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CICLo AGOSTINIANo di ERFURT

La regione della dissomiglianza

La regione della dissomiglianza

 

 

MAESTRO VETRAIO DI ERFURT

(1316 - 1324)

Chiesa di sant'Agostino

 

La regione della dissomiglianza

 

 

 

Dietro una tavola coperta da un drappo bianco, Agostino è seduto con lo sguardo rivolto all'osservatore. Un amico, forse Alipio, sta dietro di lui. I due visi esprimono stupore e attenzione. Il Cristo a piedi nudi, con una lunga tunica, con un nimbo crucifero, sta arrivando da destra e i suoi gesti accompagnano le sue parole.

Renstch riconosce in questo episodio la leggenda di san Giacomo Minore che dice la prima messa. Hatge ed altri vi riconoscono più propriamente un episodio delle Confessioni: Inveni longe me esse a te in regione dissimilitudinis, tanquam vocem tuam de excelso. Questo episodio fu abitualmente interpretato nel medioevo in senso eucaristico.

 

 

A trattenermi erano le più vacue frivolezze e vanità di vanità, mie vecchie amiche, che mi tiravano per la veste di carne e sussurravano di sotto in su: "Non vorrai lasciarci ?" e "D'ora in poi non staremo più con te, mai più!"

"D'ora in poi non potrai più fare questo e quello, mai più!" E che insinuazioni sotto ciò che ho chiamato "questo e quello", che insinuazioni, mio Dio! La tua pietà le rimuova dall'anima del tuo servo. Che cose sordide, laide ! Ma io le udivo ormai a metà o molto meno: non mi venivano incontro con le loro obiezioni a viso aperto, ma bisbigliavano dietro le spalle come stuzzicandomi furtivamente, perché mi voltassi a guardare mentre fuggivo. Per colpa loro però mi attardavo, ed esitavo a strapparmele, a scuotermele di dosso e a volare in un salto là dove ero chiamato, mentre l'abitudine con tutta la sua forza insisteva: "E pensi di poterne fare a meno?"

AGOSTINO, Confessioni, 8, 11, 26

 

Ammonito da quegli scritti a tornare in me stesso, entrai nell'intimo del mio cuore sotto la tua guida; e lo potei, perchè divenisti mio soccorritore. Vi entrai e scorsi con l'occhio della mia anima, per quanto torbido fosse, sopra l'occhio medesimo della mia anima, sopra la mia intelligenza, una luce immutabile. Non questa luce comune, visibile a ogni carne, nè della stessa specie ma di potenza superiore, quale sarebbe la luce se splendesse molto, molto più splendida e penetrasse con la sua grandezza l'universo.

AGOSTINO, Confessioni 7, 10, 16