentazione del defunto alla Vergine è ricorrente nell'ambito culturale dei Maestri Campionesi. Rispetto a una essenzialità e pacatezza compositive ancora bizantine, si rileva come l'artista abbia curato la decorazione del trono, il manipolo frangiato e il pastorale di Agostino, l'abbigliamento, le capigliature e le mani.
Sede generalizia dell'Ordine degli Zambonini, confluiti nel 1256 nella famiglia agostiniana, e luogo vitale per l'immagine stessa della città di Milano, la chiesa di San Marco si pone quale luogo privilegiato per la definizione in Lombardia dell'immagine iconografica di Agostino, sovente con un ruolo innovatore e sperimentale che proseguirà, dopo la sostanziale stasi rinascimentale, con le numerose proposte manieristiche e barocche. Dalla rifondazione dell'edificio ad opera di Lanfranco Settala (1254) alle soglie dell'Umanesimo, la chiesa presenta otto effigi di Agostino (oltre alle molte distrutte presumibili in chiesa, nel convento e nel disperso patrimonio di codici miniati): la riflessione sul ruolo episcopale nell'affresco tardo-duecentesco già nella cappella della Vergine e nel sarcofago di Mirano Becaloe (1310 ca.); il ruolo d'intercessore nell'affresco votivo Aliprandi (quinto decennio del Trecento); l'abbinamento di questi ruoli con l'iconografia del Trono di Grazia e dell'Augustinus docens nel coevo sarcofago di Martino Aliprandi; la somma di insegnamento, poteri episcopali e istituzione ideale dell'Ordine nella scultura di facciata (ottavo decennio); la rigorosa tipizzazione del coevo architrave del portale maggiore; la complessa tipologia di Agostino che indica il Crocefisso nel quasi coevo affresco del transetto meridionale.
È naturalmente parallela l'iconografia dei personaggi agostiniani desunta da quella del Santo: emblematica in questa direzione l'arca di Lanfranco Settala, polarizzata dall'immagine del docente di chiara derivazione. La serie marciana diviene così un campione autorevole e variegato dell'elaborazione dell'iconografia di Agostino nel XIII e XIV secolo, a diretto contatto (molti capitoli generali si tennero in San Marco; lo studium e la biblioteca erano nodali) con la più raffinata elaborazione teologica della famiglia agostiniana.
Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.
8. 1. Ma il beato Valerio, ormai vecchio, che più degli altri esultava e rendeva grazie a Dio per avergli concesso quello speciale beneficio, considerando quale sia l'animo umano, cominciò a temere che Agostino fosse richiesto come vescovo da qualche altra chiesa rimasta priva di pastore, e così gli fosse tolto. E ciò sarebbe già accaduto, se il vescovo, che era venuto a sapere la cosa, non lo avesse fatto trasferire in un luogo nascosto, sì che quelli che lo cercavano non riuscirono a trovarlo.
8. 2. Il santo vecchio, vieppiù timoroso e ben consapevole di essere ormai molto indebolito per le condizioni del corpo e per l'età, scrisse in modo riservato al primate di Africa, il vescovo di Cartagine: faceva presente la debolezza del corpo e il peso degli anni e chiedeva che Agostino fosse ordinato vescovo della chiesa d'Ippona, sì da essere non tanto suo successore sulla cattedra bensì vescovo insieme con lui. Di risposta ottenne ciò che desiderava e chiedeva insistentemente.
8. 3. Qualche tempo dopo, essendo venuto Megalio, vescovo di Calama e allora primate della Numidia, per visitare dietro sua richiesta la chiesa d'Ippona, Valerio, senza che alcuno se l'aspettasse, presenta la sua intenzione ai vescovi che allora si trovavano lì per caso, a tutto il clero d'Ippona ed a tutto il popolo. Tutti si rallegrarono per quanto avevano udito e a gran voce e col massimo entusiasmo chiesero che la cosa fosse messa subito in atto: invece il prete Agostino rifiutava di ricevere l'episcopato contro il costume della chiesa, mentre era ancora vivo il suo vescovo.
8. 4. Allora tutti si dettero a persuaderlo, dicendo che quel modo di procedere era d'uso comune e richiamando esempi di chiese africane e d'oltremare a lui che di tutto ciò era all'oscuro: infine, pressato e costretto, Agostino acconsentì e ricevette l'ordinazione alla dignità maggiore.
8. 5. Successivamente egli affermò a voce e scrisse che non avrebbe dovuto essere ordinato mentre era vivo il suo vescovo, perché questo era vietato dalla deliberazione di un concilio ecumenico, che egli aveva appreso soltanto dopo essere stato ordinato: perciò non volle che fosse fatto ad altri ciò che si doleva essere stato fatto a lui.
8. 6. Di conseguenza si adoperò perché da concili episcopali fosse deliberato che coloro che ordinavano dovevano far conoscere a coloro che dovevano essere ordinati o anche erano stati ordinati tutte le deliberazioni episcopali: e così fu fatto.
POSSIDIO, Vita di Agostino, 8, 1-6