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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San MarcoIconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano
Agostino in trono consegna la regola a monaci e monache
ENEA SALMEGGIA detto il TALPINO
1558 - 1626
Chiesa di San Marco a Milano
Agostino in trono consegna la regola a monaci e monache
Attualmente la pala è collocata nel presbiterio della chiesa. Si tratta di un dipinto abbastanza modesto in cui Agostino è raffigurato in trono con l'incipit della regola, mentre è contornato da angeli e venerato da quattro agostiniani e quattro monache agostiniane. La qualità mediocre del lavoro fa pensare che l'autore vada ricercato fra una allievo della scuola del Talpino. Alcune guide ricordano che l'effigie di Enea Salmazio si trovava nella prima cappella di S. Agostino.
Si può dunque supporre che la pala attuale sia quella già esistente nella prima cappella, posta in seguito nella conca absidale (forse dopo i lavori del 1733) per sostituire una immagine precedente. Agostino, barbuto, vestito da vescovo, ma con la cocolla nera, indica con la mano destra il testo della sua regola a cui uniformarsi come monaci.
Delle sue origini di Enea Salmeggia (Nembro, 1558 - Bergamo, 25 febbraio 1626) non si sa molto, dato che manca qualsiasi documentazione scritta, tanto che si ipotizza persino l'anno della sua nascita. Si presume che nacque indicativamente tra il 1546 ed il 1558, con quest'ultima data ritenuta la più probabile, nella piccola frazione di Salmezza, nel comune di Nembro in provincia di Bergamo.
Scarsissime le notizie di carattere personale: si sa che era figlio di un Antonio Salmeggia il cui nome patronimico pare fosse Gherardi o Gerardi, che contrasse matrimonio con una certa Vittoria e che ebbe sei figli: Dorotea e Isabella, morte di peste, Agata Giovanna, Chiara, Elisabetta e Francesco, questi ultimi pittori come il padre. Con il figlio Francesco mise anche bottega. Enea amava firmare i propri quadri accompagnando al proprio nome il soprannome il Talpino, tanto che in alcuni documenti appare la dicitura: Enea Salmezza pittore, dito il Talpino. Fin dalla giovane età, cercò di apprendere le arti pittoriche da artisti bergamaschi, anche se si pensa che abbia ricevuto una formazione presso la bottega di Simone Peterzano a Milano. Questa ipotesi è suffragata dalle numerose opere che il Salmeggia ha lasciato nel capoluogo lombardo, tra cui spicca la Madonna in trono col Bambino e Santi, ora custodita presso la Pinacoteca di Brera. Conosciamo un Salmeggia paesaggista, impegnato nella descrizione di ambienti, ritratti con maestria tale da meritarsi l’appellativo di Raffaello bergamasco; ma conosciamo anche un Salmeggia ritrattista, ricco di delicatezza e semplicità.
La maggior produzione artistica del Salmeggia si sviluppò nella sua terra. Numerosissime sono infatti le sue opere, eseguite seguendo la tradizione pittorica lombarda, tuttora presenti in chiese e santuari della bergamasca, con una grande concentrazione nella Val Seriana. Nella parrocchiale di Nembro, ad esempio, è presente un suo ciclo pittorico formato da ben 27 dipinti.
Creò una propria bottega, nella quale ebbe una discreta schiera di discepoli, tra cui la figlia Chiara. Morì il 25 febbraio 1626 nel capoluogo orobico, e venne sepolto nella locale chiesa di Sant'Alessandro in Colonna.
L'episodio della consegna della regola ai frati agostiniani è un elemento diffuso nella iconografia agostiniana già a partire dai codici miniati del XIII secolo e fa seguito alla istituzione dell'Ordine agostiniano nel 1256. La consegna ha un valore altamente simbolico in quanto vuole esprimere la diretta dipendenza degli agostiniani da Agostino. L'Ordine agostiniano sarebbe, secondo questa concezione, il naturale prolungamento dell'esperienza monastica inaugurata da Agostino in Africa.
Alcuni studiosi concordano nell'attribuire a S. Agostino solo la Regula ad servos Dei; in epoca successiva questa Regula fu adattata al femminile e unita alla Lettera 211 che già conteneva indicazioni per le monache di Ippona. La Consensoria monachorum, invece, è stata attribuita ad un anonimo autore dell'ultimo periodo della letteratura visigotica in Galizia e scritta tra il 650 e il 711.
L'Ordo monasterii pur restando nella tradizione della vita agostiniana un documento di riferimento venerando, non è stato più attribuito ad Agostino già dalla critica rinascimentale.
Sulla data di stesura della Regula ad servos Dei ci sono diverse opinioni: una prima teoria indica come data probabile il 391, più o meno in coincidenza con la fondazione del primo monastero d'Ippona, il monastero dei laici; una seconda teoria indica il 400 in coincidenza con il De opere monachorum; una terza sposta la data addirittura fino al 427-428, dopo il De correptione et gratia, in coincidenza con la controversia sulla grazia sorta nel monastero di Adrumeto. La maggioranza degli studiosi, però, pensa sia stata scritta intorno al 400.