Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Trecento > San Marco

Iconografia AGOSTINIANa nella chiesa di san Marco a Milano

Vergine in trono col Bambino, Sant'Agostino e la famiglia Aliprandi, affresco nella chiesa agostiniana di san Marco a Milano

Vergine in trono col Bambino, Sant'Agostino e la famiglia Aliprandi

 

 

ANONIMO FRESCANTE

1345 circa

Chiesa di San Marco a Milano

 

Vergine in trono col Bambino, Sant'Agostino e la famiglia Aliprandi

 

 

 

Nel 1345 i fratelli Erasmo, Arnolfo, Giovannolo Aliprandi fondano e dotano in San Marco, mediante la donazione di tre case, una cappella dedicata a Sant'Orsola, corrispondente alla seconda cappella del braccio meridionale del transetto. In questa cappella del transetto meridionale, l'affresco fu riscoperto nel 1958 sotto un diaframma di muro nel corso di restauri compiuti dall'architetto Tirelli per recuperare tracce dell'antica struttura gotica. In una specie di nicchia apparve un affresco votivo raffigurante la Vergine in trono col Bambino, Sant'Agostino e la famiglia Aliprandi, come indicava l'iscrizione, oggi non più visibile, un tempo esistente nella spalletta destra dell'affresco stesso.

In origine si leggeva la scritta Dominus Salverinus de Aliprandis et Hatiolus et Antoniolus filii eius. Doveva trovarsi nella cappella di giuspatronato Aliprandi, come attestato in un documento del 1345. In questo affresco, alla destra della Vergine, il primo personaggio inginocchiato, vestito da giudice, con manto e berretto rossi, nell'atto di offrire il modello della cappella, è da identificare, sempre in base all'iscrizione scomparsa, con Salvarino Aliprandi, morto un anno prima della fondazione della cappella, che probabilmente, fu realizzata secondo una volontà testamentaria di Salvarino stesso proprio da parte dei tre Aliprandi citati in precedenza, di cui Giovannolo risulta, da un documento del 9 novembre 1383, suo figlio.

Salvarino Aliprandi morì nel 1344 ed apparteneva ad una famiglia legata ai Visconti, che diede cavalieri, giureconsulti, podestà, consiglieri ducali. Già nel 1314 strenuus miles Rebaldo Aliprandi veniva seppellito in san Marco consacrando un duraturo legame di tutta la sua famiglia con la chiesa agostiniana.

 

 

Salvarino Aliprandi

Salvarino Aliprandi fu giureconsulto del Collegio di Milano e il suo nome compare nell'elenco dei milanesi, fautori dei Visconti, processati negli anni 1322-1324. Morto nel 1344, fu sepolto in San Marco in un sarcofago attualmente nella parete sinistra della terza cappella del braccio meridionale del transetto, dedicata a San Tommaso da Villanova. Esso presenta, su un piano continuo senza distinzione di scomparti, il defunto, in ginocchio, al Cristo Giudice, che lo accoglie benedicendolo mentre dietro al suo trono due angeli reggono un drappo.

Affiancano il devoto un santo, forse San Marco, l'Angelo custode e la Vergine. Sulla destra il Battista indica l'albero della vita, fonte, origine, come ribadisce Agostino nei suoi scritti, di immortalità per l'uomo. Il frontale è affiancato da sei formelle con busti di profeti con cartigli.

 

Famiglia Aliprandi

Una ricca documentazione costituita da antichi manoscritti e da altre fonti vuole gli Aliprandi di sangue regio e di antica derivazione longobarda. A questo proposito merita di essere ricordata una lunga iscrizione, datata 1131, esistente nella chiesa di S. Maria delle Grazie a Monza sul sepolcro di un Aliprandi. Il defunto è ricordato come nato "…..Langobardorum Augusta De Gente Virorum…."Analoghi riferimenti si trovano in iscrizioni posteriori. Nel 1200 troviamo gli Aliprandi a Milano, già in posizione eminente e riconosciuti di antica nobiltà, tanto da essere compresi nella Matricula Nobilium compilata per ordine di Ottone Visconti nel 1277.

Ricchi di feudi in varie zone della Lombardia, gli Aliprandi furono signori di Monza e feudatari immediati dell'Impero di un vasto territorio che tennero dal 1355 al 1413, anno in cui né furono spogliati dai Visconti con i quali, dopo alterne vicende, erano entrati definitivamente in urto. Degoldo Aliprandi nel 1257 fu incaricato insieme ad altri nobili a sostenere le motivazioni dei Cremonesi contro le pretese dei Mantovani per l'occupazione di alcune terre. Enrico Aliprandi nel 1322 seguì la fazione dei Torriani, ebbe molti soldati al suo comando e tenne soggetta Monza. Artusio, della stessa famiglia, armò duecento soldati in servizio dei Visconti. Nel 1322, in occasione del processo canonico internato contro i fautori dei Visconti, gli Aliprandi vi si trovano coinvolti. Sulla traccia di Galvano Fiamma risulta che dagli Aliprandi "ex familia magna nimis" Pinalla fu un distinto capitano la cui fedeltà va particolarmente sottolineata per un epoca in cui i condottieri mutavano facilmente insegna; fu generale di Azzone Visconti, difese Monza dall'Imperatore Ludovico il Bavaro, sconfisse il conte d'Armagnac e il Malatesta, scacciò i Ponzoni da Cremona, risogettò Pavia, Piacenza, Como ai Visconti e liberò Ferrara dall'assedio fattogli da Bertrando del Poggetto legato pontificio. Pinalla fu il vincitore della battaglia di Parabiago (21 febbraio 1339) ma, dopo la morte di Azzone (16 agosto 1339), fu tenuto in disparte da Luchino Visconti.

Martino Aliprandi, fratello del predetto, fu dottore in legge; nel 1331 fu membro dell'Ufficio di Provvisione e fece parte della legazione mandata da Azzone a papa Giovanni XXII per trattare la pace: era l'anno nel quale raggiunse l'apice della sua carriera politico-professionale anche per "aver saputo sorprendere un corpo di guardia tedesco in Monza per introdurvi truppe viscontee: memorabile fu il colpo di mano che gli valse l'accresciuta considerazione del principe".

Nel 1341 gli Aliprandi congiurarono con i Pusterla – vicenda che ispirerà al Cantù il celebre romanzo: "Margherita Pusterla" -, però la trama venne scoperta e Luchino Visconti fece imprigionare i due fratelli Aliprandi, Pinalla e Martino, che vennero torturati e fatti morire di fame. Martino fu poi sepolto nella Basilica di San Marco in Milano nella quale ancora oggi si vede l'arca. All'epoca di realizzazione di questo sarcofago, la famiglia Aliprandi suggellò il legame con la chiesa degli Agostiniani: nel 1345 i fratelli Erasmo, Arnolfo, Giovannolo Aliprandi fondarono e dotarono in San Marco una cappella dedicata a Sant'Orsola, corrispondente alla seconda cappella del braccio meridionale del transetto.

Francio Aliprandi fu da Luchino Visconti mandato ambasciatore a Benedetto XII per chiedergli la restituzione del tesoro della Chiesa di Monza, trasportato poco prima in Avignone: ottenne la risposta che non era ancora ora, ma che di sicuro si sarebbe restituito. Due membri di questo casato, Giacomo e Balzaro Aliprandi, sedettero nel Consiglio dei 900 nell'anno 1335; Balzaro Aliprandi poi nel 1340 figurò fra i cavalieri del seguito di Matteo II Visconti quando questi si portò a Mantova dove il detto Giacomo si distinse nei vari tornei dativi dei Gonzaga. Erano Decurioni della città di Milano nel 1340, Francesco, Baldassarre, Rizzardo, Guglielmolo, Francescolo, Giacobino e Taddiolo, tutti membri della famiglia Aliprandi. Salvarino Aliprandi, giureconsulto di fama, morto nel 1344, fu sepolto in San Marco in un sarcofago attualmente nella parete sinistra della terza cappella del braccio meridionale del transetto, dedicata a San Tommaso da Villanova. Nel 1351 Tobia Aliprandi fu uno degli eletti a prestare in nome pubblico il consenso ai nuovi Statuti della Città. Fra i giurisperiti migliori del secolo XIV ebbe buon nome in Milano Erasmo Aliprandi il quale nel 1351 fu con altri cittadini incaricato di rivedere per la seconda volta gli Statuti Milanesi.

L'imperatore Carlo IV di Boemia il 15 Maggio 1355 concesse al detto Erasmo, ai suoi fratelli Giovannolo e Arnolfo e a Pietro di Facciolo suo nipote, la dignità e i titoli ereditari di Nobile, Conte Palatino e Capitanio (vassallo immediato) del S.R.I. con il privilegio di creare notai e di legittimare i bastardi. Belino Aliprandi fu nel 1386 uno dei XII Signori di Provvisione. Giovannolo Aliprandi nel 1385 servì il Principe Galeazzo Visconti, sotto il quale divenne illustre quel Giovanni Aliprandi che scrisse la storia del suo tempo, viaggiò nell'Africa, molto probabilmente al servizio dello stesso Visconti.