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Iconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano

Agostino dottore della chiesa che scrive nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Agostino Dottore della Chiesa che scrive

 

 

FEDERICO BIANCHI

1670-1685

Chiesa di San Marco a Milano

 

Agostino Dottore della Chiesa che scrive

 

 

 

All'interno della sacrestia monumentale della chiesa di san Marco sono appesi diversi teleri, di cui sulle due pareti brevi i quadri dei padri della Chiesa, fra cui Agostino. Tutte le fonti attribuiscono le tele a Federico Bianchi, pittore nativo di Masnago, che morì ne 1706. Fu allievo di Ercole Procaccini il Giovane e ammiratore del Busca. L'insistito accademismo disegnativo segnala la forte influenza del Busca su quest'aopera, dove Agostino viene dipinto con i tradizionali attributi iconografici di vescovo. I toni stilistici, i chiari e la grandiosa impaginazione fanno attribuire l'opera allo scorcio finale del Seicento.

 

Il santo viene frequentemente raffigurato nelle sue vesti di vescovo e di Dottore della Chiesa. Spesso Agostino è associato ad altri santi e soprattutto agli altri tre Dottori Gerolamo, Ambrogio e San Gregorio Magno. Con questi ultimi fu praticamente raffigurato in tutte le chiese cristiane d'Occidente sui piloni o sulle volte del presbiterio e della navata centrale. Appare vestito sia da vescovo che da monaco che da canonico; talvolta ha una chiesa in mano, altre volte un libro, una penna o un cuore. Il significato di questo tema iconografico è chiarissimo: Agostino è stato uno dei vescovi che ha maggiormente difeso la Chiesa in tutti i suoi scritti e soprattutto con tutta la sua anima e il suo cuore.

 

Indebolito dall'età ormai avanzata, Valerio, vescovo di Ippona, ottenne da Aurelio, Primate d'Africa, che Agostino fosse associato alla sua sede in qualità di coadiutore. Pertanto Agostino si dovette rassegnare alla consacrazione dalle mani di Megalio, Primate di Numidia. Aveva 42 anni, ed avrebbe occupato la sede di Ippona per i successivi 34 anni. Il nuovo vescovo comprese bene come combinare l'esercizio dei suoi doveri pastorali con l'austerità della vita religiosa e, sebbene avesse lasciato il suo monastero, la sua residenza episcopale divenne un monastero dove visse una vita di comunità con il suo clero, che osservava una religiosa povertà. La casa episcopale di Ippona divenne un vero vivaio per i nuovi fondatori di monasteri che presto si diffusero in tutta l'Africa e per i vescovi che occupavano le sedi vicine.

Possidio elencò dieci amici e discepoli del santo che furono elevati all'episcopato. In questo modo Agostino si guadagnò il titolo di patriarca dei religiosi e rinnovatore della vita ecclesiastica in Africa. Le sue attività dottrinali, l'influenza delle quali era destinata a durare molto a lungo, furono molteplici: predicava frequentemente, a volte per cinque giorni consecutivi; scrisse lettere che trasmisero a tutto il mondo conosciuto la sua soluzione per i problemi dell'epoca; lasciò la sua impronta su tutti i concili africani ai quali partecipò, per esempio quelli di Cartagine del 398, 401, 407, 419 e di Milevi del 416 e 418; infine, lottò infaticabilmente contro tutte le eresie.

Agostino fu un autore molto prolifico, notevole per la varietà dei soggetti che produsse, come scritti autobiografici, filosofici, apologetici, dogmatici, polemici, morali, esegetici, raccolte di lettere, di sermoni e di opere in poesia (scritte in metrica non classica, bensì accentuativa, per facilitare la memorizzazione da parte delle persone incolte). Bardenhewer ne lodava la straordinaria varietà di espressione ed il dono di descrivere gli avvenimenti interiori, di dipingere i vari stati dell'anima e gli avvenimenti del mondo spirituale. In generale, il suo stile è nobile e casto; ma, diceva lo stesso autore, "nei suoi sermoni e negli altri scritti destinati al popolo, intenzionalmente, il tono scendeva ad un livello popolare".

Le Confessioni (circa 400), sono la storia della sua maturazione religiosa. Il nocciolo del pensiero agostiniano presente nelle Confessioni sta nel concetto che l'uomo è incapace di orientarsi da solo: esclusivamente con l'illuminazione di Dio, a cui deve obbedire in ogni circostanza, l'uomo riuscirà a trovare l'orientamento nella sua vita. La parola "confessioni" viene intesa in senso biblico (confiteri), non come ammissione di colpa o racconto, ma come preghiera di un'anima che ammira l'azione di Dio nel proprio interno.

Le Retractationes o Ritrattazioni (verso la fine della sua vita, 426-428) sono una revisione, un riesame dei propri lavori ripercorsi in ordine cronologico, spiegando l'occasione della loro genesi e l'idea dominante di ognuno. Rappresentano una guida di inestimabile valore per comprendere l'evoluzione del pensiero di Agostino. Le Epistolae o Lettere, che nella raccolta benedettina ammontano a 270 (53 dei corrispondenti di Agostino), sono utili per la conoscenza della sua vita, della sua influenza e della sua dottrina.

 

Le sue opere apologetiche rendono Agostino il grande teorico della fede, e delle sue relazioni con la ragione. La città di Dio (De civitate Dei contra Paganos, "La città di Dio contro i Pagani"), in 22 libri, fu iniziato nel 413 e terminato nel 426; esso rappresentava la risposta di Agostino ai pagani che attribuivano la caduta di Roma (410) all'abolizione del Paganesimo. Considerando il problema della Divina Provvidenza applicato all'Impero romano, egli allargò l'orizzonte e, in un lampo di genio creò la filosofia della storia, abbracciando con uno sguardo i destini del mondo raggruppati intorno alla religione cristiana.

La città di Dio è considerata il più importante lavoro del vescovo di Ippona. Mentre le Confessioni sono teologia vissuta nell'anima e rappresentano la storia dell'azione di Dio sugli individui, La città di Dio è teologia incastonata nella storia dell'umanità e spiega l'azione di Dio nel mondo; l'opera costituisce una vera e propria apologia del Cristianesimo messo a confronto con la civiltà pagana, oltre a fornire riflessioni sulla "grandezza e l'immortalità dell'anima". In essa Agostino cerca di dimostrare che la decadenza della cosiddetta città degli uomini (contrapposta a quella di Dio e da lui identificata proprio con l'Impero romano d'Occidente) non poteva essere imputata in alcun modo alla religione cristiana, essendo il frutto di un processo storico teleologicamente preordinato da Dio.

Da quando Agostino fu ordinato sacerdote cominciò seriamente ad interessarsi all'esegesi delle Sacre Scritture. Questa opera, redatta in quattro libri, raccoglie la sua esperienza di commentatore biblico: i primi tre libri trattano della comprensione dei contenuti (res) e delle parole (signa), il quarto discorre della corretta esposizione dei contenuti (proferre). Sant'Agostino nello studio (dipinto di Vittore Carpaccio).Il commentatore dei testi sacri, in questo caso della Bibbia, deve ponderare bene le proprie ipotesi e obbligatoriamente confrontarle con i germina caritas cristiani che sono presenti in ogni parte della Sacra Scrittura: questi valori portanti sono l'amore per Dio e l'amore per il prossimo. Inoltre il lettore deve prestare molta attenzione alla comprensione delle parole che possono essere sconosciute, spiegabili attraverso il confronto con le lingue greco-ebraiche, oppure ambigue, e possono essere veramente comprese ricorrendo al testo originale o in alternativa consultando altre traduzioni a disposizione.

Agostino dimostra qui uno spirito filologico di sensibilità molto elevata, elabora concetti di scientificità basilari per l'approccio alla comprensione di un testo. Per quanto riguarda il proferre, l'autore ammette, a differenza di altri autori cristiani, l'uso della retorica classica purché miri alla creazione di una nuova retorica cristiana, che per essere tale deve essere esercitata da uomini meritevoli e integerrimi, ricordando il pensiero di Catone (un buon cittadino è un ottimo oratore). All'interno del componimento si trovano molte riflessioni interessanti, come la differenza tra frui ("godere") e uti ("usare"), all'interno del pensiero che vede l'uomo bearsi di ogni cosa che provoca diletto ed usa tutto ciò che è necessario per raggiungere tale piacere. Nel sistema del godimento creato da Agostino Dio, naturalmente, occupa il posto massimo dunque l'uomo per raggiungere tale letizia deve impiegare i mezzi che possiede, ossia l'anima e il corpo. L'altra riflessione che emerge è di carattere linguistico-culturale e consiste nella differenza tra res (la cosa in sè) e signum (ciò che rimanda ad altro).

La parola è sicuramente un segno, afferma Agostino, per tanto la teoria platonica di un linguaggio naturale viene sostituita da quella di un linguaggio convenzionale, ossia frutto di un accordo comune tra gli uomini. Il filosofo chiude l'opera esprimendo la sua idea di nuova retorica cristiana: un'opera non deve essere giudicata attraverso canoni prefissati (cioè quelli della retorica classica) ma, più propriamente in base a ciò che realmente contiene.