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Gutierrez: Studi Generali nell'Ordine agostiniano

Stampa che raffigura il Convento e la chiesa agostiniani di san Marco a Milano

 

Convento e chiesa agostiniani di san Marco a Milano

 

 

GLI STUDI NELL'ORDINE AGOSTINIANO DAL MEDIOEVO AD OGGI

 

di David Gutiérrez

da Analecta Augustiniana Vol. XXXIII (1970) pp. 75-149

 

 

NOVA ET VETERA: NEI SECOLI XVII - XIX

 

Non è necessario e neanche utile menzionare tutto quello che ordinarono, in materia di studi, i capitoli dell'Ordine e i vari priori generali di questi tre secoli, perché in molte delle loro prescrizioni, si trattava solo di fare osservare la legge (che nell'essenziale rimase in vigore quella dell'anno 1551), di reprimere abusi e di aggiungere quello che ordinava la Chiesa o consigliava il progresso degli studi. Imponevano l'osservanza delle Costituzioni gli statuti che, fra il 1604 e il 1615, inviarono in testo stampato agli studi italiani i generali Ippolito da Ravenna, Giovanni Battista da Asti e Nicola di Sant'Angelo (Questi statuti sono descritti in AA. XXIII, 40. In quello di Ippolito di Ravena si dice, f. I: "In cunctis nostrae religions coenobiis Italie regentes docti, bonis moribus virtutibus... praediti constituantur, qui, post Missam maiorem, publice et in capitulo super cathedram sedentes, sacrae theologiae lectionem singulo die legere teneantur... Antequam suggestum conscendant, lectionem iam scriptam prae manibus habeant, quam lectam et completam discipulis scribendam tradant"); miravano allo stesso fine una bolla di Urbano VIII (EMPOLI, Bullarium, 380; AA. XI, 65, 200) e alcuni decreti dei capitoli generali; però senza aggiungere nulla di nuovo. E' importante ricordare la seguente disposizione del capitolo del 1602: "In quovis conventu formato duo lectores instituantur: alter qui orationem, praesertim mentalem, alter qui casus conscientiae...doceat: quibus lectionibus omnes interesse teneantur" (AA. X, 293: si vedano le note 77 e 100 di questo lavoro).

Nel 1604 ordinò il suddetto Ippolito di Ravenna che in tutti gli studi italiani: "die dominico de virtutibus et vitiis, ac de vita activa et contemplativa habebitur tractatio, cui praesideat pater eruditus hac mystica theologia"; negli altri giorni di festa, "ne iuvenes torpescant, volumus ut conferentia et disputatio quaedam familiaris habeatur, desumpta ex 4° libro Sententiarum, ut sdtudiosi Sacramentorum cognitionem facilius acquiere valeant" (Reformatio studiorum (sopra nota 120), 2: "Absolvatur autem materia theologica 4 librorum Sententiarum spatio sex annorum". Allora si dedicavano 3 anni alla filosofia e 4 alla teologia negli "studi" spagnoli: "...incipiant autem legere die undecima septembris legantque usque ad vigesimam tertiam iunii, iuxta antiquam provinciae consuetudinem". Dd 66, f. 55). Lo stesso superiore prolungò la permanenza degli studenti nelle scuole di grammatica, ordinando che imparassero anche in queste la retorica e i primi elementi della logica. Per quanto riguarda gli esercizi letterari con rappresentazioni teatrali, che non solo avevano luogo negli studi italiani ma anche in quelli di altre Province, giudicò opportuno vietarli, "sub poena privationis officii prioris et regentis"; però il divieto non fece terminare questa usanza e solo servì per evitare o limitare abusi in futuro. Il capitolo generale del 1625 insistette nella buona formazione dei giovani nelle materie umanistiche, nell'ordinare che non cominciassero il corso filosofico "nisi post tres annos ab emissa professione: interim vero in humanioribus litteris sese exerceant... et cum tempus suae promotionis advenerit, nonnisi praevio rigoroso examine promoveantur" (AA. X, 438. Il neoumanesimo ebbe allora molti rappresentanti in quasi tutte le province agostiniane, tra loro alcuni illustri; però nessuno comparabile a Seripando o a fra Luis de Leon). Il generale Ippolito Monti di Finale introdusse nel 1636 un'altra novità (che entrò successivamente nelle Costituzioni e rimase in vigore fino al nostro secolo), quando dispose che i reggenti di studi dovevano dare prova della loro competenza filosofica e teologica in un esame di diversi giorni, prima di essere designati per questo ufficio (AA. XI, 67; 74-81 disposizioni del 1707 per l'esame "ad collegium Urbis", nel quale si preparavano i reggenti degli "studi" d'Italia): in questo modo entrò in vigore nell'Ordine un nuovo grado accademico, quello che fino ad allora era stata un'onorificenza, che si assegnava a un confratello che avesse il titolo di maestro o, per eccezione, a un baccelliere in teologia. Dei decreti capitolari dello stesso secolo, è importante ricordare, per la loro estensione e chiarezza, quelli del 1685, preceduti dagli statuti dei generali Nicola Oliva e Domenico Valvassori, ma benché si riferiscano espressamente agli studi italiani, riflettono anche lo stato degli studi nelle Province ibero-americane. Il corso filosofico (dice un decreto di quel capitolo) deve durare quattro anni: "quo tempore logicam, de physico auditu, de generatione et corruptione, de anima et tandem metaphysicas quaestiones volumus explanari". E per quel che riguarda il corso teologico, ripeté questo capitolo "quod patres regentes in posterum sexennii spatio theologiam totam scholasticam absolvant...Disputationes theologicas ter in hebdomada habendas esse, nempe feria secunda, quarta et sexta; ceteris vero diebus duas theologicas lectiones in die tradendas, et tam matutinam quam vespertinam lectionem per unam horam dictando et per aliam semihoram explicando protrahendam esse praecribitur" (Ibid. XII, 42; 44: "Magisterii laurea illi tantum in Italia decorentur, qui probitatis et doctrinae laude praefulserint et quinquennio regentis munus obierint, vel in princpalioribus ... urbibus verbum Dei cum plausu iustaque fama praedicaverint". Ai maestri "di cattedra" si erano già uniti in molti Ordini quelli "di pulpito". Ibid. IX, 424).

L'ordine dei trattati di dogmatica e morale, che dovevano essere spiegati ogni anno, dimostra che si prendeva come guida la Summa theologica dell'Aquinate, cioè, per quel che riguarda la formazione dottrinale degli allievi, continuava nelle nostre scuole la direzione aristotelico-tomista, che aveva introdotto Egidio Romano (Dopo il 1680 rinasce la scuola egidiana per merito di Gavardi, Arpe e altri agostiniani d'Italia. HURTER, IV, 68°. Contribuirono allo stesso fine gli spagnoli Antonio de Aguilar e Giovanni Hidalgo, autore il primo dell'edizione completa degli scritti del "Doctor fundatissimus", pubblicata a Cordova negli anni 1699-1712, e il secondo di un corso filosofico "ad mentem Aegidii". Cfr. HURTER, IV, e G. DE SANTIAGO VELA, Ensayo, I, 40 e III, 636). Le Costituzioni del 1686 consigliano il magistero di Egidio e di San Tommaso, però con questa significativa aggiunta: "itatamen, ut in materia de gratia, de praedestinatione et disputationibus iis annexis, inconcussam tutissimamque sancti Patris Augustini doctrinam (omnes) omnino sequi teneantur...Qui vero a sancti Patris doctrina recesserit, primo corrigatur, secundo puniatur, tertio tandem ab officio deponatur" (Constitutiones, Roma 1686, parte 5, c. 2; AA. XII, 42. La frase "inconcussa tutissimaque" dottrina, di s. Agostino, è di un breve di Alessandro VII del 1660: Revue d'hist. eccl. 55 (1960) 58). Con questa disposizione i nostri legislatori reagivano agli attacchi di alcuni teologi di altre scuole, specialmente i molinisti, che non solo accusavano di giansenismo l'agostiniano Noris, ma erano anche arrivati a chiedere la condanna di diverse proposizioni di Sant'Agostino e impugnavano, anonimamente, la migliore edizione che ancora abbiamo delle sue opere complete, cominciata nel 1679 dai benedettini di San Mauro (J. DE GHELLINCK, Patristique et moyen-age, III, Gembloux 1948, 449-475; Diction, di theol, cathol. II, 903 ss; VELA, Ensayo, cit. VI, 544). Nell'osservanza di questo mandato non ci sono state titubanze, ne'alcuna variazione, tra le norme dei superiori e il comportamento dei sottoposti, fino alle Costituzioni del 1895 che omisero i nomi di Sant'Agostino, San Tommaso ed Egidio Romano, e conservarono il ricordo della disposizione del 1686 in questa forma: "Ad adiaphoras quaestiones quod attinet, in nostris scholis non recedatur a nostro antiquo systemate". Parte V, c. 3. I priori generali della prima parte del secolo seguente cercarono di conservare la direzione dottrinale della propria scuola e la durata del ciclo di studi segnalato nel 1686, specialmente Adeodato Nuzzi, Fulgenzio Bellelli, Nicola Antonio Schiaffinati e Agostino Gioia (AA. XI: 74-81, NUZZI; 155-167 BELELLI. Tratta di Schiaffinati e Gioia, B. VAN LUIJK, Der Augustiner-Eremit A. Gioia, Wurzburg 1959, 31, 50-60); però nel capitolo del 1753 già si abbreviò la durata dei corsi con questo decreto: "Philosophia legatur ad tres annos, ad quatuor theologia, ad unum canonicae institutiones" (AA. XII, 97).

Nel 1753 fu nominato generale il peruviano Francesco Saverio Vàzquez che già governava come vicario e che rimase al vertice dell'Ordine (caso unico nella nostra storia) per altri 32 anni, fino alla sua morte nel 1785. Non fu meno deciso promotore degli studi dei suoi quattro predecessori appena menzionati; li superò tutti nell'ardore con cui difese i teologi della propria scuola (passò all'offensiva contro quelli che continuavano ad accusarli di giansenismo) e riformò in parte gli studi in una nuova edizione delle Costituzioni; però non è necessario menzionare le novità che pensava di introdurre in queste, perché non furono pubblicate e perché le sue innovazioni già le aveva prese in considerazione Giovanni Lorenzo Berti nel suo corso teologico (Theologia historico-dogmatica scholastica, seu libri de theologicis disciplinis, 8 voll., Romae 1739-45. Sulla fortuna di quest'opera - che nelle edizioni successive si intitola "De theologicis disciplinis", cfr. HURTER, V, I ss; riferito all'esito che ottenne in Spagna, cfr. VELA, Ensayo, II 608, V 492, VI 416, VII 303 e 717); in effetti Vazquez desiderava che, senza abbandonare il metodo scolastico, si desse maggior importanza alla teologia positiva: "...illam quaerere, docere et ediscere in Scripturia sanctis, Traditionibus divinis, unanimi sanctorum Patrum consensu, conciliorum sacrorum summorumque Pontificum decretis" (Constitutiones, mss. nell'archivio dell'Ordine, parte 5, c.3). Questa aspirazione a unire nel corso teologico gli elementi positivo e speculativo era già comune a molti teologi di tutte le scuole, e trovò numerosi patrocinatori fra gli agostiniani che scrissero manuali scolastici o nuovi piani di studio nel sec. XVIII (HURTER, IV-V, cita vari manuali; si veda anche M. GRABMANN, Historia de la teologìa catòlica, Madrid 1940, 255s. Proposero riforme negli studi i superiori delle province di Colonia e dell'Olanda: J. BUSCHMANN, Eine Schulordnung der Augustiner-Eremiten der Ordensprovinz Koln aus dem Jahre 1709, a Mitteilungen der Gesellschaft fur deutsche erziehungs- und Schukgeschichte 5 (1895) 39-61; A. SILVA, Estatutos para o real collegio de Graça de Coimbra, Lisbona 1774; SIDRO VILLAROIG, Breve método o plan de estudios (per le case del principato di Catalogna) del 1778, ed. "Memorial literario" di Barcellona del 1793 e nella Città di Dio 82 (1910) 775-788. Altre notizie in VELA, Ensayo, nei nomi di Armana, Florez, Ant. Guerrero e Gutierrez de Tortosa).

Non c'è molto da dire su questo tema nel secolo XIX, perché le guerre continue, le persecuzioni contro la Chiesa e la soppressione degli ordini religiosi non solo impedirono il progresso degli studi ecclesiastici, ma li ridussero ad uno stato di prostrazione che non ha eguale negli ultimi cinque secoli. Per gli stessi motivi non si celebrarono i capitoli generali del nostro Ordine dall'anno 1792 fino al 1822; quello che si svolse a Roma in questa ultima data vide solamente capitolari delle Province d'Italia, Malta e Irlanda, che, tra la desolazione generale trattarono di ristabilire l'osservanza regolare e la tradizione scientifica: "Quoniam multum interest ut studia nostra in melius, quoad fieri potest, reformentur et reformata foveantur" (AA. XIII, 400; qui anche il testo che se citerà dopo). Ordinarono ai superiori delle province che ammettessero come candidati al sacerdozio solo giovani che potessero concludere con profitto gli studi ecclesiastici; ordinarono anche che si controllassero i programmi degli esami superiori e che si adattassero alle nuove necessità: "Ut nonnullis scholasticis (propositionibus) in dies minus utilibus posthabitis, aliae substituerentur, quae ad compescendos gliscentes errores, maxime qui abatheis, deistis et acatholicis magno verborum fuco in religionis catholicae perniciem obtruduntur, idoneae magis visae essent maiorisque utilitatis", e unirono allo studio della lingua greca (per la prima volta nelle nostre leggi) quello dell'ebraica, "quae sacrorum studiorum emolumento apprime inserviunt". Il capitolo del 1841 confermò il "regolamento" che nel 1835 aveva dato agli studi italiani il generale Tommaso Credennino, "a norma degli ordini ricevuti dalla sacra Congregazione dei vescovi e regolari" (Ibid. XIV, 17; 15-19, regolamento e atti del capitolo del 1841): il ciclo di studi, secondo questo regolamento, doveva durare otto anni, due di filosofia e sei di teologia; dovevano utilizzarsi in tutti i centri di studio gli stessi manuali: "...pei Luoghi teologici, per la Dogmatica e la Scolastica il De Fulgure, per la Morale l'Antoine, per la Logica e Metafisica lo Storchenau" (Il sacerdote napoletano G. M. di Folgore è autore delle "Institutiones theologicae", in 6 vol. che già avevano sei edizioni nel 1834; erano anche d'uso generale i citati manuali dei gesuiti Pablo Gabriel Antoine e Segismundo Storchenau. Il capitolo generale del 1841 incluse tra i libri d'uso nelle nostre case di studio la "Introductio in Scripturam sacram", dell'agostiniano Tomàs Moralia, pubblicata a Roma, in 3 tomi, 1828-30).

Nessuno dei manuali pubblicati dagli agostiniani poteva competere con quelli di questi tre autori, perfino lo stesso corso di Berti risultava troppo esteso e meno pratico, incluso nell'edizione abbreviata del suo discepolo Geronimo Maria Buzi. Ancor più sorprende il calendario scolastico di questo regolamento, perché, elaborato da un ordine superiore, pare che dovesse essere utilizzato comunemente nei centri italiani. Effettivamente dice lo statuto di Credennino: "Nel lunedì dopo la domenica in albis si darà principio alle scuole dell'anno scolastico, che seguiranno fino a tutto il giorno 13 di settembre ... Dal 14 di detto mese fino a tutto il dì 2 di novembre sarà vacanza. Nel giorno seguente 3 ricominceranno le scuole, che avranno termine con l'anno scolastico nel sabato precedente alla domenica della palme... Le vacanze di Natale si limitano a soli sei giorni, cioè dal 23 a tutto il dì 28 di dicembre; quelle del carnevale a giorni undici, cioè dalla domenica di sessagesima a tutto il giorno delle ceneri". Non sappiamo per quanto tempo si osservò questo nuovo calendario, confermato, forse, nei capitoli del 1847 e del 1853; però di cui niente dicono i successivi (AA. XIV, 80, 86). Le Costituzioni del 1895, preparate dal generale Sebastiano Martinelli, propongono con rigore il calendario tradizionale, quando indicano che l'anno scolastico comincia l'11 settembre e finisce il 22 luglio (Constitutiones, Roma 1895, parte 5°, c. 4. Anche le Costituzioni del 1686 e alcuni statuti dello stesso secolo prolungavano il corso fino il 25 luglio, o "usque ad festum sanctae Annae", come si dice in alcuni casi; però non fu mai una legge comune a tutte le province agostiniane, che si conformavano sempre all'uso della propria nazione). Queste stesse leggi specificano la materia o programma di ogni anno e le scienze profane (esatte, fisiche e naturali) che dovevano insegnarsi nelle due prime tappe del ciclo scolastico, cioè, durante lo studio delle materie umanistiche e nel corso filosofico.

Però queste scienze già si coltivavano da molto tempo (almeno per iniziativa privata) nei nostri centri di formazione e in queste avevano risaltato Giulio Accetta (†1752), professore di matematica nell'Uiniversità di Torino e membro dell'Accademia delle scienze di Parigi; Domenico Giuseppe Engramelle (†1781), artista, inventore e uomo di scienza ("Maler, Zeichner, Kupferstecher, Musiker und Mechaniker, Erfinder der musikalischen Spieluhren". Thieme-Becker, Kunstler-Lexikon, X, 555. La Biografia universale, XII, 483, ancora aggiunge che fu competente in zoologia e botanica, e promotore dell'arte d'insegnare ai sordomuti); Manuele Bianco (†1845), autore della monumentale Flora delle Filippine, e il più celebre di tutti, Gregorio Mendel (†1884), fondatore della scienza genetica. Tra quelli che contribuirono al progresso degli studi ecclesiastici in questo periodo con il loro esempio, si distinsero, nella storia della Chiesa, in particolare dei concili, Cristian Lupus o Wulf (†1681) ed Enrico Noris (†1704), che presero anche parte principale nelle controversie teologiche del loro tempo (HURTER, Nomenclator, IV, 521-28, 855-62); nella storia della liturgia Giovanni Michele Cavalieri (†1757, Diction. d'archeol. chrétienne et de liturgie, II, 2687 ss.); in quella dell'origine e vicissitudini delle diocesi, collegiate e monasteri della penisola iberica, Enrico Flores (†1773), che tracciò il piano e pubblicò i primi 27 volumi della Spagna Sacra, continuata fino al volume 47 dai suoi discepoli Manuel Risco (†1801), Antolin Merino (†1830) e José de la Canal (†1845), autori (con il loro maestro) del migliore apporto degli agostiniani nel campo delle ricerca storica (Su Flòrez, che lasciò finiti i tomi 28 e 29 della sua opera, cfr. VELA, Ensayo, II, 507-607, VII, 575-77. Apprezza giustamente i suoi meriti anche HURTER, V, 149-51, dove possono vedersi gli elogi che tributò Gams al principale autore della Spagna sacra. Circa Risco, che continuò l'opera fino il tomo 42 incluso, scrive lo stesso Gams: "Es scheint mir, dass seine Arbeiten und Leistungen nicht sehr weit hinter denen des Meister Florez zuruckstehen". Kirchengeschichte Spaniens III 2, pag. 409 s.); risaltò, per ultimo tra gli orientalisti del suo tempo Agostino Ciasca (†1902), che Leone XIII nominò cardinale per i suoi meriti scientifici (Enciclop. Cattol. III, 1578; Lexikon fur Theol. und Kirche, II, 1201).