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L'ORDINE AGOSTINIANO E LA DEVOZIONE ALLA MADONNA

Disputa della Immacolata Concezione in un dipinto di Maratta del sec. XVII

Immacolata Concezione di Maratta

 

 

L'ORDINE AGOSTINIANO E LA DEVOZIONE ALLA MADONNA

di Agostino Giacomini O.S.A.

 

tratto da Sanctus Augustinus vitae spiritualis magister, Settimana internazionale di Spiritualità Agostiniana, Roma 1956

 

 

 

GLI IMMACOLISTI DEL SEC. XVII

 

Tra i molti - e spesso robusti - teologi del s. XVII spicca il professore di Coimbra Egidio della Presentazione (+ 1626), di cui nel 1617 venne stampato un grosso volume di circa 500 pagine su l'Immacolata Concezione. Lo divulgò sia per devozione a Maria, sia per le esortazioni di amici e ammiratori. Per la sua singolare importanza, come abbiamo avvertito al principio di questi cenni su l'Immacolata, ne diamo una modesta sintesi. L'opera è divisa in quattro libri e questi in varie questioni. Nel 1. I si dimostra che Maria fu santificata nel seno materno (E. DELLA PRESENTAZIONE, op. c., ff. 1-31).

Innanzi tutto Egidio, con S. Tommaso, preferisce considerare una sola santificazione in Maria, cioè l'esclusione del peccato originale, perché santificazione vuol dire giustificare ciò che manca di giustizia; sicché le altre santificazioni, ammesse da certi autori, sono piuttosto aumenti di santità. Però Egidio, in pratica, parlerà poi anche di una seconda santificazione di Maria, quando concepì il Figlio di Dio. Contro i Luterani in modo particolare, in seguito, asserisce che Maria fu santificata nel seno materno, confermandolo con l'autorità di Padri e Teologi venerandi, con la festa antichissima della Natività della Vergine, con la santificazione di Geremia e del Battista ante nativitatem e con il fatto che così conveniva a Dio.

Egidio pone fine al I. I affermando che tale verità è non solo atto temerario negarla, ma anche sarebbe erroneo. Il I. II tratta del debito di Maria a contrarre il peccato originale. Il succo di tutto il libro è dato da Egidio stesso in otto proposizioni, delle quali dice anche in quale certezza si debbono tenere. Siccome peccare in Adamo è lo stesso che commettere con lui e in lui l'atto di disubbidienza e di prevaricazione che lui commise, cosicché la prevaricazione nel paradiso terrestre fu attualmente di Adamo e nostra, e siccome per questo bisogna concedere con S. Paolo che tutti in Adamo peccarono, viene di conseguenza che anche Maria, discendente di Adamo e membro della nostra stirpe, con noi peccò in Adamo. Perciò è del tutto improbabile e inammissibile asserire che la Vergine non avesse semplicemente e assolutamente nessun debito di contrarre la macchia del peccato di Adamo; ma si deve ammettere in Lei un vero e proprio debito originato dal peccato di Adamo, debito e remoto e prossimo. T

uttavia tal debito la Vergine non l'ebbe nella propria persona intrinsece, ma soltanto "negative et extrinsece et per primum non esse debiti: ita ut in toto tempore, immediate praecedente primum instans generationis personae illius, in ea fuerit debitum contrahendi maculam; non tamen fuerit pro primo conceptionis instanti. Quare de hoc debito ita puto esse theologizandum: ut sicut primum instans conceptionis Beatissimae illius personae fuit primum esse gratiae eam sanctificantis, ita etiam fuerit primum non esse debiti contrahendi maculam. Unde, sicut illud primum instans generationis fuit primum esse illius personae (quia tunc primum fuit et antea non erat) et primum non esse dispositionum, quare ad generationem illius personae disponebant (quia tunc primo corruptae sunt et non fuerunt, cum in toto tempore immediate fuerint), ita infectio illa carnis, quae ad contrahendam maculam disponebat, in eodem instanti primo non fuit, quia tunc primo non habuit esse, cum tamen in toto tempore praecedente fuerit". Il I. III riguarda la preservazione di Maria dal peccato originale: è il più lungo, con undici questioni. Tra quelli che negano e quelli che affermano tale preservazione Egidio è naturalmente per i secondi e ne recita sommariamente i motivi, dichiarando però che nessuna delle due sentenze può ancora dirsi di fede e diffondendosi poi a vedere se sia degno di censura chi condanni come eretici i fautori dell'una o dell'altra.

Né la definizione dell'Immacolata Concezione, fatta dal Concilio di Basilea, è articolo di fede, sia perchè non consta che intendesse definirla come tale, sia perché, se l'avesse fatto, niente sarebbe valsa per l'illegittimità del Concilio. Nemmeno il pio privilegio è reso di fede dal fatto che la Chiesa permette di buon occhio la festa della Concezione, perché non è detto che le feste, per se stesse, dicano verità di fede definita; del resto, consta che è stata permessa a scopo di pietà, senza toccare il dogma. Parlando dei Padri e scrittori ecclesiastici favorevoli o dubbi o contrari al pio privilegio, ne fa una lunga disquisizione e include il S. P. Agostino tra i favorevoli, compiacendosi che tra i Padri la sentenza a favore è di gran lunga la più antica e comune, mentre fra i teologi è la più comune specialmente dal s. XIV in poi; quindi, se dovesse esservi una definizione da parte della Chiesa, questa sarebbe per la pia sentenza. Sulla questione se l'Immacolata Concezione si possa provare con la Scrittura Egidio riporta tre opinioni: essa ripugna alla Scrittura - nè la concezione immacolata nè la concezione non immacolata vi ripugnano, ma la seconda le è più consona - la Scrittura è più favorevole al privilegio mariano.

Egidio, tacciata la prima di eretica o almeno in fide erronea, asserisce che la seconda è vera in quanto che esclude che le due concezioni opposte ripugnino alla Scrittura; però sostiene che la Scrittura si adatta più alla sentenza immacolista e lo prova con figure e passi biblici vari, tra cui il Protovangelo e il saluto dell'Arcangelo Gabriele a Maria. Circa la festa della Concezione Egidio non rinnega quanto ha detto prima; però ne conclude che la Chiesa, permettendola e favorendola, dà a vedere che reputa la sentenza immacolista semplicemente così vera da non potersi dire falsa. Egli ricava anche una conferma efficace per il pio privilegio dall'approvazione da parte della Chiesa dell'Ordine delle Suore della Concezione; dal senso comune dei fedeli, che si esplica fra tante difficoltà e cresce di continuo; dall'atteggiamento piuttosto favorevole dei Papi, dei quali nomina in particolare Sisto IV e S. Pio V; dall'atteggiamento incoraggiante delle Università, ricordando con piacere Parigi e specialmente Coimbra, e di quasi tutti gli Ordini Religiosi, in modo particolare Francescani e Agostiniani e Gesuiti (accenna anche ad alcuni teologi Domenicani), e dei Re cristiani, specie Iberici.

Parlando poi delle rivelazioni dei Santi, tra cui quelle di S. Brigida, e dei prodigi in favore del pio privilegio mariano, afferma che le une e gli altri possono esserne buona conferma, purchè si proceda con scienza e prudenza e dietro la guida della Chiesa. Le prove poi della pia sentenza che sono solo di congruenza, benché ricavate dalla teologia e dalla filosofia, Egidio le stima più atte a persuadere che a dimostrare e quindi ne debbono tener gran conto i predicatori e i pastori d'anime; e, sebbene dagli autori vengano variamente diluite, in fondo si riducono sempre all'antico "potuit, decuit, ergo fecit". Egidio poi vuole che, nel proporre in pubblico la questione dell'Immacolata, si stia alle prescrizioni dei Papi e si evitino gli scandali, pur non tacendo che egli è felice che si diffonda la pia sentenza; anzi - nell'ipotesi che un giorno la Chiesa si decida a una definizione de fide- egli auspica vivamente la definizione della sentenza del suo cuore, illustrandone a fondo le ragioni e aggiungendo che, chi morisse per sostenerla, sarebbe vero martire. Sul modo in cui la Vergine fu preservata dal peccato originale, dopo avere riportate sei opinioni e averle ben discusse, Egidio fa sua la "receptissima sententia" di coloro i quali dicono "quod B. Virgo praeservata fuerit ab originali in primo instanti suae regenerationis per gratiam primo conceptam in illius persona, quae (gratia) impedivit maculae resultantiam".

Egidio termina il III libro investigando se la Madonna, benché concepita senza peccato originale, fu lo stesso redenta dal sangue di Cristo; e, dopo lunga trattazione, concentra il suo pensiero in sette conclusioni, che sono per l'affermativa. Tutto il I. IV verte su gli effetti della grazia che preservò Maria dal peccato originale. Egidio afferma che è di fede che tale grazia, concessa alla Vergine nel primo istante della sua Concezione, la preservò anche da ogni peccato attuale; e lo prova con la Scrittura, i Padri e i Teologi. Circa il fomes peccati, dopo averne trattato a lungo, Egidio asserisce che gli immacolisti possono ammettere in Maria tale fomes, perché il concetto del fomes peccati e quello dell'esenzione dal peccato originale non si elidono necessariamente a vicenda. Però asserisce anche - e lo difende a spada tratta - che è molto più probabile che il fomes fu in Lei del tutto estinto nella sua concezione immacolata; che non conviene all'eccellenza di Maria esser vissuta con tale fomes; che nemmeno è da ammettersi - nell'ipotesi di coloro che pongono in Maria il fomes ligatus - che talvolta le venisse sciolto in maniera di correr pericolo di peccare venialmente o di trovare difficoltà per compiere il bene. Circa la potenza di peccare mortalmente e venialmente, Egidio sostiene che a Maria fu tolta, quando, nella prima santificazione, fu confermata in grazia e resa semplicemente impeccabile ab intrinseco, per mezzo delle grazie e le virtù, e ab extrinseco, con l'assistenza della divina Provvidenza.

Egidio asserisce anche che la grazia preservativa dalla colpa d'origine conferì subito a Maria l'uso della ragione, aggiungendo che l'atto del ragionare in Lei riguardò immediatamente Dio e Gesù Cristo e che l'uso della ragione le rimase per sempre, sia perché conveniva alla dignità di Lei, sia perchè il Signore non si pente mai dei suoi doni. Infine Egidio rapidamente passa in rassegna alcuni privilegi, conferiti alla Vergine nella sua prima santificazione (maggiore grazia che le altre creature, ogni virtù, doni dello Spirito Santo, ecc.), concludendo con queste parole: "... Cum solus Deus cognoscat numerum gratiarum et perfectionum B. Virginis ... et cum Illa vere sit abyssus gratiae ... finem huic articulo imponamus, quia ad finem gratiarum illius numquam pervenire possemus". Appartengono pure al s. XVII: Agostino Antolìnez (+1626), il quale, mentre era professore a Salamanca, redasse la formula di giuramento con cui, per statuto, l'università s'impegnava a difendere l'Immacolata Concezione (G. DE SANTIAGO VELA, oesa, Ensayo de una biblioteca ibero-americana OESA, I, 157s); Bartolomeo de los Rìos y Alarcòn (+1652), forse il migliore dei nostri mariologi, di cui parleremo più sotto; Carlo Moreau (+1671), che, senza dire che la pia sentenza è un dogma di fede, avverte che piamente è espediente credervi.