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L'africa romana: Ippona

La Basilica di sant'Agostino a Ippona

La Basilica di sant'Agostino a Ippona

 

 

LA CITTA' ALL'OMBRA DI CARTAGINE

 

 

 

Dopo un periodo storicamente poco noto, altri fenici provenienti dalla città di Sidone giunsero a stabilirsi sulla collina di Byrsa a est di Hippo-Diarrhytus ai limiti di un golfo fra due bacini affacciati sul mediterraneo. La ragione era protetta sulla terraferma da una grande lago, Sebkhet El-Ariana. La regina di questo nuovo insediamento era Elissa figlia di Belus, la famosa Didone di Virgilio, che fece ampliare la città trasformando il porto in un grande centro commerciale. Gli abitanti chiamarono la città Karta Hadatch (simile all'arabo al Karia al Haditha) che significa "città nuova" in contrapposizione a Utica, il vicino insediamento fenicio che stava cadendo in rovina (814-813). A partire dal V secolo a. C. Cartagine fu città che raccoglieva solo i fenici e qualche indigeno, noti come libici.

Più tardi con le sue mura lunghe 36 km e alte 20 m, larghe 9 m apparirà come la città di primaria grandezza politica ed economica, una specie di New York dell'antichità, popolosa e arsa dall'ambizione imperialista. Verosimilmente è nel primo secolo dalla fondazione di Cartagine che Ippona segue le vicende storiche della più potente e popolosa città vicina. Così scrive Marec: "Durante i primi secoli dalla fondazione di Cartagine, Ippona non era molto diversa dalla sua orgogliosa alleata di cui aveva dovuto adottare a poco a poco i costumi e la cultura .. era diventata essa stessa città di commercio, dove l'amore per il denaro primeggiava sopra ogni altro sentimento .." Il progredire della potenza di Cartagine portò alla costruzione di altri scali commerciali in tutto il nord-Africa: fra Hibouna e Cartagine sorgono Tunisi (El-Kala) e Tabarca.

A sud di Tagaste, Maudaros viene ridotta a fortezza: ai piedi di Maouna, Malacca fu ingrandita e più tardi chiamata col nuovo nome di Calama (Guelma). L'avanzata toccò quindi Astorah (Stora), Igilgili (Jijel) e Saldae (Béjaïa).

L'invasione del Libano da parte dei Persiani provocò una ondata di fuggiaschi da Tiro che fondarono nuove colonie sulla costa mediterranea che da Icosium (Algeri) andava fino a Russadir (Agadir, oggi in Marocco). Il governo di queste città si reggeva su una organizzazione simile a quella di Cartagine. Come a Ippona, erano amministrate da due suffeti assistiti da un Consiglio di Anziani. Magistrati supremi, a capo dell'esercito, avevano sotto il loro comando una armata ben organizzata, dei contingenti di mercenari arruolati nelle province vicine, possedevano palazzi e le loro attività erano divise fra commerci e pirateria. In realtà erano dei Signori-mercanti che cercavano di assicurarsi un mercato sia interno che esterno: di loro conosciamo qualche nome che è stato conservato nelle stele mortuarie.

Questa ricostruzione storica, così cara agli scrittori del XIX secolo, non risolve due questioni fondamentali: l'importanza che queste città libiche avevano al momento della loro occupazione fenicia e punica; la sopravvivenza dei loro nomi originari in lingua libica. La maggior parte di queste città aveva nomi che cominciavano per T, di cui solo Thevest, Thagaste e Tahert hanno conservato l'originaria antica denominazione. L'integrazione fra la popolazione autoctona, i libici, così chiamati dalla storiografia greca, e i nuovi venuti dalla Fenicia non fu in effetti indolore. Privati del loro litorale mediterraneo, i capi libici mossero spesso guerra e invasero le regioni puniche fin sotto Cartagine. A più riprese questa città fu sul punto di essere annientata, ma seppe resistere usando le divisioni interne degli indigeni: alleandosi con gli uni e con gli altri riuscì a mantenere la sua supremazia e a rioccupare le città della costa di volta in volta perse.

La penetrazione punica e fenicia dovette essere discontinua e, più che con le armi, fu di tipo commerciale e alla lunga ebbe il sopravvento sulla cultura e le popolazioni libiche. I reami libici o numidi di fatto non furono mai eliminati, anzi la loro potenza fu tale da poter fare continue scorrerie sul litorale mediterraneo. Cartagine stessa dovette pagare tributi annuali in oro. Per tre secoli e mezzo il regno di Numidia ebbe per capitale Cirta: suoi re furono Yarbas e i suoi discendenti. Quale era dunque il rapporto fra Cartagine e i libici della sua area di influenza ? Sin dalla sua fondazione Cartagine riservò loro il giogo della sua supremazia e della sua tirannia. Frustrati per la perdita della libertà, spogliati delle terre più produttive, trattati come servi, gli abitanti delle campagne, sotto l'effetto del risentimento sociale, reagirono con rivolte e massacri.

La rivolta del capo berbero Mathô, che assediò Cartagine a capo di un esercito di 70000 uomini, è alquanto significativa: la città rischiò seriamente di venire distrutta e fu solo il tradimento di un altro capo berbero Naravas che la salvò. In altre occasioni furono i romani, talvolta loro alleati, ad aiutare Cartagine a riprendere il possesso delle città sottoposte (240-238 a. C.). Anche a Ippona scoppiarono tumulti e rivolte contro Cartagine che troppo spesso imponeva tasse e restrizioni per sostenere le sue guerre.