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Contenuto Dottrinale

Milano: sant'Agostino in un dipinto di Foppa

sant'Agostino in un dipinto di Foppa

 

 

LA REGOLA: CONTENUTO DOTTRINALE

di p. Agostino Trapé

 

 

 

 

Capitolo sesto

CASTITÀ

 

I presupposti della vita comune, che ha nella carità il principio e il fine, sono i voti religiosi di castità, povertà, obbedienza, che nascono anch'essi dalla carità e tendono alla perfezione di essa. Può destare meraviglia che la Regola agostiniana si limiti a parlare della custodia della castità e non dedichi un capitolo e neppure un accenno al voto di castità, al contrario di quanto fa per la povertà e l'obbedienza. La meraviglia è legittima, ma la ragione non bisogna ricercarla molto lontano. Essa sta nel fatto che la Regola è diretta a coloro che abbracciavano la vita comune. Comincia infatti con le note parole: Questi sono i precetti che prescriviamo a voi che vi siete stabiliti nel monastero [192]. Ora sulla via del santo proposito - proposito di diventare servi o serve di Dio - questo era il secondo passo, non il primo. Il primo era, e resta, il voto di castità, voto che spesso veniva emesso - ci riferiamo prevalentemente alle vergini - indipendentemente dalla volontà di entrare in un monastero. Nonostante questo silenzio della Regola conosciamo ampiamente il pensiero di S. Agostino intorno ai pregi della castità consacrata e, in particolare, della verginità. Non sarà inutile riassumerlo brevemente. Il santo Dottore ci dà l'esatta nozione della verginità cristiana e ne spiega il valore teologico, psicologico, ascetico e mistico.

1. Significato e merito della verginità consacrata

La gloria della verginità non sta nella verginità come tale, ma nella sua consacrazione a Dio: "Non si onora la verginità di per se stessa, ma in quanto essa è dedicata a Dio" [193]. Perciò anche se conservata nel corpo è un bene spirituale; un bene che nasce dalla pietà e dall'amore verso Dio. S. Agostino non dubita di scrivere che tra una donna sposata e una che vuole sposarsi è in condizione migliore la prima [194]. I pregi della verginità non derivano dalla sua utilità per la vita presente, ma dall'utilità per la vita futura. Coloro che pensano alla verginità in relazione alla vita presente sono "mirabilmente sciocchi": mirabiliter desipiunt [195]. Né ci si deve appellare al propter instantes necessitates di S. Paolo: le "presenti necessità" di cui parla l'Apostolo sono da vedersi in relazione alla vita futura; sono quelle necessità che ci si consiglia di evitare, perché costituiscono un ostacolo ai beni futuri [196].

Completa che non è solo quella di indifferenza, come in ogni altro atto cosciente e libero, ma che è inoltre la libertà morale, per cui non si è obbligati da nessuna legge a fare la scelta che si fa, e se ne potrebbe fare una diversa senza venir meno al proprio dovere o deviare dal cammino della salvezza. Questa pienezza di libertà è una feconda sorgente di merito per la verginità consacrata, la quale con questo appare ciò che è in realtà: un puro atto d'amore.

Perciò S. Agostino insiste nel ricordare a chi abbraccia la verginità di non disprezzare il matrimonio. Questo atteggiamento negativo contro il matrimonio andrebbe tutto a danno della sua scelta, la quale, se fosse la scelta tra un bene e un male o tra un bene consigliato e un bene tollerato, non avrebbe più il valore che ha. Questa la nozione di verginità consacrata che ci offre il Vescovo d'Ippona. Nessuno vorrà misconoscerne la verità, la modernità, la bellezza. Chiarita la nozione, troviamo illustrate nei suoi scritti le molteplici relazioni che la collegano a Dio, a Gesù Cristo, alla Chiesa, alla vita futura. Anzitutto la verginità cristiana è un sacrificio fatto a Dio: nasce dall'amore, ma comporta una rinuncia, la rinuncia a un bene naturalmente e profondamente amato. "Vero sacrificio, scrive S. Agostino, è ogni opera che si compie per aderire a Dio con santa società d'amore... Perciò l'uomo che si offre e si consacra a Dio, in quanto muore al mondo per vivere a Dio, è un sacrificio"[197].

È, la verginità, una imitazione più completa di Cristo in quanto ne segue le orme anche nella condizione dello stato verginale [198]. È una splendida espressione della Chiesa, la quale, a somiglianza di Maria, è vergine e madre: vergine per l'integrità della fede, madre per la fecondità dell'amore apostolico che genera sempre nuovi figli di Dio. La verginità consacrata esprime mirabilmente questa duplice prerogativa: integrità e fecondità [199]. In fine è un segno dei beni futuri, un preannuncio di quel Regno cui sospira la Chiesa nel suo terreno pellegrinaggio, un richiamo costante al soprannaturale e all'eterno. A questo quadro che ha già una straordinaria bellezza - e bisogna proprio dire che S. Agostino aveva mente e cuore preparatissimi per dipingerlo - si devono aggiungere due elementi: quello psicologico e quello mistico. Psicologicamente la verginità è fonte di libertà interiore che permette di dedicarsi con maggiore intensità alle cose del Signore: torna il tema del cuore indiviso di S. Paolo.

"Sia confitto in tutto il vostro cuore, scrive S. Agostino, alle vergini, Colui che per voi è stato confitto in croce. Occupi egli nella vostra anima tutto il posto che non avete voluto fosse occupato dal matrimonio. A voi non è permesso di amare poco Colui per amore del quale non avete amato ciò che era permesso" [200]. Misticamente, poi, la verginità è una efficacissima disposizione per la contemplazione dei divini misteri e una fonte ineffabile di gioia. "Contemplate la bellezza di Colui che vi ama, scrive ancora S. Agostino, contemplatelo simile al Padre e sottomesso alla madre... contemplatelo anche regnante nei cieli e venuto sulla terra per servire" [201]. "Lodate il Signore tanto più dolcemente quanto più abbondantemente egli occupa i vostri pensieri; sperate tanto maggiore felicità quanto più fedelmente lo servite: amatelo tanto più ardentemente quanto più attentamente vi studiate di piacergli" [202]. Resta ancora l'aspetto ascetico. È quello trattato diffusamente, pur nella brevità del contenuto generale, nella Regola. S. Agostino vi tocca principalmente due punti: la modestia e l'aiuto fraterno della vita comune.

2. ... Nel modo di procedere o di stare

Intorno alla modestia enuncia un principio generale, efficacissimo: Nel modo di procedere o di stare, in ogni vostro atteggiamento, non vi sia nulla che offenda lo sguardo altrui ma tutto sia consono al vostro stato di consacrazione [203]. Questo principio non varia mai, pur nel variare continuo dei tempi: è fondato nel senso profondo della consacrazione a Dio e nell'intuizione sicura che ne hanno il popolo cristiano e la stessa persona consacrata. La verginità abbracciata per il regno dei cieli dà all'anima una particolare santità, che conferma e rende più luminosa quella del battesimo. Si tratta infatti di un atto che è insieme segregazione e deputazione: segregazione da determinate opere della natura e deputazione a occuparsi solo delle cose di Dio, a preannunciare le realtà future, a rappresentare Cristo nel mondo. Questa particolare santità comporta particolari esigenze anche nell'atteggiamento esteriore; il popolo cristiano, per l'azione interiore dello Spirito Santo, le intuisce, e le intuisce parimenti, per un istinto soprannaturale, che è frutto anch'esso dei doni dello Spirito Santo, l'anima consacrata. Da questa duplice intuizione nasce il dovere e la misura della modestia, che evita quanto può offendere il sentimento altrui e pone in opera quanto corrisponde al sentimento proprio. Per primo aspetto - quello negativo - S. Agostino insiste a lungo e con forti parole sui peccati dello sguardo, che offendono chi li commette e gli altri: ne mette in rilievo la gravità che hanno, poiché lo sguardo impudico è rivelatore d'un cuore altrettanto impudico, e lo scandalo che generano. Non bisogna illudersi infatti, osserva acutamente, che gli altri - e pensa ai membri della comunità religiosa e al popolo di Dio in generale - non notino un tale comportamento; lo notano certamente e perfino quelli a cui non si pensa. Inculca pertanto al religioso, a difesa della castità, il timore santo di Dio; di Dio che vede tutto, anche se è paziente. La pazienza divina nasce dalla sapienza infinita, che invita e muove al ravvedimento, non nasce dall'acquiescenza alla colpa. S. Agostino perciò non esita a ricordare le dure parole della Scrittura: È detestato dal Signore chi fissa lo sguardo [204].

Varrebbe la pena di esporre qui la bella dottrina agostiniana intorno al timore che il Santo chiama tanto suggestivamente timore casto. Ma non è possibile. Notiamo solo l'aggettivo, che è un poema, e rivela, come in un lampo, un panorama stupendo. Come la verginità, che è la forma più alta della castità, è l'integrità del corpo incontaminato dalla colpa, così il timore casto è l'integrità del cuore o, più chiaramente, è l'integrità dell'amore incontaminato da quel sentimento servile che ci porta a temere la pena, non ad amare la giustizia. Infatti S. Agostino chiama casto proprio quel timore che non si oppone all'amore, come fa il timore della pena, ma nasce dall'amore stesso e ne è compagno inseparabile: cresce e si perfeziona con esso. Il timore raccomandato dalla Regola è appunto il timore casto che ha paura di far dispiacere alla persona amata; paura che diventa tanto più grande quanto più grande è l'amore. La persona consacrata tema dunque di dispiacere a Dio... [205]. Sul dovere della modestia S. Agostino si effonde in maggiori particolari nel De sancta virginitate. Dice: "Le anime consacrate non devono avere il viso accigliato, non svagato lo sguardo, non sfrenata la lingua, non sguaiato il riso, non volgare lo scherzo, non sconveniente il vestito, non borioso o trascurato il portamento" [206].

A commento di queste parole riportiamo quanto abbiamo scritto altrove. Non v'è chi non veda quanta ricchezza di particolari e quale profonda psicologia vi siano in questo breve periodo. Non accigliato il viso, perché sarebbe contrario alla dolcezza della carità e segno di un animo agitato da non dominate passioni; non svagato lo sguardo, indizio di vanità e di leggerezza; non sfrenata la lingua, poiché nel multiloquio non manca mai il peccato; non sguaiato il riso, segno di cattiva educazione e spesso d'insipienza; non volgare lo scherzo, indegno di chi col suo tenore di vita si è impegnato a "mostrare agli uomini la vita degli angeli e a portare in terra i costumi del cielo" [207]; non sconveniente il vestito, cioè né elegante né trasandato, affinché non avvenga che si richiami l'attenzione altrui o con la ricercatezza o con la sciatteria. Non borioso o trascurato il portamento, perché l'uno sarebbe segno di arroganza, l'altro di mollezza. Dire tutto questo positivamente non è facile. Possiamo dire però che la vigile consapevolezza della propria consacrazione, la gioia continua d'una speranza ineffabile, l'amore degli uomini, l'abitudine di pensieri solenni e benevoli, la pace interiore, che di quella consacrazione sono gli effetti preziosi, non possono non rendere il portamento naturalmente composto e la parola spontaneamente nobile e gradevole, non possono non imprimere nel volto e su tutta la persona "una specie di floridezza verginale " che merita la stima e incute il rispetto [208].

3. La vita comune e la custodia della castità

L'altro punto su cui insiste la Regola per la custodia della castità è l'aiuto che viene alla persona consacrata dalla vita comune. Infatti quel Dio che abita in voi vi proteggerà pure in questo modo, per mezzo cioè di voi stessi [209]. Si sa che la castità è un dono di Dio e che Dio solo ne è il custode. Dio la custodisce per mezzo della carità che infiamma l'anima per i beni universali e celesti. S. Agostino lo ha ripetuto tante volte nella controversia pelagiana. Ma già nelle Confessioni, ripensando forse alla sua esperienza personale, lo aveva detto in tutte lettere. La breve, famosa, mirabile preghiera: da' quel che comandi e comanda ciò che vuoi, si riferisce proprio alla castità. "Ci comandi la continenza, dice il testo delle Confessioni, e qualcuno disse: "Conscio che nessuno può essere continente se Dio non lo concede, era già un segno di sapienza anche questo, di sapere da chi ci viene questo dono".

La continenza in verità ci raccoglie e riconduce a quell'unità, che abbiamo lasciato per disperderci nel molteplice. Ti ama meno chi ama altre cose con te senza amarle per causa tua. O amore, che sempre ardi senza mai estinguerti, carità, Dio mio, infiammami. Comandi la continenza. Ebbene, da' ciò che comandi e comanda ciò che vuoi" [210]. Ma Dio custodisce la nostra castità anche per mezzo di noi stessi, per mezzo, cioè, dell'aiuto che ci viene dalle persone consacrate con le quali viviamo. La prima forma di aiuto è il rispetto mutuo: Quando vi trovate insieme proteggete a vicenda la vostra pudicizia [211]. Questo è detto direttamente per l'incontro con persone di sesso diverso; ma vale anche per ogni incontro di persone consacrate. Il rispetto che noi abbiamo per gli altri e quello che gli altri hanno per noi, nascendo dalla stessa fonte, che è la presenza dello Spirito Santo in tutti e in ciascuno, crea un'atmosfera soprannaturale che sostiene e rafforza il santo proposito di essere fedeli a Dio, e ne accresce la gioia.

La seconda forma di aiuto sta nell'amicizia. Dice il Concilio: "Tutti ricordino che la castità si può custodire più sicuramente se tra i religiosi nella vita comune vige un vero amore fraterno" [212]. Queste parole sono tipicamente, anche se non letteralmente, agostiniane. S. Agostino ha voluto portare nella vita religiosa, lo abbiamo già detto, tutta la carica dell'amicizia; un'amicizia aperta, non gelosa; spirituale, non sensibile; franca, non adulatrice; soprannaturale, non puramente umana; ma, ciononostante, anzi proprio per questo, calda, gioiosa e duratura. Certamente quest'amicizia, che trova nella carità il suo alimento e, quando sia necessario, un correttivo, è un ideale a cui non è possibile arrivare sempre e con tutti; ma quel grado, anche minimo, che è possibile e doveroso, costituisce per tutti una forza straordinaria che sostiene l'animo e gli fa sentire il quam bonum et quam iucundum habitare fratres in unum! La terza forma di aiuto è la correzione fraterna, delicato e fecondo atto di carità di cui abbiamo parlato sopra. Aggiungeremo qui un altro mezzo efficacissimo per custodire la castità, mezzo che la Regola non tocca direttamente, ma che S. Agostino descrive diffusamente nel De sancta virginitate: l'umiltà. All'umiltà dedica infatti tutta la seconda parte - abbiamo detto anche questo - di quell'aureo trattato.

Ne riporteremo una sola frase, ma scultorea come un aforisma e indimenticabile, questa: Custos virginitatis caritas, locus autem huius custodis humilitas. Custode della verginità è la carità, ma la casa dove abita questo custode è l'umiltà [213].

 

 

 

(192) - Regola, 2

(193) - De s. virg. 8.

(194) - De s. virg. 11.

(195) - De s. virg. 19.

(196) - De s. virg. 13-14.

(197) - De civ. Dei 10, 6.

(198) - De s. virg. 27-30.

(199) - De s. virg. 2-6.

(200) - De s. virg. 56.

(201) - De s. virg. 55.

(202) - De s. virg. 27.

(203) - Regola, 21.

(204) - Prov 27, 20.

(205) - Regola, 23.

(206) - De s. virg. 53-54.

(207) - Ivi

(208) - Cf. A. MANZONI, Promessi Sposi, c. 23.

(209) - Regola, 24.

(210) - Confess. 10, 29, 40.

(211) - Regola, 24.

(212) - Perfectae Caritatis 12.

(213) - De s. virg. 51-52.