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Percorso : HOME > Africa agostiniana > IpponaL'africa romana: Ippona
Mosaico con amorini in una scenografia campagnola
LA CITTA' IN ETA' ROMANA
La presenza romana in città diede vita a un rinnovamento dell'assetto urbanistico, con la costruzione di nuovi palazzi e ville, secondo i gusti dei nuovi arrivati. Con l'arrivo romano mutò anche l'assetto istituzionale che era stato introdotto da Giuba I. Con il passare dei secoli ci fu una integrazione fra berberi e romani. Nel 27 a. C. in occasione della riorganizzazione dell'impero, il territorio dell'Africa Nova fu riunito a quello dell'Africa Proconsolare, ma continuò a formare una circoscrizione speciale, la Numidia, amministrata da un legato del proconsole che risiedeva a Ippona.
Le scoperte archeologiche degli ultimi anni ci hanno consegnato su alcune lapidi il nome di uno di questi legati che governava nel 41 sotto il regno di Claudio. Si tratta di Q. Allius Massimo che amministrava le circoscrizioni riunite da Ippona, Tagaste, Madaura, Tipasa e Teveste.
Risiedeva in un palazzo ai bordi della Seybouse assieme al suo personale. Sotto il suo controllo si trovavano i granai pubblici, gli horrea sacra. Nell'anno 99, all'epoca degli Antonimi, per la sua importanza e per la sua popolosità, Ippona, da municipio (soggetta direttamente all'autorità di Roma), fu eretta a colonia, il che conferiva ai romani e ai romanizzati il titolo di cives romanus. La città occupava una sessantina di ettari ed era tutta circondata da una cinta muraria eretta dagli Aguellidi nel II sec. a. C. Possenti e ben strutturate, queste mura era una necessità per una città aperta al mare ma bisognevole di difesa, soprattutto verso l'interno. Per quattro secoli queste mura difesero la città dalle varie insurrezioni berbere. Con l'avvento del cristianesimo, la città accolse basiliche, cappelle e conventi.
Quartiere delle ville
Si trova lungo la strada di Guelma: è un insieme di case qualche volta addossate alle mura, che occupa una ampio territorio non ancora del tutto esplorato dalle ricerche archeologiche. Ciò che colpisce di queste case è il pavimento, che presenza diversi livelli in corrispondenza dei mosaici spesso sovrapposti fino a sei strati. Ciò che resta di queste pavimentazioni esprime bene il lusso e la ricchezza dei suoi abitanti dal I al IV sec. Questi mosaici, il marmo multicolore delle terme private, le decorazioni con influenze ellenistiche, hanno conservato la loro bellezza, riflesso di una realtà storica che si scopre attraversando le sale, le colonne, i capitelli, i giardini. I temi dei mosaici evocano i piaceri preferiti dei romani e cioè la caccia alle belve, la vita dei pescatori, che sono trattati con spirito romantico e fantastico. Alle volte compaiono sirene circondate da draghi mostruosi e teste marine smisuratamente grandi.
I buongustai riconosceranno i panieri colmi di aragoste e di oche, cesti di frutta con rami di foglie di piante esotiche. Oltre alla vita quotidiana, i mosaici rappresentano scene mitologiche con Venere, Mercurio, Diana, ma non manca Bacco e il suo culto legato alla coltivazione dei vigneti. I pannelli più spettacolari sono quelli di Isgunte Nica, la Ruota dello Zodiaco e il Corno dell'Abbondanza. In una villa del III sec. è stato scoperto recentemente uno splendido mosaico detto di Apollo Melkarth, in un luogo a una decina di metri dalla chiesa di S. Stefano. All'interno di un ottagono regolare un medaglione con l'effigie di un giovane dio è circondato da ghirlande di lauro di pregevole fattura.
Poco più in là, in una villa del IV sec. si sviluppano eccezionali mosaici per la straordinaria policromia, noti come Trionfo di Amfitrite. I loro esecutori appartenevano probabilmente alla popolazione berbera che abitava nei sobborghi della città, che venivano da una scuola che aveva già prodotto importanti opere in età numida in tutta l'Africa del nord.