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Percorso : HOME > Sant'Agostino > La vita > Traslazione delle spoglieLA VITA DI SANT'AGOSTINO: traslazione delle spoglie a Cagliari
Traslazione del corpo di Agostino
TRASLAZIONE DELLE SPOGLIE IN SARDEGNA A CAGLIARI
S. Agostino morì nella sua Sede vescovile d'Ippona, in Africa, il 28 agosto del 430, proprio nel periodo in cui la città era assediata da ogni parte dai Vandali invasori. Sappiamo da Possidio, vescovo di Calama, presente alla morte dell'amico Agostino, che molti discepoli e vescovi assistettero al suo trapasso e che insieme ne curarono la sepoltura, dopo avere offerto per il riposo dell'anima il sacrificio dell'Altare (POSSIDIO, Vita S. Aurelii Augustini, cap. XXXI).
Fu deciso di seppellirlo nella chiesa di S. Stefano, o basilica della Pace, nella quale, come chiesa cattedrale, Agostino per tanti anni aveva celebrato i sacri misteri ed elargito con successo la parola di Dio. Durante gli scavi compiuti nel XX secolo nel suolo dell'antica Ippona sono venuti alla luce gli avanzi di questa Basilica della Pace che per prima accolse le spoglie mortali d'Agostino. Purtroppo per poco tempo il suo corpo potette riposare là dove l'avevano deposto i suoi fedeli e i suoi discepoli. L'assedio che stringeva Ippona alla morte di Agostino si prolungò ancora 11 mesi dopo la morte del Santo; vedendo però i barbari che, vani riuscivano tutti i loro sforzi, si ritirarono alla fine, allontanandosi dalle sue mura inespugnabili e permettendo così ai cittadini di trarsi in salvo.
Nella salvezza, sia pure temporanea, d'Ippona, non è difficile riconoscere una disposizione della Provvidenza per salvare dalla profanazione le reliquie del grande Dottore oltre a conservare il tesoro della biblioteca dell'episcopio nella quale, tra l'altro erano stati diligentemente raccolti gli scritti del Santo, come insistentemente egli stesso aveva raccomandato che si facesse (POSSIDIO, Vita S. Aurelii Augustini, cap. XXXI: "Ecclesiae bibliothecam omnesque codices diligenter posteris custodiendos semper iubebat").
Quando però il Conte Bonifacio, lo strenuo difensore di Ippona, vide che i barbari desistevano e partivano dall'assedio, quando vide vanificarsi lo sforzo che aveva tentato per distruggere il nemico con gli aiuti ricevuti da Roma e da Costantinopoli, decise di abbandonare l'Africa alla sua sorte e se ne tornò a Roma. La sua partenza avveniva due anni dopo la morte di S. Agostino, cioè nel 432. Per quanto la notizia della partenza di Bonifacio fosse giunta ai barbari invasori, pure costoro non mossero attacco alla città. Forse erano ammaestrati dall'esperienza degli inutili sforzi fatti poco prima per prendere la città d'Agostino e non ardivano tentare di nuovo l'impresa, forse in ciò si può vedere una disposizione della Provvidenza che vegliava sul sepolcro e sulle opere del grande dottore della grazia. Sta di fatto, che per quanto di tempo in tempo i barbari si avvicinassero alle sue mura, pure non ardirono di assaltare la città se non quando la videro abbandonata dai suoi abitanti.
Partito Bonifacio, gli abitanti di Ippona, nella speranza di veder giungere o da Costantinopoli o da Roma i più volte promessi soccorsi, si mantennero per qualche tempo sulle difese. Non giungendo però questi, e facendosi le minacce degli invasori più gravi, si venne alla fine dalla grande maggioranza dei cittadini nella dolorosa risoluzione di abbandonare volontariamente le patrie mura e di cercare altrove salvezza. Fu in questa circostanza che Eraclio il nuovo Vescovo d'Ippona, confortato in ciò dal consiglio e dall'interessamento di altri Vescovi, di numerosi religiosi che professavano la regola Agostiniana e del clero d'Ippona, pensò bene di mettere in salvo le preziose reliquie del Santo e la sua biblioteca. Per asilo di tanto tesoro fu scelta l'isola sarda. Non si conosce alcun documento sicuro dal quale si possa ricavare con certezza assoluta l'anno di questa traslazione delle reliquie del Santo Dottore.
Possiamo presumere ch'essa avvenne intorno al 504. Gli esuli africani che le portavano con sé a Cagliari in Sardegna le deposero in una piccola chiesa situata fuori delle mura della marina. I Pisani più tardi chiamarono questa località Bagnaria, o Bagnia, gli Aragonesi invece, che dopo i Pisani occuparono l'isola, la denominarono Lappola, o la Pola (SERRA, Una pagina d'oro della Storia Ecclesiastica della Sardegna, Cagliari 1889; ARQUER S., Sardinae brevis historia et descriptio, tabula chorographica insulae ac metropolis illustrata nella cosmografia dei Muster, Basilea 1558; A. DELLA MARMORA, Itinerario dell'Isola di Sardegna, Ed. da P. Marica, Caserta 1918; PUSSEDDU, Il culto di S. Agostino in Cagliari: note storiche, Cagliari 1925).
Questa piccola chiesa a poco a poco incominciò ad esser designata col titolo di S. Agostino. In un tempo che ancora non è stato determinato, ma probabilmente alla fine del sec. XII, vi fu edificato vicino un monastero da alcuni religiosi professanti la regola del S. Padre Agostino.
Trovandosi la Sardegna, all'epoca nella quale vi fu trasportato il corpo di S. Agostino, sotto la denominazione Vandala, con ogni probabilità, nei primi tempi almeno, si curò di tener nascosto tanto tesoro nella cripta della chiesa. Migliorate le condizioni sotto la dominazione araba, che successe alla vandala, vivissima si accese e si divulgò la devozione al Santo, e le sue reliquie divennero oggetto di intenso culto e meta di devoti pellegrinaggi. Anche quando il corpo di S. Agostino, riscattato da Liutprando, fu trasportato a Pavia, viva rimase nei Cagliaritani la devozione verso S. Agostino. Gelosamente custodirono e custodiscono sempre la cripta nella quale per oltre due secoli riposarono le sue reliquie. Quando al tempo di Filippo II, per ragioni di sicurezza, fu demolito il vecchio tempio di S. Agostino unitamente al Convento, la cripta fu risparmiata, anzi per ordine dello stesso Filippo II ben presto, per quanto in modeste proporzioni, sugli avanzi della medesima fu riedificata un'altra artistica chiesa, meta continua dei devoti del Santo. Purtroppo l'odio settario fece sì che nel 1887 venisse demolita. Sulla sua area sorge ora il palazzo Accardo. La cripta però fu provvidenzialmente risparmiata ed incorporata nella nuova fabbrica. All'esterno, una lunetta con affresco ne indica il luogo preciso. La cappella é ben conservata e fu ridotta allo stato attuale nel 1630 a spese della Marchesa Di Villacidro. In fondo alla medesima vi é un altare di marmo con una nicchia nella quale é stata collocata una statua di marmo di S. Agostino. Nel paliotto, intarsiato di marmi di diverso colore, é un bassorilievo rappresentante il transito del S. Padre assistito da due angeli. Dietro l'altare si conserva una specie di loculo. Una costante tradizione vuole che proprio in quel vuoto fosse stato riposto e si conservasse il corpo del S. Dottore fine al giorno che i Saraceni, a prezzo d'oro, le vendettero al re Longobardo. Da questo loculo scaturisce dell'acqua che viene spesso ricercata dagli infermi per devozione al Santo (SERRA, op. cit., Il culto di S. Agostino in Cagliari).
Chiesa S. Agostino "nuova"
La cosiddetta cripta di S. Agostino è oggi accessibile tramite un'ardita scaletta a chiocciola dall'andito d'ingresso dello storico palazzo Accardo in Largo Carlo Felice, progettato da Dionigi Scano e realizzato alla fine del secolo scorso nell'ambito della sistemazione urbanistica del Largo, che poi corrisponde a quella attuale. Questa cripta ospitò, dal 504 al 722 dopo Cristo, le spoglie mortali di S. Agostino vescovo di Ippona, traslate in Sardegna forse dal celebre monaco e teologo Fulgenzio, a quasi un secolo di distanza dalla morte del santo vescovo, per sottrarle al possibile oltraggio da parte degli invasori Vandali. Costoro, seguaci dell'eresia ariana, avevano avviato una dura persecuzione dei vescovi cristiani del Nord Africa, costringendoli all'esilio in Sicilia, in Sardegna e nel Meridione d'Italia. E molti di questi vescovi, tra cui Fulgenzio, avevano portato con sè i resti mortali ed il culto dei loro predecessori morti in terra africana e già venerati come santi. Le spoglie di Sant'Agostino restarono a Cagliari poco più di due secoli, fino al 722 dopo Cristo, anno in cui il re longobardo Liutprando le fece trasferire a Pavia per tenerle al sicuro dalle scorrerie saracene, e dove attualmente ancora si trovano. Sopra la cripta sorgeva la vecchia chiesa di S. Agostino extra muros, e nelle vicinanze sorgeva un antico convento, che secondo la tradizione fu fondato dallo stesso Agostino durante una predicazione nell'isola. Il convento fu demolito, come già accennato, sotto Filippo II per fare spazio alla cinta fortificata, e trasferito poco lontano, nel quartiere della Marina, all'interno delle mura. A spese del Real Tesoro, fu costruito un nuovo Convento ed un'altra chiesa per i religiosi agostiniani entro il rione della Marina, e precisamente nell'antica Via S. Leonardo, che prese presto la denominazione di Via S. Agostino e finalmente l'attuale di Via Brayle. Alla nuova chiesa fu dato il titolo della precedente, cioè di S. Agostino con l'aggiunta di "nuova" per distinguerla dalla "vecchia". Intorno alla metà del 1600 si completò la demolizione dell'antico convento, ma si lasciò in piedi solo una piccola cappella che sovrastava il santuario sotterraneo, e che a metà dell'Ottocento era ancora esistente: fu infatti vista e descritta dallo SPANO e dal Martini. Poi, con la sistemazione del Largo Carlo Felice, per allineare la facciata col tracciato del Largo, la cappella fu in parte demolita (1884), e su di essa si inserì il palazzo progettato da Dionigi Scano. L'intervento non riguardò la cripta, che si conservò integra. Il vano, un rettangolo piuttosto irregolare di circa cinque metri per tre, con un' altezza media di quattro, è interamente intonacato, ma sembra riutilizzare una piccola grotta naturale o un preesistente ambiente ipogeo, probabilmente di epoca romana. All'interno una serie di piastrelle colorate del seicento, note come azulejos, vivacizza e decora le pareti lunghe nella parte bassa. Sulla parete di fondo è l'edicola dell'altare, che include una piccola nicchia scavata nella parete, che ospita la statua del santo in gesto benedicente. Dietro l'altare vi è un vuoto, bene illuminato da una lampada, che è un luogo di particolare venerazione poiché, secondo la tradizione , era il sito dove era posata la cassa del Santo. Attualmente vi si nota una fossa concava, lunga poco più di un metro e larga una quarantina di centimetri, profonda altri trenta o quaranta centimetri, contenente un'acqua di falda limpida e trasparente. La tradizione popolare considerava miracolosa questa acqua, a cui venivano attribuite prodigiose qualità terapeutiche. Essa veniva portata nelle case per la guarigione degli infermi, e ciò viene confermato da una lapide nella facciata esterna della cappella superiore, probabilmente del 1600, che il canonico Giovanni Spano fece in tempo a conoscere, e che trascrisse interamente nella sua Guida della città e dintorni di Cagliari. Redatta in latino, l'iscrizione ricordava al viandante che in quel sacro luogo avevano riposato per 221 anni le spoglie di S. Agostino, e lo invitava a fermarsi e venerare quel "loculum". Anche se, continuava l'iscrizione, il corpo del santo non riposava più in quella grotta a causa delle scorrerie saracene (defecit corpus Saracenorum tirrannide) restava quell'acqua miracolosa come vero e proprio dono del Santo a guarire gli infermi (mansit tamen mirifica aqua ad infirmorum levamen). L'epigrafe fu purtroppo rimossa trent'anni dopo allorché, come già detto, nel 1864 fu arretrata la facciata della cappella e gli ambienti furono inglobati nel costruendo palazzo Accardo. Da documenti del tempo sembrerebbe che sia stata trasferita nella chiesa di San Lucifero, ma attualmente se ne sono perse le tracce.
I Padri agostiniani rimasero costantemente presso la nuova chiesa fino al 1889 epoca della morte dell'ultimo superstite, il venerando P. M. Simone Sanna. Il 28 ottobre dello stesso anno l'Amministrazione Comunale di Cagliari ordinava la chiusura del Tempio. In tali circostanze le statue di S. Agostino, di N. S. della Cintura e di S. Rita, oggetto di vivissimo culto, furono trasferite nella vicina Parrocchia dl S. Eulalia. Tale provvedimento dispiacque molto ai buoni Cagliaritani e nulla lasciarono d'intentato perché il Tempio di S. Agostino fosse riaperto al culto. Vari furono i ricorsi che si avanzarono a questo scopo. Nel 1897 fu inviata alle autorità competenti una petizione sottoscritta da 9000 persone delle più distinte e autorevoli della città. Ma tutto riuscì vano, nonostante l'interessamento personale di Mons. Paolo Sorci Arcivescovo di Cagliari, tanto potente era allora il gruppo al potere nell'Amministrazione Comunale. Si tentò perfino di demolirla ! Era riservato all'Arcivescovo Mons. Ernesto Piovella di vedere alla fine appagati tanti voti. Dietro sua istanza, il Commissario Prefettizio Cav. Uff. V. Tredici con decreto in data 5 Febbraio 1925 deliberava la riapertura al culto della Chiesa di S. Agostino. Si procedette alla nomina del Rettore nella persona del Rev. mo Dr. Amedeo Loj, zelante parroco di S. Eulalia, la Chiesa fu riaperta al culto il 6 aprile dello stesso anno. Il 2 agosto successivo Mons. Arcivescovo riconsacrava con grande solennità il Tempio e fra l'entusiasmo di tutta Cagliari vi si riportavano processionalmente le venerate statue della Vergine di Consolazione, di S. Agostino e di S. Rita.