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Percorso : HOME > Iconografia > Cicli > Seicento > Viterbo > GanassiniCICLo AGOSTINIANo di Marzio Ganassini a Viterbo
L'estasi di Ostia: ricostruzione fotografica
MARZIO GANASSINI
1610
Chiostro della Chiesa della SS. Trinità a Viterbo
L'estasi di Ostia
ll riquadro è andato praticamente completamente distrutto nel corso dei bombardamenti che interessarono la città nella seconda guerra mondiale. Si è salvato solo un piccolo lacerto dove è raffigurata parzialmente santa Monica a mezzo busto. E' possibile conoscere quale era la struttura della pittura grazie alla documentazione fotografica del ciclo che fece padre Agostino Addeo agostiniano nei primi anni del Novecento. Grazie alle sue foto oggi possiamo ricostruire l'affresco nella sua integrità, La scene presentava il litorale dl Ostia, dove sotto un ampio porticato, davanti ad una spaziosa terrazza sul mare, Agostino e Monica amabilmente stanno dialogando. Anzi riescono a confrontarsi su profondi temi religiosi. Madre e figlio, seduti l'uno di fronte all'altra, si guardano negli occhi e accompagnano la loro conversazione con ampi movimenti delle braccia. E' grazie al loro confrontarsi che giungerà infine la divina intuizione.
Ganassini fissa il momento che precede l'estasi e pone l'accento sul dialogo che si svolge fra Agostino e Monica. Il loro dialogo diventa peludio e fondamento della divina esperienza. lL'affresco inserisce colloquio in una esperienza di profonda corrispondenza affettiva, come mezzo per avvicinarsi alle vette dell'intuizione divina. Per accompagnare la raffigurazione del momento sublime e straordinario vissuto da Monica e Agostino, Ganassini costruisce una ambientazione estremamente spaziosa e ariosa. ll pavimento a mattoni quadrati a due colori fornisce un sicuro sostegno alla costruzione prospettìca e alla corretta proporzionalità degli elementi figurativi,
Mancano i drappi e i panneggi di cui l'autore fa uso e il preziosismo manierista dei particolari. La struttura della scena ci richiama ad un clima domestico, familiare, umile. La virtù dell'umiltà e il valore dell'amore sono l'irrinunciabile punto di partenza per giungere alla contemplazione di Dio e della Sua gloria. Sullo sfondo, dietro la balaustra della terrazza, ornata sull'angolo con la statuetta di una figura maschile, la visuale si allarga sul porto e sulle mura della città di Ostia; alcune navi attraccano, altre salpano: la vita scorre con il suo ritmo consueto.
La struttura della scena godrà di una larga fortuna.
10.23. Incombeva il giorno in cui doveva uscire da questa vita - e tu lo conoscevi quel giorno, noi no. Accadde allora per una tua misteriosa intenzione, credo, che ci trovassimo soli io e lei, affacciati a una finestra che dava sul giardino interno della casa che ci ospitava, là nei pressi di Ostia Tiberina, dove c'eravamo appartati lontano da ogni trambusto, per riposarci della fatica di un lungo viaggio e prepararci alla navigazione. Conversavamo dunque assai dolcemente noi due soli, e dimentichi del passato, protesi verso quello che ci era davanti ragionavamo fra noi, alla presenza della verità - vale a dire alla tua presenza. L'argomento era la vita eterna dei beati, la vita che occhio non vide e orecchio non udì, che non affiorò mai al cuore dell'uomo. Noi eravamo protesi con la bocca del cuore spalancata all'altissimo flusso della tua sorgente, la sorgente della vita che è in te, per esserne irrigati nel limite della nostra capacità, comunque riuscissimo a concepire una così enorme cosa.
- 24. E il nostro ragionamento ci portava a questa conclusione: che la gioia dei sensi e del corpo, per quanto vivida sia in tutto lo splendore della luce visibile, di fronte alla festa di quella vita non solo non reggesse il confronto, ma non paresse neppur degna d'esser menzionata. Allora in un impeto più appassionato ci sollevammo verso l'Essere stesso attraversando di grado in grado tutto il mondo dei corpi e il cielo stesso con le luci del sole e della luna e delle stelle sopra la terra. E ascendevamo ancora entro noi stessi ragionando e discorrendo e ammirando le tue opere, e arrivammo così alle nostre menti e passammo oltre, per raggiungere infine quel paese della ricchezza inesauribile dove in eterno tu pascoli Israele sui prati della verità. Là è vita la sapienza per cui sono fatte tutte le cose, quelle di ora, del passato e del futuro - la sapienza che pure non si fa, ma è: così come era e così sarà sempre. Anzi l'essere stato e l'essere venturo non sono in lei, ma solo l'essere, dato che è eterna: infatti essere stato ed essere venturo non sono eterni. Mentre così parliamo, assetati di lei, eccola... in un lampo del cuore, un barbaglio di lei. E già era tempo di sospirare e abbandonare lì le primizie dello spirito e far ritorno allo strepito della nostra bocca, dove la parola comincia e finisce. E cosa c'è di simile alla tua Parola, al Signore nostro, che perdura in se stessa senza diventare vecchia e rinnova ogni cosa?
- 25. "Se calasse il silenzio, in un uomo, sopra le insurrezioni della carne, silenzio sulle fantasticherie della terra e dell'acqua e dell'aria, silenzio dei sogni e delle rivelazioni della fantasia, di ogni linguaggio e di ogni segno, silenzio assoluto di ogni cosa che si produce per svanire" - così ragionavamo - "perché ad ascoltarle, tutte queste cose dicono: 'Non ci siamo fatte da sole, ma ci ha fatte chi permane in eterno'; se detto questo dunque drizzassero le orecchie verso il loro autore, e facessero silenzio, e lui stesso parlasse non più per bocca loro, ma per sé: e noi udissimo la sua parola senza l'aiuto di lingue di carne o di voci d'angelo o di tuono o d'enigma e di similitudine, no, ma lui stesso, lui che amiamo in tutte queste cose potessimo udire, senza di loro, come or ora con un pensiero proteso e furtivo noi abbiamo sfiorato la sapienza eterna immobile sopra ogni cosa: se questo contatto perdurasse e la vista fosse sgombrata di tutte le altre visioni di genere inferiore e questa sola rapisse e assorbisse e sprofondasse nell'intima beatitudine il suo spettatore, e tale fosse la vita eterna quale è stato quell'attimo di intelligenza per cui stavamo sospirando: non sarebbe finalmente questa la ventura racchiusa in quell'invito, entra nella gioia del tuo signore? E quando? Forse quando tutti risorgeremo, ma non tutti saremo mutati ?"
AGOSTINO, Confessioni, 9, 10, 23-25