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CICLo AGOSTINIANo di Marzio Ganassini a Viterbo

Affreschi di Ganassini nel chiostro della chiesa della SS. Trinità: Agostino insegna a Roma

Agostino insegna retorica a Roma

 

 

MARZIO GANASSINI

1610

Chiostro della Chiesa della SS. Trinità a Viterbo

 

Agostino insegna retorica a Roma

 

 

 

Il cartiglio in margine al dipinto riporta: Dicendi recte normam pureq. loquendi Augustini ex ore capit romana iuventus. In una grande camera trova posto la scuola dove insegna Agostino. Il santo dall'aspetto giovanile siede su una cattedra e sta spiegando a un folto gruppo di discepoli una lezione, aiutandosi con ampi gesti delle braccia e delle mani. Seduti su delle panche a sinistra ci sono due persone con cappelli e vestiti neri, a destra dei ragazzi esprimono maggiore vivacità nei movimenti e nel colore dei vestiti: in fondo un altro gruppo di ragazzi sta seduto davanti a una tenda e sembra parlottare e discutere. Altri scrivono, altri seguono le parole di Agostino: sullo sfondo si apre una grandiosa vista della città di Roma.

 

Verso il 384 Agostino lascia Cartagine per andare ad insegnare a Roma.

Agostino in realtà sta cercando di fare carriera e pertanto inizia il viaggio di avvicinamento alla città dove risiede l'imperatore (Milano) passando per Roma, dove ha amici manichei potenti ed influenti.

 

Agisti dunque su di me fino a farmi maturare la decisione di partire alla volta di Roma, per insegnare là invece che a Cartagine la mia disciplina. Come poi venni a questa convinzione io non te lo voglio tacere, dato che anche in questi fatti bisogna riconoscere e celebrare le tue profondità segrete e la tua attenzione costante e tenerissima per noi. Non volevo andare a Roma per le prospettive di maggiori guadagni e maggior prestigio con cui gli amici volevano allettarmi - benché anche queste cose allora avessero peso sulle mie decisioni. Ma la ragione prima e forse unica era la fama che gli studenti di là avevano d'essere più tranquilli, e disciplinati da un ordinamento più rigoroso: e non avevano l'abitudine di irrompere alla spicciolata e alla rinfusa in una scuola se non erano allievi di quel maestro, anzi non vi erano affatto ammessi senza il suo permesso. A Cartagine invece l'indisciplina degli studenti è vergognosa e sfrenata: hanno l'impudenza di cacciarsi dove vogliono, sono come furie che turbano l'ordine istituito per il profitto degli allievi. Commettono ogni sorta di insolenze di una scempiaggine incredibile, che le leggi dovrebbero punire, se l'usanza non li proteggesse. E si rivelano tanto più miserabili, in quanto agiscono come se ciò che fanno fosse lecito, mentre per la tua legge non lo sarà mai; e credono di passare impuniti quando è la stessa cecità del loro agire la pena, e soffrono cose incomparabilmente peggiori di quelle che fanno. E io che da studente m'ero sempre rifiutato di indulgere a quegli usi, adesso da professore ero costretto a sopportarli da parte altrui: per questo aspiravo ad andarmene dove questo, stando a chi ne era informato, non sarebbe accaduto.

AGOSTINO, Confessioni 5, 12, 22