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LA VITA DI SANT'AGOSTINO: muore a Ippona nel 430

Morte di Agostino: affresco di Nelli a Gubbio

Morte di Agostino

 

 

La morte a Ippona il 28 agosto 430

 

 

 

La malattia si aggrava; fa scrivere sulla parete di fronte al letto i Salmi penitenziali e li legge ogni tanto con occhi bagnati di lacrime. Medita e prega, in un colloquio continuo con Dio. Nelle piene facoltà mentali, si rende conto della sua malattia.

Ma la forte fibra ormai non resiste più. Tutti i suoi sono intorno alletto e pregano meravigliati della sua serena e luminosa malattia. Quando l'anima prende il volo per il ciclo, tutti si inginocchiano e pregano un santo. Agostino si addormenta nel Signore la notte del 28 agosto del 430; ha settantasei anni. Muore povero, senza testamento, perchè è vissuto povero e non ha nulla da lasciare. Ma alla Chiesa lascia un clero numeroso e monasteri pieni di uomini e di donne votate al Signore.

Ha preparato per i secoli il tesoro inestimabile della sua biblioteca con le sue opere e i molti codici che egli stesso ha raccolto. Il suo corpo è tumulato subito nella basilica, teatro delle sue molte vittorie. Iddio lo ha esaudito: in mezzo al suo popolo, per il quale si è sacrificato, vive e veglia a difesa della fede.

Dopo undici mesi di assedio Ippona resiste ancora; poi, dopo alterne vicende, i barbari si allontanano, ma per poco tempo, perchè, sconfitte le truppe imperiali, ritornano indietro e sfogano la loro vendetta sulla città; ma i cittadini l'hanno abbandonata in tempo. Tutto è distrutto: le case, i teatri, il foro sono incendiati; soltanto le chiese sono risparmiate. Così il sepolcro di Agostino è salvo.

Per secoli i cristiani dell'Africa vanno pellegrini a pregare su quelle sacre spoglie, finché all'inizio del secolo VIII le invasioni mussulmane minacciano di profanarle.

 

 

31. 1. Quel sant'uomo, nella lunga vita che Dio gli aveva concesso per l'utilità e il bene della santa chiesa (infatti visse 76 anni, e circa 40 anni da prete e vescovo), parlando con noi familiarmente era solito dire che, ricevuto il battesimo, neppure i cristiani e i sacerdoti più apprezzati debbono separarsi dal corpo senza degna e adatta penitenza.

31. 2. In tal modo egli si comportò nella sua ultima malattia: fece trascrivere i salmi davidici che trattano della penitenza - sono molto pochi - e fece affiggere i fogli contro la parete, così che stando a letto durante la sua infermità li poteva vedere e leggere, e piangeva ininterrottamente a calde lacrime.

31. 3. Perché nessuno disturbasse il suo raccoglimento, circa dieci giorni prima di morire, disse a noi, che lo assistevamo, di non far entrare nessuno, se non soltanto nelle ore in cui i medici entravano a visitarlo o gli si portava da mangiare. La sua disposizione fu osservata, ed egli in tutto quel tempo stette in preghiera.

31. 4. Fino alla sua ultima malattia predicò in chiesa la parola di Dio ininterrottamente, con zelo e con forza, con lucidità e intelligenza.

31. 5. Conservando intatte tutte le membra del corpo, sani la vista e l'udito, mentre noi eravamo presenti osservavamo e pregavamo, egli - come fu scritto - si addormentò coi suoi padri, in prospera vecchiaia (1 Re, 2, 10). Per accompagnare la deposizione del suo corpo, fu offerto a Dio il sacrificio in nostra presenza, e poi fu sepolto.

31. 6. Non fece testamento, perché povero di Dio non aveva motivo di farlo. Raccomandava sempre di conservare diligentemente per i posteri la biblioteca della chiesa con tutti i codici. Quel che la chiesa aveva di suppellettili e ornamenti, affidò al prete che alle sue dipendenze curava l'amministrazione della casa annessa alla chiesa.

31. 7. Né durante la vita né al momento di morire trattò i suoi parenti, sia quelli dediti alla vita monastica sia quelli di fuori, nel modo consueto nel mondo. Quando viveva, dava a costoro, se era necessario, quel che usava dare agli altri, non perché avessero ricchezze ma perché non fossero poveri e non lo fossero troppo.

31. 8. Lasciò alla chiesa clero abbondante e monasteri di uomini e donne praticanti la continenza con i loro superiori; inoltre, biblioteche contenenti libri e prediche sia suoi sia di altri santi, dai quali si può conoscere quanta sia stata, per dono di Dio, la sua grandezza nella chiesa e nei quali i fedeli lo trovano sempre vivo. In tal senso un poeta pagano, disponendo che i suoi gli facessero la tomba in luogo pubblico ed elevato, dettò questa epigrafe: Vuoi sapere, o viandante, che il poeta vive dopo la morte? Ecco, io dico ciò che tu leggi: la tua voce è la mia.

POSSIDIO, Gesta Augustini 31, 1 - 8