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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San MarcoIconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano
Vescovo e Dottore della Chiesa
FIAMMENGHINI
1625-1630
Chiesa di San Marco a Milano
Vescovo e Dottore della Chiesa
L'affresco si trova nella nona cappella di destra della chiesa, oggi riusata come sacrestia feriale. La volta a crociera presenta tre vele affrescate con i Padri della Chiesa Latina. La volta riprende senza molta originalità motivi della tarda maniera barocchizzati (esemplari le cornici a volute dei singoli ovali) ma ha qualche punta interessante negli scorci dei visi che riprendono il modello della cappella di san Tommaso da Villanova. Tutto ciò rende plausibile il riferimento all'ambito dei Fiammenghini con sistemazione cronologica verso la fine del secondo-inizi del terzo decennio del Seicento.
Lo scavo archivistico che Virginio Longoni va operando intorno alla pittura lariana ha di recente orientato in modo totalmente nuovo l'origine del pittore, morto nel 1523 e attivo a Milano, Nerviano, Melegnano, Lodi, Bergamo, Pavia, Arona, forse Crescenzago, ma presente anche nel nostro territorio a Visino in Valbrona. La prima notizia lo trova a Milano nel 1472 e la sua formazione, ovviamente legata all'esperienza lombarda del Foppa, sembra aver seguito le novità fiamminghe, forse tramite Zanetto Bugatto: così finora gli studiosi come Mazzini, Bora, Shell, Marani e Moro, che non hanno risolto il discusso luogo di nascita, tradizionalmente piemontese, il casato e l'appellativo. Ora Longoni, pur con le cautele tipiche delle sue indagini, osserva che a Cremia esiste la località Fossano e che la famiglia de Fossano era in quel paese diffusa e distinta nel sec. XV: Vincenzo nel 1480 lasciava denari per pitture nella chiesa di San Michele. Cremia per di più conserva due dipinti, di cui un politico variamente assegnato al Bergognone o a Battista da Musso, e una Madonna riconosciuta al Bergognone dal Malaguzzi Valeri.
Bergondiones erano detti i cavallanti piemontesi trasportatori di botti di vino; ve ne furono anche a Cremia, ma Longoni segue un'altra pista. Nella vicina Lenno era arciprete il lorenese Enrico de Latoringia il quale nel 1464 manteneva anche una cappella sulla Mosella. Costui donò alla chiesa nel 1485 una croce d'argento, come nel 1496 commissionava un tabernacolo di rame sbalzato a Michele de Cortexela e Aloisio Uerni, il meglio dell'arte orafa cornasca. Longoni non sopravvaluta il possibile influsso franco-fiammingo del sacerdote; evita quindi di collegare il soprannome Bergognone, usato dal 1495, a questa presenza sul Lario: poiché il favore verso il "realismo del nord" dei signori di Milano sarebbe sufficiente a spiegare di riflesso l'adozione del soprannome. Che poi Ambrogio detto il Bergognone, pur nato a Milano, sortisse dalla famiglia cremiese pare davvero fuori dubbio.
Suo padre Stefano di Giacomo aveva preso residenza nella città sulla metà del Quattrocento in San Galdino; nel 1464 il signor Antonio de Fossano (padre del sopra nominato Vincenzo) fu Pietro abitante di Cremia e in quel momento a Milano, per una procura di famiglia rogata in casa del nobile Giorgio Rusca comasco, richiede come primo teste proprio Stefano de Fossano fu Giacomo, della parrocchia di San Galdino, cioè suo nipote, il quale sarebbe il padre del Bergognone. Questa nota pare davvero convincente almeno sotto il profilo della origine lariana e lombarda del pittore; confidiamo che venga ripresa dagli studiosi come un importante contributo, che valga pure a riconsiderare il polittico di Cremia, la cui qualità sono davvero familiari agli autografi del grande artista.
I Fiammenghini, Giovanni Battista e Giovanni Mauro Della Rovere
Due insigni pittori che hanno lasciato traccia della loro presenza artistica a Melegnano, sono i fratelli Fiammenghini. Come ci indica Giacinto Coldani nel suo manoscritto al capitolo VIII e capitolo IX, relativo alla "...descrizione delle Cappelle, Battisterio, Sepolcri, e altre cose che si trovano nella nave laterale a mano destra...e successivamente quella sinistra...." troviamo elencati i dipinti in essa contenuti, fra i quali, appunto i telèri riguardanti l'opera dei fratelli Fiamminghini. Una di queste opere giunta sino ai giorni nostri è "Pio IV che pone in testa al nipote Carlo Borromeo il cappello cardinalizio" una mise en scène composta da diversi elementi che ricordano i più importanti fatti del tempo: Pio IV che che nomina cardinale il nipote Carlo Borromeo, espresso con il gesto del Santo Padre volto a posare sul capo del cardinale appunto il galéro, avvenimento che sappiamo datato 31 gennaio 1560; il Concilio di Trento chiusosi il 3 dicembre 1563 , ivi rappresentato dalla presenza di alcuni cardinali fra cui uno in particolare che detiene con sé un grosso volume di raccolta dei decreti del Concilio Ecumenico di Trento; ed infine la concessione dell'indulgenza plenaria alla chiesa di Melegnano con la Bolla del Perdono del 18 gennaio 1563. Il telèro è attribuito dal sacerdote melegnanese don Giacinto Coldani, morto ivi nel 1752, a Giovanni Battista della Rovere (1561-1630) figlio di Riccardo, originario di Anversa, fratello di Giovanni Mauro e di Marco, noti anch'essi come i Fiammenghini , l'origine anversese del padre spiega il soprannome che specificamente viene attribuito a Giovanni Battista e al fratello minore Giovan Mauro.
I due si trovarono spesso a lavorare insieme, e anzi le più prestigiose committenze vennero da loro affrontate congiuntamente: ciò ha provocato qualche confusione, risolta di solito con la precisazione di "Giovan Battista Fiamminghino" per uno e con il semplice "Fiamminghino" (o Fiammenghino) per Giovan Mauro. Peraltro, la notevole differenza d'età giustifica le distinzioni che si possono fare tra le loro mani, specie quando si considera il cospicuo corpus grafico di entrambi. Giovan Battista appare ai suoi esordi , legato ai motivi centroitaliani portati dall'attività lombarda di Federico Zuccari e Cesare Nebbia; inoltre, la provenienza stessa della sua famiglia chiarisce il rapporto con la pittura anversese della seconda metà del Cinquecento, che ebbe in Italia a Genova un preciso punto di riferimento. Le prime opere firmate e datate risalgono all'inizio degli anni Ottanta, quando Giovan Battista comincia gli affreschi della cappella di San Francesco in Sant'Angelo a Milano, completati poi nel 1595 con la collaborazione di Giovan Mauro, e sempre a Milano, dipinse la "Presentazione al Tempio" in Santa Maria della Passione (1582). Nel 1586 viene chiamato ad un'impresa prestigiosa, il completamento degli affreschi sulla vita di San Giovanni Battista nel transetto sinistro del Duomo di Monza lasciati incompiuti da Giuseppe Meda. Dopo il 1590 inizia l'attività dei Fiamminghini per i Sacri Monti: a Crea dipingono la cappella dell'Annunciazione, a Varalla le cappelle della Strage degli Innocenti e dell'Entrata in Gerusalemme, a Orta diverse cappelle, a iniziare da quella con la Rinuncia ai beni terreni. Nel 1593 con gli affreschi nella chiesa di Sabbioncello, Giovan Battista inizia la lunga serie degli interventi suoi e del fratello nel comasco, mentre nel 1596 prende avvio il complesso ciclo di affreschi nella chiesa di Cassano d'Adda. Nel 1602 risale la commissione più importante per Giovan Battista, i quattro "quadroni" con episodi della vita di san Carlo voluti dal cardinale Federico Borromeo nell'ambito del complesso programma iconografico preludio per la beatificazione di San Carlo. Fra queste tele si distingue per forza suggestiva la "Visita di San Carlo al Sacro Monte di Varallo" oltre alla "Processione del Sacro Chiodo".
Nel 1610 Giovan Battista è a Cantu' per decorare la cappella di Santa Caterina in San Paolo; quattro anni dopo , nel 1614 affronta insieme al fratello il ciclo più famoso, gli affreschi sui pilastri e sulla controfacciata dell'Abbazia di Chiaravalle. Brizio e Rosci datano al 1618 le tre tele in San Giovanni Battista a Melegnano dei "Fiamminghini", la tela in particolare di Papa Pio IV che crea cardinale Carlo Borromeo fu commissionata dalla "Comunità di Melegnano" unitamente ad altre sulle quali appare evidente lo stemma municipale. Il telèro fu finito e consegnato come sappiamo al prevosto di Melegnano Massimo Pusterla (1607-1638) il quale lo mostrò in occasione della visita pastorale dell'Arcivescovo Federico Borromeo effettuata nella parrocchia melegnanese nel gennaio 1621. Fu lo stesso Pusterla che sospinto dal Borromeo iniziò successivamente i lavori per il cambiamento stilistico della chiesa di San Giovanni con gli ornati di gusto barocco giunti sino ai nostri giorni. Dopo la parentesi melegnanese Giovan Battista collabora col fratello ad altre esecuzioni di affreschi fra cui quelli delle cappelle di San carlo e del Crocefisso nella parrocchiale di Peglio. La data di morte di Giovan Battista della Rovere si colloca tra il 1627 e il 1630. Brizio e Rosci sono due coautori di una pubblicazione concernente "I quadroni di San Carlo" edita nel 1965, dal quale abbiamo allargato la nostra conoscenza dei Fiammenghini circa la parte relativa alle serie cicliche Carliane ; mentre Ward Neilson nella sua " Notes on the frescoes at S.Dionigi at Cassano d'Adda" pubblicata nel 1968 ci ha proposto il percorso artistico dei "Fiammenghini".
La commissione dei tre quadri per la Collegiata di San Giovanni Battista in Melegnano quindi è datata nell'anno di grazia 1618 : essi rappresentano tre importanti temi tra i quali il già citato "Pio IV che nomina cardinale il nipote Carlo Borromeo" facente parte della serie ciclica Carliana, pennellato con la mano di Gio(vanni) Battista Della Rovere, mentre il dipinto raffigurante "S. Veronica che asciuga l'adorabile volto di Cristo cadente sotto il peso della Croce" è attribuito da don Giacinto Coldani all'eccellente mano di Gio(vanni) Mauro Della Rovere detto "Il Fiamminghino". Giovan Mauro Della Rovere detto anche tout court "Il Fiamminghino" o "Fiammenghino" era il più giovane e ancor più vivacemente attivo del fratello Gio(vanni) Battista. Formatosi accanto a Giovanni Battista nell'ambiente manieristico milanese del Lomazzo e del Figino e voltosi in seguito come lui verso i Procaccini, il Cerano e Pier Francesco Mazzucchelli detto "il Morazzone" di Varese se ne distingue per modi più larghi ed esuberanti ispirati a Gaudenzio Ferrari. Dotato di una vena narrativa facile e popolare, che ben rispondeva alle esigenze celebrative della Controriforma, sostenute in Lombardia dal cardinale Federico Borromeo, ebbe larghissima parte nelle numerosissime imprese decorative della regione, volte a celebrare la vita dei santi e i nuovi dogmi tridentini.
I due fratelli Della Rovere si trovano comunque spesso a lavorare insieme, specie per imprese di ampio respiro: l'attività dei Fiammenghini è anzi uno dei pilastri del programma di divulgazione iconografica perseguito nel primo Seicento in Lombardia, da Milano alle più remote valli; I frequenti rapporti di collaborazione coi fratelli, in particolare con Giovanni Battista, non rendono sempre agevole distinguere quanto gli spetta nelle opere che sono tradizionalmente e genericamente ascritte ai Fiammenghini. Si è riusciti a individuare le cinque tempere eseguite dai due fratelli per il ciclo carliano del Duomo di Milano (1602-1604), è più arduo indicare con certezza le parti eseguite da Giovanni Mauro; che si è creduto tuttavia di poter indicare nella Predica di San Carlo, nella Visita agli infermi e nel gruppo dei cavalieri di sinistra del San Carlo che visita la diocesi.
Collaborò in seguito col fratello agli affreschi con storie della Passione in Santa Maria presso San Celso (1605-1606), a quelli con Storie di San Francesco del Sacro Monte d'Orta (1608-1616) con Martiri Cistercensi dell'Abbazia di Chiaravalle (1615), con Storie della Vergine dell'Oratorio di San Dionigi a Cassano d'Adda. In tali dipinti può essere individuata la parte spettante a Giovanni Mauro considerando le opere eseguite in proprio a Gravedona (Chiesa dei Santi Gusmeo e Matteo: Gloria, presbiterio, firmata e datata 1608), Stazzona (Chiesa di San Giuliano: affreschi con Storie della Vergine nella cappella del Rosario, datati 1619), Montemezzo (Chiesa di San Martino: Storie della Vergine nella cappella del Rosario, datate 1619), Como (Chiesa di San Donnino: Storie della Vergine nella Cappella dell'Addolorata, firmate e datate 1620), Peglio (Chiesa dei Santi Eusebio e Vittore: affreschi del coro datati 1614, della Cappella del Crocefisso datati 1615, di San Carlo firmati e datati 1623), Brenzio (Chiesa del Battista: affreschi con Storie di Cristo e del Battista firmati e datati 1628, affreschi con Storie della Vergine nella cappella della Madonna datati 1629), Groppello d'Adda (Oratorio di Sant'Antonio: Storie del Santo firmate e datate 1638). E ancora ad Argesio, Biennio, Dongo, Garzeno, Préstine, Sorico e la serie di tele con Storie di San Gaudenzio per la chiesa omonima di Novara. La lunga lista di produzioni pittoriche del Fiammenghino è destinata quindi, oltre agli interventi nel territorio milanese, a due distinte zone geografiche relative al bacino del Lario e la Valcamonica come si evince dalla corposa presenza già citata. Alla parentesi della Valcamonica, testimonianza della feracità del Fiammenghino come creatore di immagini di piacevole leggibilità, segue probabilmente il raffinato affresco con la Gloria di San Bruno nell'oratorio della Certosa di Pavia.
L'ultima opera conosciuta sono gli affreschi dell'oratorio di Groppello d'Adda, eseguiti due anni prima della morte avvenuta nel 1640.